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Salari reali, la tenuta di fondo nell'epoca degli scambi globali

Il rapporto ILO fornisce dati che non confermano la tesi della contrazione complessiva delle retribuzioni negli anni Duemila - Secondo lo studio le disuguaglianze tra i livelli alti e quelli bassi sono diminuite, in varia misura, nella gran parte dei Paesi del mondo
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Lino Terlizzi
Lino Terlizzi
13.01.2025 00:00

Da tempo si legge o si sente che lo sviluppo degli scambi economici globali ha portato con sé una contrazione dei salari reali, cioè dei salari calcolati tenendo conto dell’effetto dell’inflazione o rincaro che dir si voglia. Questa tesi, però, è in contrasto con alcuni dati che indicano che negli anni Duemila ci sono stati in larga prevalenza aumenti non solo dei salari nominali, ma anche di quelli reali. Si può discutere sul fatto che questi aumenti siano stati sufficienti o no, ma la tendenza ad un incremento c’è stata. Le situazioni nazionali sono diverse e i dibattiti sono aperti nei singoli Paesi. Tuttavia il presunto trend di contrazione complessiva non trova conferma nei dati di un’istituzione di primo piano come l’ILO.

Le cifre

Attiva nell’orbita dell’ONU, sede a Ginevra, l’International Labour Organization (ILO appunto) è espressione di Governi, imprese, lavoratori. Il suo ultimo rapporto sulle retribuzioni nel mondo, il Global Wage Report 2024-25, è stato pubblicato a fine novembre. I dati che questo contiene vanno dal 2006 sino al 2024. Il rapporto esce ogni due anni, le cifre riferite al passato vengono verificate e, in caso di nuovi elementi, aggiornate.  Ebbene, nei 19 anni considerati nel rapporto ILO i salari reali mensili a livello mondiale hanno registrato una sola contrazione annuale, nel 2022, anno del balzo dell’inflazione, causato soprattutto dalle restrizioni nelle catene di approvvigionamento nel post pandemia e poi dall’invasione russa dell’Ucraina e dai riflessi di questa in particolare sul settore energia.

In questi quasi due decenni, durante i quali pur tra alti e bassi gli scambi globali hanno avuto una tendenza all’incremento, i salari reali a livello mondiale sono dunque aumentati in 18 anni su 19. L’aumento annuo più marcato è stato il 3,1% del 2007, quello più contenuto l’1,2% del 2008. Se guardiamo all’ultimo quinquennio, possiamo vedere che l’aumento è stato dell’1,9% nel 2019, dell’1,5% nel 2020, dell’1,8% nel 2021, quindi come detto una contrazione dello 0,9% nel 2022, poi nuovamente aumenti dell’1,8% nel 2023 e del 2,7% nel 2024 (sulla base dei dati dei primi due trimestri).

L’area G20

L’analisi dell’ILO indica anche le variazioni percentuali annue per il solo gruppo G20, di cui fanno parte le maggiori economie mondiali, disaggregando poi quest’area in economie avanzate ed emergenti. Dal 2006 al 2024 per l’area G20 nel suo complesso c’è stata solo una contrazione annua, di nuovo quella del 2022. Nell’ultimo quinquennio l’andamento è stato questo: 1,8% nel 2019, 2,2% nel 2020, 2,1% nel 2021, -0,8% nel 2022, 2,3% nel 2023, 3,1% nel 2024.  Per le economie avanzate del gruppo le flessioni sono state solamente 4 in 19 anni: nel 2008, nel 2011, nel citato 2022 e nel 2023. Per le economie emergenti del G20 non c’è stata invece nessuna discesa annua in questi quasi due decenni, neppure nel molto complicato 2022. Gli incrementi percentuali delle economie emergenti sono naturalmente più alti di quelli delle economie avanzate ed è da un certo punto di vista giusto che sia così, considerando che le emergenti hanno mediamente retribuzioni più contenute e devono quindi avere un passo più veloce per ridurre le differenze.  

L’ILO dedica un capitolo specifico anche alle disuguaglianze salariali all’interno dei vari Paesi. Anche su questo tema l’analisi fornisce dati che non confortano la tesi secondo cui le disuguaglianze, anche nelle retribuzioni, con una maggiore globalizzazione sono sempre e comunque cresciute. Nei due terzi dei Paesi dall’inizio degli anni Duemila per l’ILO la disuguaglianza salariale, cioè la differenza tra i livelli salariali alti e quelli bassi, è diminuita, ad un tasso medio tra lo 0,5% e l’1,7%. Bisogna dunque tener conto dei progressi nelle fasce basse e per le altre fasce non confondere i casi dei maxi stipendi ad alcuni manager con la media dei salari alti, che non è a quei livelli.

Minori disparità

Le diminuzioni più significative della disuguaglianza si sono verificate nei Paesi a basso reddito - dove appunto c’è più terreno da conquistare – con una variazione media annuale tra il 3,2% e il 9,6%. Nei Paesi a reddito medio-alto la riduzione della disuguaglianza salariale si è attestata ad un tasso annuo tra lo 0,3% e l’1,3%; per i Paesi ad alto reddito la diminuzione è tra lo 0,3% e lo 0,7%. L’ILO peraltro sottolinea che, nonostante questi progressi, gli alti livelli di disuguaglianza salariale rimangono un problema da affrontare e sollecita politiche salariali più adeguate. Certo, non tutto va bene. Ma è interessante notare come con scambi più globali i salari reali a livello mondiale non siano scesi e come le disuguaglianze siano almeno in parte diminuite.

Svizzera, difesa del potere d'acquisto con inflazione leggera e franco forte

Dal 2006 al 2023 i salari reali in Svizzera sono aumentati in 12 anni e sono diminuiti in 6 anni. Ciò emerge dai dati dell’Ufficio federale di statistica (UST), che quindi danno un quadro in cui gli incrementi superano nettamente le discese. Certo, tutti vorremmo che non ci fossero mai contrazioni dei salari reali, questo è legittimo ma non altrettanto realistico. Alcune oscillazioni sono nei fatti inevitabili o quasi, quello che più conta è che le discese non abbiano profondità e non durino troppo, che la tendenza di lungo periodo rimanga insomma ad un rialzo medio ragionevole.

Nel lungo termine

Se andassimo indietro nel tempo, il bilancio in Svizzera sarebbe ancora più favorevole agli aumenti dei salari reali. Partiamo in questo caso dal 2006 per sintonizzarci con l’ultimo rapporto dell’International Labour Organization (ILO) sui salari reali mondiali, che assume come base quell’anno e arriva sino al 2024, individuando una tendenza complessiva all’incremento, rotta in questo arco di tempo solo nel 2022, anno di forte balzo dell’inflazione.

Il trend di lungo termine in Svizzera è pure appunto al rialzo ma, come sempre, con movimenti all’insù o all’ingiù, dovuti anche e soprattutto all’influenza del quadro internazionale sull’inflazione. La principale concentrazione di discese è stata quella del 2021-2023. Dopo un 2019 con aumento dello 0,5% e un 2020 con 1,5%, il 2021 ha avuto -0,8%, il 2022 -1,9%, il 2023 -0,4%. Questi segni negativi sono stati soprattutto appunto il costo dell’inflazione. Le stime per il 2024 indicano che c’è stato probabilmente un ritorno al segno positivo, visto che l’inflazione media annua è calata all’1,1%.

Anche nel nostro Paese si può discutere del fatto che gli aumenti salariali siano stati sufficienti o no. Ma è un errore affermare che nel lungo periodo a prevalere sia stata la riduzione dei salari reali. All’andamento dei salari reali si arriva partendo dalla variazione dei salari nominali e sottraendo a questa il tasso di inflazione o rincaro, che registra la dinamica dei prezzi al consumo. Se c’è una discesa complessiva di questi prezzi, allora c’è un tasso di deflazione, che va aggiunto alla variazione dei salari nominali; la diminuzione dei prezzi aumenta di fatto il potere d’acquisto.

Considerando che la Svizzera è uno dei Paesi a più basso tasso di inflazione, e con la presenza in alcuni anni anche di un tasso di deflazione, si può dire che la difesa dei salari reali qui è stata più efficace rispetto a molte altre economie in cui l’inflazione è stata più elevata. Naturalmente, per poter mantenere una inflazione bassa occorre che il sistema Paese funzioni e che la Banca nazionale operi adeguatamente nelle diverse fasi.

Una moneta forte come il franco può creare ostacoli in più all’export, ma contribuisce al basso rincaro, con un import meno costoso. Nel raffronto internazionale la Svizzera resta un Paese caro, ma i salari qui sono mediamente più alti in rapporto a quelli di molti altri Paesi e il potere d’acquisto trova dunque alcuni elementi di difesa. Si può certo discutere del peso rilevante dei premi di cassa malati, ma questi non sono dei veri prezzi di mercato e dunque sono in un discorso che riguarda la politica più che l’economia.

Niente spirali

Ad alzare i salari nominali possono essere autonomamente le imprese, oppure ci sono le trattative tra imprese e sindacati dei lavoratori. Quando l’inflazione è alta, è difficile rincorrerla attraverso aumenti nominali. Il pericolo è infatti quello di creare una spirale, con incrementi salariali più consistenti che a loro volta fanno alzare ancor più l’inflazione. Una spirale di questo tipo è negativa sia per i salariati, che non ottengono salari reali più alti, sia per le imprese, che registrano costi molto elevati. La deflazione pure può essere pericolosa, ma solo se è ampia e perdurante, con una riduzione non secondaria dei margini delle imprese. In Svizzera non si è verificata sin qui, al di là degli alti e bassi, né una spirale di deflazione né una spirale di inflazione.