Lugano

Se le strade sono poco «svizzere»

La cantonale fra Lugano e la dogana di Gandria è in cattive condizioni – A breve nuovi lavori – E anche le strade comunali....
Crepe fra Lugano e Gandria. © Chiara Zocchetti
Giuliano Gasperi
30.05.2023 06:00

«Si vede che siamo entrati in Svizzera». «Da cosa si vede?». «Dall’asfalto». Conversazione realmente avvenuta tempo fa. Siamo a Gandria, sul tratto della strada cantonale che da Lugano porta in dogana e viceversa. Un tempo, nei ricordi di chi lo percorreva, era un biliardo: il simbolo di un’invidiabile cura del territorio e delle sue infrastrutture. Oggi la situazione è diversa. Tra buche – non di quelle che fanno saltare i cerchioni, ma ci sono – e irregolarità varie il manto stradale è messo abbastanza male. «È quasi tenuto meglio il tratto italiano» commenta un automobilista habitué del percorso. Non ci addentriamo nel confronto internazionale e restiamo in terra elvetica.

«È da diversi anni che la pavimentazione non è in ordine – ammette l’ingegnere del Cantone Giovanni Quadrelli, capo del Centro di manutenzione stradale del Sottoceneri – ma dalla metà del mese prossimo, meteo permettendo, verrà rifatta con la posa di un asfalto fonoassorbente. Prima abbiamo dovuto sistemare le reti paramassi sopra la strada, dove ci sono decine di muretti a secco abbandonati che scaricano sassi, poi ci sono stati dei lavori di potenziamento delle sottostrutture, e infine sono stati rifatti il marciapiede e le barriere di protezione». Ora tocca al manto stradale, che verrà rinnovato con un cantiere diurno. Ci saranno rallentamenti, ma il Cantone, forte delle esperienze fatte con gli ultimi lavori su quel tratto, farà il possibile per ridurre i disagi. Almeno la strada tornerà ad essere quella di un tempo: «svizzera».

Le scarpe e la pizza

Lasciando Gandria e spostandoci verso la città, entriamo nella rete delle strade comunali. La competenza cambia, ma il problema si ripresenta. Già dieci anni fa, rispondendo a un’interrogazione di Peter Rossi e Giovanni Bolzani, che denunciavano «buche, tombini non allineati al manto stradale, solchi longitudinali profondi che ci guidano dove vogliono loro», la municipale Cristina Zanini Barzaghi aveva confermato un certo peggioramento nella cura dell’asfalto: «Non possiamo più pretendere di avere lo standard elevatissimo di qualche anno fa». Era il 2013 e la Città stava entrando in un’intensa fase di risparmi. Come oggi del resto, anche se le finanze comunali stanno un po’ meglio di allora. Lo sa bene Karin Valenzano Rossi, attuale capodicastero, che spera di evitare un taglio della spesa in questo ambito. Anzi, teoricamente si dovrebbe spendere di più. «Per un mantenimento corretto delle strade e delle infrastrutture, le direttive indicano d’investire almeno il due percento del loro valore totale. E noi riusciamo a spenderne circa l’uno». Cioè cinque milioni all’anno invece di dieci. «La coperta è questa – aggiunge la municipale – e riceviamo lamentele ogni giorno. Investendo troppo poco, fra l’altro, le infrastrutture invecchiano e poi diventa più costoso sistemarle». Questo e altri risparmi saranno materia di dibattito a Palazzo civico. Valenzano Rossi chiude con una metafora: «Se in una famiglia ci sono i buchi nelle scarpe, vanno riparati; a costo di andare una volta in meno a mangiare la pizza».

Di una strada fra Lugano, Gandria e Porlezza si comincia a parlare nella seconda metà dell’Ottocento. Il primo progetto è ticinese, ma per procedere va trovato un accordo con l’Italia per il prolungamento fino a Porlezza, e non è semplice. L’alluvione del 1868 ferma tutto, ci sono altre strade da (ri)costruire, e per trent’anni della Lugano-Porlezza non se ne parla più. La Città rilancia l’idea nel 1900, mentre oltre confine la strada è arrivata fino a Cima: manca ancora un pezzo. Il problema, da parte elvetica, è decidere qual è il tracciato migliore. Fra i vari percorsi possibili, due passano dal basso e questo solleva forti proteste da parte di enti come la Società ticinese per la conservazione delle bellezze naturali, l’odierna Stan, preoccupata di vedere rovinati il villaggio di Gandria e la pregiata striscia di territorio circostante. Alla fine, nel 1928, dopo ampie e rocambolesche discussioni, viene approvata la variante più «alta», quella che vediamo oggi. Anche l’Italia alla fine completa il suo tratto e la strada, dopo tre anni di lavori, viene inaugurata nel 1936.
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