Salari, negozi e donne: le battaglie di UNIA

BELLINZONA - Il salario minimo, la nuova legge sull'apertura dei negozi, la lotta al dumping ma anche lo sciopero delle donne. Sono questi i quattro punti cardinali attorno ai quali ruoterà l’impegno del sindacato UNIA che, riunito a Bellinzona, ha lanciato uno sguardo al 2019. Un anno definito «importante ma ricco di sfide insidiose» dal segretario di UNIA Ticino Enrico Borelli. «Il nostro cantone - rileva - si trova nella morsa del dumping e i salari si allontanano sempre di più dalla media Svizzera. In una situazione simile, le soglie proposte dal Consiglio di Stato per l’implementazione dell'iniziativa "Salviamo il lavoro in Ticino" (ndr. da 18,75 a 19,25 franchi all’ora) non sono solo inaccettabili, ma legalizzano un vero e proprio dumping di Stato». A distanza di quasi quattro anni dal sì popolare, per il segretario di UNIA «è inconcepibile che il salario minimo non sia ancora realtà. Anzi, mi sembra che in seno alla commissione che se ne sta occupando emergono delle soluzioni a dir poco fantasiose. Da parte nostra seguiremo da vicino il dibattito parlamentare e ci riserviamo fin d’ora la possibilità di lanciare un referendum. Così non si può andare avanti, occorre reagire».
A dargli sostegno il responsabile del settore terziario Giangiorgio Gargantini che ricorda come «in Ticino il salario medio è 1.000 franchi più basso di quello del resto della Svizzera. Ma non mi si venga a dire che il costo della vita è inferiore. Basta pensare ai premi di cassa malati in continuo aumento o agli affitti divenuti inaccessibili per molti ticinesi. E poi ci si domanda perché lo sfitto è così alto. Occorre rendersi conto che c’è una fascia della popolazione per la quale uscire a cena è un lusso». Per questo motivo l’azione del sindacato si declinerà sia sull’offensiva per aumentare i salari, sia sul reddito. «Se si guadagna di più ma il costo della vita continua a crescere siamo perennemente ai piedi della scala», commenta Gargantini per poi lanciare uno sguardo al piccolo commercio. «Il settore sta soffrendo ma le cause non sono da ricercare in orari d’apertura troppo restrittivi o nel turismo degli acquisti oltre frontiera. Si possono tenere aperti i commerci finché si vuole ma se il potere d’acquisto dei cittadini è basso nulla cambia». E in merito alla legge sull’apertura dei negozi, proprio negli scorsi giorni la Commissione paritetica chiamata a raccogliere i quorum per introdurre il nuovo contratto collettivo (conditio sine qua non per l’entrata in vigore della nuova norma) ha inviato una lettera alla SECO. Precisando alcuni aspetti che a Berna erano risultati ancora poco chiari nell’esame del dossier. Chiariti gli ultimi dettagli, Paritetica e DFE attendono ora solo il via libera decisivo. «Da parte nostra siamo sempre stati contrari a questa legge e di sicuro non ce ne staremo a guardare. Anzi, attendiamo solo che il testo venga pubblicato sul Foglio ufficiale», afferma Gargantini. In attesa che Berna si pronunci, nel mirino del sindacato vi sono gli abusi sul mercato del lavoro e in particolar modo il lavoro gratuito. «Un fenomeno questo sempre più diffuso in Ticino dove persone laureate si vedono impiegate in stage da fame - rileva Borelli - ecco perché abbiamo deciso di avviare una ricerca in collaborazione con la SUPSI per fotografare la situazione e trovare delle soluzioni». Ma nel corso dell’anno UNIA intende lavorare ancora più gomito a gomito anche con il Ministero pubblico con il quale, negli scorsi anni, è stata istituita una cellula di coordinamento per contrastare i reati sul lavoro. «Purtroppo i controlli non sono ancora sufficienti e gli abusi si stanno espandendo a macchia d’olio anche in quei settori regolati da un CCL», rimarca Borelli. Da qui la necessità di «migliorare ancor di più i contratti a tutela del lavoratore», aggiunge Igor Cima, responsabile del settore dell’artigianato che ricorda come nel 2019 «scadranno tre CCL: quello del ramo della pittura, quello degli elettricisti e quello dei gessatori. Il lavoro dunque non ci mancherà anche perché da parte del padronato si chiede sempre più flessibilità senza però arretrare di un millimetro in termini di aumenti salariali». Infine, ad essere decise a non cedere sono anche le donne che il 14 giugno - ad esattamente 28 anni dallo sciopero del 1991 - daranno vita «a una mobilitazione generale che coinvolgerà non solo il nostro Paese ma avrà una portata internazionale», spiega Chiara Landi, responsabile del Gruppo donne. «A scendere in piazza saranno lavoratrici, studentesse, casalinghe ma anche consumatrici e disoccupate». Tutte con un’unica rivendicazione: «È tempo di un cambiamento generale della società», precisa Landi. «La richiesta faro è quella della parità salariale, ma accanto a questa vi è tutta una costellazione di esigenze che spaziano da una migliore conciliabilità tra lavoro e famiglia alla lotta contro la violenza sulle donne». Manifestazione che culminerà alle 15:43, ovvero «al momento della giornata in cui, metaforicamente, alle donne viene smesso di versare il salario rispetto ai colleghi maschi che, per uno stesso impiego, ricevono il 20% in più nella busta paga. Per noi scocca l’ora di dire basta». Detto dei fronti sui quali si muoverà UNIA, il 26 ottobre a Lugano si terrà invece il congresso del sindacato dove verranno programmati «i prossimi quattro anni di intense battaglie - conclude il sindacalista Vincenzo Cicero - perché la verità è che è in corso una guerra che si sviluppa su più livelli e dove gli attacchi non sono più solo sul posto di lavoro ma anche sul piano politico. Mai nel lavoro del sindacato abbiamo dovuto impegnarci tanto nella raccolta di firme per iniziative o referendum volti a frenare l’azione della classe politica».