Se l'uomo «imita» la natura nello sviluppo del territorio
L'unione delle specie fa la forza. È questo il motto della serata «Co-abitazione uomo e natura» che si è tenuta mercoledì al Centro congressuale Monte Verità di Ascona, che ha posto l'accento sul dialogo per la creazione di ambienti che permettano di aumentare la qualità di vita dell'uomo, rispettando la natura e la biodiversità. «Oggi non si può parlare di conservare la biodiversità senza pensare al fattore umano», è stato detto. Anche l'attività dell'uomo può infatti essere d'aiuto alle attività naturali. Ecco perché è necessario passare a una visione «eco-centrica» dell'ambiente che ci circonda, affinché in un processo di evoluzione «l'homo sapiens possa diventare homo eco-sapiens – ha dichiarato la giornalista Clara Caverzasio –, consapevole di far parte della natura, con i suoi equilibri e le sue dinamiche».
Cosa significa pensare alla co-abitazione tra uomo e natura? Ripensare (anche) il ruolo delle città, cercando soluzioni sostenibili e inclusive. Perché «la città è il nostro ambiente, quello che abbiamo creato per noi», ha spiegato Marco Moretti, dell'Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio (WSL). Ma la città è anche un mosaico incredibile di ambienti e, in Svizzera, negli ultimi 100 anni è andata persa fino al 90% della superficie, con un deficit di specie importante. «Ridurre le specie è un po' come avere una tastiera del computer in cui mancano lettere. All'inizio si riesce ancora a scrivere parole e forse testi, ma a lungo andare non sarà più possibile». La sfida è creare benessere per l'uomo, garantendo allo stesso tempo la conservazione della biodiversità. Come? Trovando soluzioni ispirate alla natura: impianti solari su tetti «rinverditi», verde verticale, zone umide, orti. Evitando, però, di creare disparità e ingiustizie sociali.
Metodi e soluzioni pensate per l'adattamento al cambiamento climatico che richiedono la collaborazione di tutti gli attori coinvolti. «Noi ci occupiamo di ricerca – ha spiegato Giulia Donati (WSL e Eawag Aquatic Research) –, ma non serve a nulla se non comunichiamo i risultati a chi ha un impatto concreto sul territorio». Architetti, pianificatori e urbanisti devono quindi lavorare strettamente al fianco dei ricercatori. «Senza una multidisciplinalità alla base, non si può andare verso una realizzazione concreta delle soluzioni basate sulla natura (NBS)», le ha fatto eco Chiara Catalano (scuola universitaria professionale di scienze applicate ZHAW e Istituto di ricerca sugli Ecosistemi terrestri IRET - CNR). «Soluzioni basate sulla natura» che, concretamente, sono azioni atte a proteggere, conservare, ripristinare, utilizzare e gestire in modo sostenibile gli ecosistemi terrestri, d'acqua dolce, costieri e marini naturali o modificati. Affinché sia possibile affrontare le sfide sociali, economiche e ambientali in modo efficace e adattativo, fornendo nel contempo benessere all'uomo, all'ecosistema e alla biodiversità.
Cristian Scapozza, geomorfologo e ricercatore SUPSI, ha portato quale esempio concreto il progetto di sistemazione e rinaturazione del fiume Ticino, a Bellinzona. Un progetto (in corso) che punta a ridare forma al fiume e promuovere un nuovo rapporto, più intimo, con l'ambiente acquatico. «La creazione del Parco fluviale Saleggi-Boschetti (che va a legare i quartieri della riva destra e sinistra del fiume) è uno dei più importanti interventi di premunizione e valorizzazione fluviale nel nostro cantone dalla bonifica nel 19. e 20. secolo. L'intento è di riportare dinamiche naturali, in particolare, in prossimità della città, andando a ricreare la dinamica a canali intrecciati in un ambiente prettamente umano e, di conseguenza, favorire la diversità ecosistemica».
Insomma, facilitare le interazioni sociali collaborative tra i vari attori è fondamentale tanto quanto realizzare la connettività ecologica. Per creare infrastrutture che comprendano sia elementi naturali sia elementi artificiali. Come i tetti verdi, «basati sulla natura, ma creati dall'uomo». Soluzioni e misure pensate per l'adattamento al cambiamento climatico (ad esempio per evitare le isole di calore), ma che hanno pure un grandissimo potenziale per la biodiversità. «Imitando la natura si riescono a risolvere più cose contemporaneamente», come precisato da Chiara Catalano. La responsabilità, però, deve essere condivisa da tutti, nel pubblico come nel privato. Ed è necessario un cambio di visione, che passa necessariamente dall'agenda politica.