Sergio Mattarella, il supereroe che prende a mattarellate anche Elon Musk
Due anni fa di questi tempi, una scuola elementare di Milano ha dedicato un libretto e una miniserie al presidente della Repubblica italiana. I bambini hanno disegnato il loro Sergio Mattarella con i pastelli colorati e poi l’hanno trasformato in supereroe con la plastilina. Un supereroe col mattarello magico. In questi due anni di governo Meloni, il presidente supereroe ha utilizzato il mattarello magico quando è servito per esercitare i suoi poteri, è meglio dire per interpretare il suo ruolo di garante della Costituzione e dell’unità nazionale. Quest’ultimo è un concetto diverso dal nazionalismo che pervade alcuni arti, più d’uno, del governo Meloni. E proprio in virtù dei poteri che gli ha conferito la Costituzione, Mattarella è intervenuto con un secco comunicato per replicare al miliardario-visionario-politico Elon Musk che ha insultato i giudici italiani. I nazionalisti hanno taciuto. Il garante dell’unità nazionale no: «L’Italia è un grande Paese democratico e devo ribadire, con le parole adoperate in altra occasione, che sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione».
Il democratico di sinistra Mattarella ha una formazione politica e culturale assai distante da questa destra dai tratti autoritari, ma il presidente della Repubblica non è un giocatore di una parte, è un «arbitro imparziale» e, come ha spiegato l’altro giorno, si fa guidare esclusivamente dalla Carta: «Il presidente promulga leggi ed emana decreti, ma ha delle regole che deve rispettare. Più volte ho promulgato leggi che non condivido, che ritenevo sbagliate e inopportune, ma erano state votate dal Parlamento e io ho il dovere di promulgare a meno che non siano evidenti incostituzionalità. In quel caso ho il dovere di non promulgare, ma devono essere evidenti, un solo dubbio non mi autorizza a non promulgare».
A gennaio Mattarella compie dieci anni al Quirinale, per completare il secondo mandato (o la seconda elezione, parlare di secondo mandato non è corretto) ne restano quattro. Il 31 gennaio 2015 c’era un’atmosfera speciale alla Camera dove erano riuniti i grandi elettori per scegliere il presidente della Repubblica. Il siciliano Sergio Mattarella, giudice costituzionale, ex ministro della Difesa, divenne prima carica dello Stato. Il siciliano Piero Grasso, presidente del Senato, era già la seconda carica dello Stato. Il 6 gennaio 1980 Sergio e Piero si ritrovarono uno accanto all’altro a Palermo, chini sul corpo agonizzante di Piersanti Mattarella, il presidente della Regione Sicilia ucciso dalla mafia. Sergio era il giovane fratello. Piero un giovane magistrato. Il valore simbolico di quel 31 gennaio 2015 rimarrà nella storia della Repubblica. Nelle sue pagine più magiche. Come il mattarello.
Davanti a Mattarella hanno giurato sei governi in dieci anni e in questi dieci anni sono velocemente apparsi e parzialmente scomparsi numerosi fenomeni politici: Matteo Renzi, i Cinque Stelle, la Lega di Salvini, adesso Giorgia Meloni. E soprattutto Mattarella ha affrontato la pandemia favorendo la nascita del governo di Mario Draghi che, tra molte obiezioni, due cose doveva fare e due cose ha fatto: vaccinare in massa l’Italia, gestire le risorse pubbliche col Pnrr. Mattarella sarà «arbitro imparziale» anche per i prossimi quattro anni e terrà a portata di mano il suo mattarello magico, ma questo è sufficiente al governo Meloni, non soltanto al presidente del Consiglio (vuole farsi chiamare al maschile, accontentata, pardon accontentato), ma in particolare ai suoi consiglieri più stretti, alla tribù che la circonda? Dunque a Roma dove si parla e straparla di politica circola l’ipotesi che l’anno prossimo, in un modo o nell’altro, il presidente Meloni spinga il governo alla caduta per andare alle elezioni alla fine del ’25, rientrare in Parlamento con una maggioranza simile a questa attuale, poiché le opposizioni sono ben impegnate a litigare fra di loro, e mettere un'ipoteca, prenotare il posto come al ristorante, per l’elezione del presidente della Repubblica nel 2029. Se proprio vi interessa, il nome per il Quirinale è quello di Antonio Tajani, il forzista ministro degli Esteri e vicepresidente del Consiglio. I retroscena sono fatti per sorseggiare un prosecco accarezzati dal Libeccio che avvolge Roma, ma a volte custodiscono delle verità e, pure se non le custodiscono, hanno un significato. Perciò: lunga vita al mattarello magico.