Sessualità e amore dietro le sbarre

La polizia cantonale ha dovuto faticare più del solito l?anno scorso. Già, perché i reati, come pure gli arresti, sono aumentati (rispettivamente dell?8,4 e del 42%). Più precisamente le manette sono scattate ben 2.226 volte, indica il rapporto di attività presentato settimana scorsa a Palazzo delle Orsoline (vedi CdT del 27 marzo). Tutto bene quel che finisce bene, dirà qualcuno. Possiamo dormire sonni tranquilli con meno criminali in giro, si rallegreranno altri. Ma oggi non vogliamo fermarci a questo pensiero. Oggi vogliamo metterci nei panni di chi sbaglia più di altri e finisce dietro le sbarre. Prima nel carcere giudiziario della Farera e, normalmente dopo la condanna, alla Stampa (se sei uomo, la sezione femminile ha chiuso i battenti nel 2007). Stop. Esistenza finita o perlomeno rimandata. Gli affetti, le relazioni sentimentali ed erotiche vengono congelate. E per la maggior parte del tempo si rimane soli con i propri pensieri che a volte si rivelano una cattiva compagnia. Per ovviare all?isolamento e attenuare la nostalgia, le strutture penitenziarie cantonali hanno sviluppato una serie di esperienze mirate come Casa Silva, i congedi, gli «incontri gastronomici» e i «colloqui Pollicino». «Mi disturba sentir parlare di carcere a 5 stelle, troppo confortevole per i detenuti ?che in fondo sono solo criminali?», afferma Serafino Privitera, responsabile della scuola per agenti del penitenziario cantonale ticinese. «Chi la pensa in questo modo non comprende cosa significa davvero privare una persona della libertà. In prigione tutto è limitato. Mancano lo spazio e i colori. Il tempo non ti appartiene. Sei come un animale in gabbia». Numerosi studi documentano l?influsso negativo dell?esecuzione penale sul corpo e sulla psiche dei detenuti. E la questione più spinosa – sottolinea il nostro interlocutore – è quella della mancanza di contatto umano, dell?affettività. «L?essere umano ha bisogno d?affetto, non importa di che tipo. Se non ha la possibilità di sperimentarlo può cadere in una serie di pericolose devianze. Già Nietzsche lo diceva: ?È noto che la fantasia sessuale viene moderata, quasi repressa, dalla regolarità dei rapporti sessuali, e che al contrario diventa sfrenata e dissoluta per la continenza e il disordine dei rapporti?»...
«72 ore l?anno, questo è il tempo che ci viene permesso di vivere con i nostri familiari. 72 ore, tre giorni all?anno, per poterci tenere stretto chi ci ama. 72 ore, 4.320 minuti che durano un anno. In questo tempo una mamma, una moglie, dei figli devono farseli bastare per poter amare chi li ama». Il messaggio, che troviamo nel blog dei detenuti del carcere di Torino (un nome un programma: «Dentro e Fuori»), è datato 6 marzo 2013 e firmato da tale Marco. Dice poco, quasi niente, delle condizioni sentimentali degli ospiti di quel penitenziario. Ma nelle sue scarne cifre dice tutto. Quella di Marco è una testimonianza che penetra l?isolamento delle prigioni grazie al Web, unico vero spazio libero per chi deve scontare una pena detentiva fra quattro invalicabili mura. Oggi siti e blog che danno voce ai reclusi sono numerosi. Ne abbiamo visitati alcuni per raccogliere, dal fondo della Rete, descrizioni, pulsioni, timori sulla vita amorosa e sessuale di chi sconta una pena...