Se Haley piange, Trump non ride: come leggere i dati del New Hampshire

Donald Trump ha fatto suo anche il New Hampshire. Dopo il successo ai caucus dello Iowa, l'ex presidente statunitense, in corsa per un nuovo mandato alla Casa Bianca, ha dominato anche le primarie dello Stato nordorientale, battendo con un margine in doppia cifra l'unica vera avversaria rimasta per il ticket repubblicano, Nikki Haley. Per la candidata 52.enne, come evidenziato alla vigilia dai media statunitensi, il voto della scorsa notte aveva un'importanza fondamentale, da "dentro o fuori", quasi. Eppure, dopo lo scrutinio sfavorevole, Haley ha annunciato di non essere pronta a gettare la spugna. Anzi. La gara – «una maratona, non uno sprint», secondo Haley – continua. E si arricchirà di un nuovo capitolo giocato, tra un mese esatto, in South Carolina, Stato che ha visto crescere – anagraficamente e politicamente – l'ex ambasciatrice statunitense all'ONU.
Vale tuttavia la pena, mentre le urne sono ancora fumanti, restare in New Hampshire e chinarsi su alcuni dati.
Una cartina tornasole
Perché il risultato del New Hampshire era così importante? Sostanzialmente, per due motivi. Il primo riguarda la popolazione che lo abita. Qui, secondo dati del 2021, la percentuale di residenti con un'istruzione universitaria è superiore alla media statunitense. Oltre il 40% degli abitanti del New Hampshire di età pari o superiore ai 25 anni, infatti, è in possesso almeno di un Bachelor, contro il 34,9% a livello nazionale. Perché questo è importante? Semplice. Tendenzialmente (parliamo di quanto osservato nelle votazioni del 2016, del 2020, e nei più recenti caucus dello Iowa), fra gli ambienti con un'educazione universitaria, la popolarità di Trump non è così alta come nelle altre fasce della popolazione statunitense.
Ciò si somma a un secondo, interessante, fattore. Le primarie, in New Hampshire, funzionano con un sistema "semi-aperto". Come nei sistemi chiusi, quindi, chi è iscritto a un partito non può votare "trasversalmente" (un democratico non può esprimersi nelle primarie repubblicane) ma gli elettori non affiliati (detti anche "indipendenti", elettori registrati ma non affiliati a un partito specifico) possono votare a proprio piacimento. Tradotto: anche un elettore con tendenze più democratiche può dire la propria alle primarie repubblicane, a patto che come elettore sia, appunto, indipendente: non iscritto ad alcun partito. Questa permeabilità garantisce alle frange moderate un maggior accesso al voto e aumenta le chance di sorpresa al momento del conteggio.
Il convergere di questi due fattori rendeva il New Hampshire la preda perfetta per Nikki Haley: lo Stato dove infliggere un duro colpo a Trump.
Biden si sfrega le mani?
Alla 52.enne del South Carolina, come detto, tutto ciò non è bastato per conquistare il New Hampshire. Ma quanto emerso dalle urne dello Stato nordorientale può essere proiettato su scala nazionale e applicato all'Election Day, il giorno decisivo, che si terrà a novembre.
Come da pronostico, in New Hampshire Trump ha ottenuto risultati scarsi fra i laureati, fermandosi al 39% contro il 58% di Haley. Del totale di elettori che ha votato Trump, secondo i dati raccolti dalla CNN, circa 7 su 10 sono registrati come repubblicani. Al contrario, 7 sostenitori di Haley su 10 sono elettori "non affiliati". La maggior parte degli elettori di Trump (3 su 4) ha deciso tempo fa (un mese o più) di affidare al tycoon il proprio voto. Al contrario, gli elettori di Haley hanno deciso più tardi (nell'ultimo mese) e ben 4 su 10 hanno ammesso di aver votato per la 52.enne solo per avversione nei confronti degli altri candidati.
Questi numeri, evidenziano molti analisti, dovrebbero impensierire Trump. Il risultato in New Hampshire mostra che – al di là dello zoccolo duro MAGA – la presa di Trump su moderati e indipendenti rimane debole. Tanti, tantissimi, fra i non affiliati si sono dimostrati disposti a votare Haley pur di non vedere Trump alla presidenza, garantendole (secondo i dati più aggiornati dello scrutinio) il 43,3% dei voti, contro il 54,4% di Trump. Un margine in doppia cifra, dicevamo, ma non abissale.
Per questo, alla fine, a sfregarsi le mani, potrebbe essere Joe Biden. Se Trump dovesse conquistare il ticket repubblicano, quanti di questo 43,3% accetteranno di tapparsi il naso e votarlo, nel probabile rematch contro il democratico a novembre? È qui, investendo su questi repubblicani anti-Trump e indipendenti indecisi, che Biden potrebbe costruire la propria rielezione. Un'eventualità sfruttata da Haley per un'ultima amara arringa dopo la sconfitta in New Hampshire: «Il segreto peggio custodito in politica è quanto i democratici vogliano correre contro Trump. Sanno che è l'unico repubblicano nel Paese che Biden può sconfiggere. L'incoronazione di Trump sarebbe una vittoria per Biden».
Per Haley è finita?
Che cosa succederà in South Carolina? Qui la 52.enne si sente a casa, ma la popolazione – evangelica e fortemente conservatrice – è molto vicina a Trump. I più recenti sondaggi, non a caso, la danno largamente sconfitta, ferma al 28% delle preferenze contro il 70% del tycoon. Perché allora, con previsioni così meste e dopo aver perso il "dentro o fuori" del New Hampshire, rimanere in corsa? La caparbietà dell'avversaria starebbe innervosendo lo stesso Trump, che in un'intervista a Fox News ha lasciato trasparire una certa frustrazione per i fondi di campagna dedicati alle primarie invece che all'Election Day: «Se [Haley] non lascia, dobbiamo sprecare soldi anziché spenderli contro Joe Biden».
Per gli osservatori, Haley starebbe puntando tutto su due cavalli. Primo: i guai legali di Trump. Se il tycoon dovesse essere condannato penalmente, le porte verso il ticket potrebbero essere improvvisamente spalancate. Secondo: la vicepresidenza. Haley ha già smentito le voci riguardanti un suo interesse per la posizione di numero 2, ma il dubbio rimane. Minacciare Trump con la propria vicinanza agli ambienti indipendenti potrebbe convincerlo a scendere a patti: i voti dei non affiliati in cambio della vicepresidenza.