Sette studenti nel laboratorio dove si creano i batteri OGM

Chissà quanti medici hanno sognato la versione positiva del film del 1969 «Viaggio allucinante» che metteva in scena un microsommergibile con tanto di equipaggio miniaturizzato per entrare nei flussi sanguigni del corpo umano e vedere, per poi curare, le sue eventuali malattie. Il film ti fa sobbalzare sulla sedia perché il sottomarino (e un sabotatore) vengono poi «distrutti» da un globulo bianco. Ma l'idea di diagnosticare e magari guarire il corpo malato dal suo interno oggi non è più fantascienza. Ce ne rendiamo conto parlando con Mattia Gollub, giovane studente di informatica al Poli di Zurigo, unico ticinese a partecipare ad una singolare competizione accademica nel campo della biologia sintetica insieme a un team di altri sei studenti: l'International genetically engineered machine competition o iGEM (leggi scheda). Ma di cosa si tratta? E in che modo il lavoro di questo gruppo di ragazzi può servire a curare un corpo dall'interno? Ce lo spiega il diretto interessato.
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Mattia Gollub, partiamo dall'ABC. Cos'è la biologia sintetica?«È una branca che ha lo scopo di applicare i concetti di ingegneria alla biologia. Si fondono diverse competenze - la biologia molecolare, la biofisica e, dal campo dell'ingegneria, l'informatica e matematica – per sviluppare nuovi sistemi biologici».
Di che tipo?«In genere batteri geneticamente modificati. Si sta studiando anche come fare queste cose nelle cellule di mammiferi, per esempio. Ma si lavora di più coi batteri perché sono più semplici e conosciuti».
In cosa consiste il vostro progetto?«L'idea riguarda il campo della diagnostica e dell'aiuto alla ricerca medica. C'è una categoria di malattie che riguardano l'intestino irritabile il cui funzionamento è ancora parzialmente sconosciuto».
Perché?«Perché si osservano i sintomi, ma non si vedono le cause. A quel livello tutto avviene infatti nell'intestino e non è direttamente osservabile».
Come cercate di risolvere il problema?«Il nostro scopo è sviluppare una versione modificata di un batterio – l'Escherichia Coli, che è il classico ''batterio giocattolo'' da cui si parte – che poi può essere messa in una pillola. La pillola viene ingerita dal paziente e questi batteri memorizzano cosa succede nell'intestino. Una volta recuperati dalle feci, i batteri possono essere analizzati in laboratorio. Si può vedere quali molecole sono state incontrate durante la malattia. È possibile fare un raffronto tra lo stato dell'intestino in un paziente sano e in un paziente affetto dalla malattia. E, finalmente, si hanno più informazioni sulle cause della malattia».