San Nicolao inaugura il tempo dei regali

Il mese di dicembre è il più amato dai bambini. È infatti quello che ruota attorno alle festività natalizie e di fine anno che, per loro, sono soprattutto sinonimo di regali che arrivano loro attraverso un gruppo particolarmente folto di personaggi mitici che, al di là della loro diversità, hanno radici comuni. Che vanno ricercate principalmente nel processo di cristianizzazione cui, a partire dall’epoca medievale, sono state sottoposte le antiche feste collegate al solstizio d’inverno che nell’impero romano – la maggiore entità politico-culturale dell’antichità - avvenivano sotto l’insegna di Saturno.
DA NICOLA DI MIRA A BABBO NATALE

Il personaggio principale di questo processo è san Nicola, vescovo di Mira (l’odierna Demre in Turchia) nel IV secolo. Sant’uomo in vita, dopo la sua morte, divenne popolare in tutto il mondo conosciuto per la grande generosità di miracoli attribuitigli. Dalla Russia all’Inghilterra tutti hanno infatti iniziato ad invocare la sua fama di taumaturgo: dai farmacisti che lo elessero loro patrono in quanto resuscitò tre bambini morti ai mercanti perché salvò la vita a tre di loro catturati dai turchi; dai detenuti perché liberò tre uomini da un’ingiusta condanna a morte ai profumieri in quanto – si dice – le sue spoglie invece che puzzare emanassero profumo, fino alle ragazze in cerca di marito e addirittura le prostitute. Una sterminata serie di categorie che favorirono il suo culto ovunque, trasformando o storpiando il suo nome che, a seconda della regione divenne Nicolaus, Nicholas, Nicolae, Mikulas, Mikolaj, Klaas....
Inizialmente l’immagine tradizionale del santo lo rappresentava in abiti vescovili e con la barba. Ben presto, però, nei Paesi nordici, la fantasia popolare mise la sua figura in correlazione con un’antica divinità germanica (Wodan – Odino) che, secondo tradizione, lasciava durante il solstizio invernale dei doni ai bambini che appendevano al camino una calza con carote, paglia e fieno, utili a sfamare il suo cavallo volante. Questa sovrapposizione diede origine ad una nuova versione di san Nicola che prese piede in tutta Europa del Nord arrivando poi America, portata dai coloni olandesi il cui Sinterklaas fu storipiato in Santa Claus.



All’inizio dell’Ottocento, poi un poemetto americano sulla “visita di San Nicola” introdusse nella sua iconografia le otto renne che trascinano la sua slitta. Circa mezzo secolo dopo, l’anziano signore tarchiato cambiò inoltre vestito, passando da quello verde (mutuato da Odino) che indossava da secoli, ad una zimarra rossa ornata di pelliccia, con tanto di cappuccio. Questa immagine, fissata su carta dal cartoonist Thomas Nast e, dagli inizi degli anni Trenta del XX secolo sfruttata dalla Coca Cola per la sue pubblicità, segnò la definitiva metamorfosi del santo dall’antica figura bizantina che si ritrova ancora oggi nella liturgia ortodossa, a quella del vecchiotto bonaccione e occhialuto che sfreccia nel cielo gridando “ho ho ho ho!”.
LA TRADIZIONE DI SANTA LUCIA

Ma san Nicolao non è l’unico dispensatore di doni in questo magico periodo dell’anno. Il 13 dicembre, che la tradizione indica come il giorno più corto dell’anno, in molte città c’è un’altra figura mitica che svolge il medesimo lavoro: santa Lucia. Giovane ragazza siracusana morta martire nel 304 sotto la persecuzione di Diocleziano, ha ispirato numerose leggende e tradizioni. Una delle più diffuse, soprattutto nel nord Italia, è appunto quella dei regali. L’usanza, anche in questo caso, ha varie e presunte origini. Tra queste una leggenda che ci riporta nella Verona del XIII secolo, dove si diffuse una grave ed incurabile epidemia di “male agli occhi” che colpì soprattutto i bambini. La popolazione allarmata, decise di chiedere la grazia a santa Lucia (patrona della vista) compiendo un pellegrinaggio a piedi scalzi e senza mantello, fino ad una chiesa dedicata alla martire siciliana. A causa del freddo, però, i bambini della città si rifiutarono di partecipare al pellegrinaggio. Per risolvere la situazione i genitori promisero loro che, se avessero ubbidito accettando di unirsi nella processione a piedi scalzi, la Santa avrebbe fatto trovare loro, al ritorno, numerosissimi doni. I bambini accettarono felici, l’epidemia terminò e da quel momento in poi è rimasta la tradizione il 13 dicembre di portare in chiesa i bambini per ricevere una benedizione degli occhi e di riempirli di regali. Per riceverli bisogna tuttavia seguire un rituale non molto diverso da quello legato a san Nicolao: prima di coricarsi la sera è necessario lasciare del cibo (solitamente delle arance, dei biscotti, caffè, mezzo bicchiere di vino rosso e del fieno, oppure farina gialla e sale o fieno) per l'asino che trasporta i doni. Il mattino del 13 dicembre, al loro risveglio, i bimbi troveranno un piatto con le arance e i biscotti consumati, arricchito di caramelle e monete di cioccolato. Importante condizione da rispettare è non cercare di guardare la santa, altrimenti quest’ultima potrebbe lanciare negli occhi la cenere e lasciare soltanto del carbone.

Oltre che in Italia Santa Lucia viene festeggiata anche nel nord Europa, soprattutto in Svezia. Lì tutto inizia la sera del 12 dicembre, quando i bambini realizzano dolci e dei biscotti. La mattina del 13, la figlia maggiore della famiglia si alza ancor prima dell'alba e si veste con un lungo abito bianco legato in vita da una cintura rossa; la testa è ornata da una corona di foglie e da sette candele utili per vedere chiaramente nel buio. Le sorelle, che indossano una camicia bianca, simboleggiano le stelle. I maschi indossano cappelli di paglia e portano lunghi bastoni decorati con stelline. La bambina vestita come santa Lucia sveglia gli altri membri della famiglia e serve loro i biscotti cucinati il giorno precedente. Il tutto cantando una tradizionale canzone di santa Lucia (Luciasången) che non è altro che la celebre "Santa Lucia" napoletana adattata con un testo in svedese.
I REGALI ORTODOSSI

Sia san Nicolao che santa Lucia non sono tuttavia che il prologo del momento più importante dedicato allo scambio di doni, che avviene il giorno di Natale “veicolato” dal... discendente americano di san Nicolao (Babbo Natale) e, nei principali Paesi cattolici, da Gesù Bambino. Nei Paesi ortodossi, invece i regali ai più piccoli arrivano portati da san Basilio, vescovo vissuto nel IV secolo, tra i maggiori teologi dei primi secoli del Cristianesimo e considerato una delle più influenti figure nello sviluppo del monachesimo all’interno della cristianità. Cosa c’entra con i regali una figura così austera? Semplicemente il fatto che il calendario ortodosso lo venera il 1. gennaio, giorno che, tradizionalmente, gli europei orientali dedicano allo scambio di presenti...
E, DA ULTIMA, ARRIVA LA BEFANA!

A chiudere il cerchio arriva poi la Befana. Figura tipicamente italiana, secondo la tradizione è una donna molto anziana che vola su una logora scopa, per fare visita ai bambini nella notte tra il 5 e il 6 gennaio - quella dell'Epifania - e riempire le calze lasciate appese sul camino o vicino a una finestra.
L’origine della Befana è probabilmente connessa a un insieme di riti propiziatori precristiani legati ai cicli stagionali legati all'agricoltura, relativi al raccolto dell'anno trascorso - ormai pronto per rinascere come anno nuovo – diffusisi in tutta la Penisola attraverso il culto del dio persiano Mitra, e ad altri culti come quello celtico, legato all'inverno boreale. Gli antichi Romani fecero loro codesti riti, li associarono al calendario romano celebrando l'interregno temporale tra la fine dell'anno solare - fondamentalmente il solstizio invernale - e la ricorrenza del Sol Invictus, un appellativo religioso usato per diverse divinità nel tardo Impero. Si trattava di dodici notti durante le quali i romani credevano che delle figure femminili volassero sui campi coltivati, per propiziare la fertilità dei futuri raccolti. Tali figure (che secondo alcuni si rifanno alle germaniche Holda e Berchta, due personificazioni al femminile della stessa natura invernale) furono a lungo osteggiate dalla Chiesa di Roma: un ostracismo che diede origine a molte sue personificazioni, sfociate, a partire dal Basso Medioevo, nell'attuale figura della Befana, il cui aspetto, benché benevolo, fu chiaramente associato a quella di una strega: non a caso, è rappresentata su una scopa volante, antico simbolo che, da rappresentazione della purificazione delle case, e delle anime, in previsione della rinascita della stagione, fu successivamente ritenuto strumento di stregoneria. Pure l’aspetto da vecchia sarebbe anche una raffigurazione simbolica dell'anno passato, che come il «vecchione» di fine anno lo si può bruciare. Ad ogni modo la Befana, come buona parte dei suoi colleghi, lascia i suoi doni in una calza: i bambini che durante l'anno si sono comportati bene riceveranno dolci, caramelle, frutta secca o piccoli giocattoli. Ma chi avrà fatto il monello troverà le calze riempite con del carbone o con l'aglio.