Si allarga il conflitto, Israele attacca anche lo Yemen
Dopo Gaza e il Libano, lo Yemen. La guerra di Israele contro le milizie sciite finanziate dall’Iran si allarga al Mar Rosso, dove oggi, poco prima delle 17, l’Aviazione dello Stato ebraico (AIF) ha sferrato un attacco diretto a colpire una base degli Houthi.
È stato proprio il comando militare israeliano (IDF) a ribattere la notizia dopo che la Tv qatariota al Jazeera aveva mostrato le immagini del porto di Hudaydah in fiamme. Su Telegram, social utilizzato per diffondere i propri comunicati stampa, l’IDF ha confermato di aver «colpito obiettivi terroristici Houthi nello Yemen, a 1.800 km dallo Stato di Israele. Durante un’ampia operazione aerea, dozzine di aerei della IAF, tra cui F-15 da combattimento, aerei da rifornimento in volo e aerei dell’intelligence, hanno colpito obiettivi militari appartenenti al regime terroristico Houthi nelle aree di Ras Isa e Hudaydah, nello Yemen». Gli obiettivi, ha specificato l’IDF, «includevano centrali elettriche e un porto marittimo per l’importazione di petrolio, utilizzati per trasferire armi iraniane nella regione, oltre a forniture militari e carburante».
Decapitata Hezbollah
L’attacco nello Yemen è avvenuto dopo una serie di incursioni che, in mattinata, avevano colpito almeno 120 obiettivi in Libano. Il martellamento aereo di Beirut è stato incessante. E ha portato all’eliminazione, praticamente, dell’intero gruppo dirigente militare di Hezbollah. Oltre ad Hassan Nasrallah, il leader dell’organizzazione terroristica, negli ultimi due giorni gli israeliani hanno infatti ucciso: Ali Karaki, comandante del fronte meridionale di Hezbollah; Ibrahim Hussein Jazini, capo dell’Unità di sicurezza di Nasrallah; Samir Tawfiq Dib, consigliere sulle attività militari; Abed al-Amir Muhammad Sablini, capo della forza armata di Hezbollah; Ali Naaf Ayoub, responsabile del coordinamento della potenza di fuoco di Hezbollah.
L’obiettivo di Tel Aviv è apertamente dichiarato: continuare a operare a qualsiasi distanza contro tutte le minacce ai cittadini dello Stato di Israele. «Abbiamo colpito gli Houthi in Yemen - ha detto il capo di Stato maggiore dell’Idf, Herzi Halevi - Sappiamo arrivare molto lontano, sappiamo arrivare ancora più lontano, e sappiamo colpire con precisione. Questo non è un messaggio, è un’azione. Un’azione che porta con sé un messaggio. In Libano continuiamo le eliminazioni (dei capi di Hezbollah, ndr) perché è il modo più forte per indebolirli. Continuiamo anche a distruggere armi. Sto guardando all'asse, guidato dall’Iran, con Hezbollah come fattore centrale. Hezbollah è stato colpito molto duramente nell’ultimo mese, nelle ultime due settimane e negli ultimi tre giorni: ha perso la testa, e dobbiamo continuare a colpire. Questo è l’obiettivo principale e dobbiamo adattare i nostri strumenti anche ad altri luoghi».
«Ho seguito l’attacco agli Houthi dalla sala di controllo dell’Aeronautica militare. Per noi non c’è posto che sia troppo lontano», ha detto il ministro israeliano della Difesa Yoav Gallant commentando i raid in Yemen. E sempre Gallant ha poi voluto citare la Bibbia, e nello specifico un passo dei Salmi (18: 37-38), per giustificare quanto sta succedendo: «Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti; non sono tornato indietro prima d’averli distrutti. Li ho abbattuti e non sono potuti risorgere; sono caduti sotto i miei piedi».
Un passaggio che inevitabilmente richiama lo scontro tra religioni, ma che non per questo diventa automaticamente una possibile giustificazione. In questo senso, vanno forse lette le parole pronunciate oggi pomeriggio da papa Francesco nella conferenza stampa tenuta durante il volo di rientro dal Belgio. «La difesa sempre deve essere proporzionata all’attacco. Quando c’è qualcosa di sproporzionato, si fa vedere una tendenza dominatrice che va oltre la moralità - ha detto il pontefice rispondendo a una domanda sulle bombe sul Libano e sul conflitto mediorientale - Sono azioni immorali quelle di un Paese, qualsiasi Paese, che usa le sue forze in modo così superlativo. La guerra è immorale, ma le regole di guerra indicano una moralità; quando questo non c’è si vede, diciamo in Argentina, il cattivo sangue».
Rischi di escalation
Le preoccupazioni per l’ampliamento del conflitto si fanno, nel frattempo, sempre più forti. Il governo russo ha annunciato che il primo ministro Mikhail Mishustin vedrà oggi a Teheran il presidente iraniano Massoud Pezeshkian. L'incontro ha lo scopo di «discutere la cooperazione russo-iraniana nei campi commerciale, economico, culturale e umanitario». La mossa del Cremlino è quasi inevitabile. L’Iran da mesi fornisce a Mosca armamenti utilizzati nella guerra in Ucraina, soprattutto droni. Un sostegno che deve in qualche modo essere politicamente ripagato.
In modo speculare si comportano gli Stati Uniti. Sabato scorso il presidente Joe Biden ha detto: «È tempo di un cessate il fuoco». Ma ha pure elogiato l’uccisione di Nasrallah come «misura di giustizia per le vittime degli attacchi di Hezbollah». L’appoggio degli Stati Uniti «alla sicurezza di Israele è incrollabile e non cambierà - ha ribadito alla CNN il portavoce della sicurezza nazionale USA, John Kirby, sottolineando il diritto dell’alleato a difendersi «da attacchi quotidiani» e ricordando la necessità di non colpire i civili e le loro abitazioni. «Biden e Netanyahu si conoscono da 40 anni e mai sono d’accordo su qualcosa, ma su un punto concordano: la sicurezza di Israele», ha aggiunto John Kirby.
L’Iran ha intanto chiesto una riunione del Consiglio di Sicurezza ONU. Nel frattempo, secondo quanto riferito dalla Reuters, pare abbia anche deciso di trasferire il leader supremo, l’ayatollah Ali Khamenei, in un luogo sicuro, per quanto possano esistere luoghi sicuri al riparo dalle incursioni dell’aviazione di Tel Aviv. Secondo il New York Times, il Governo iraniano sarebbe spaccato sulla risposta da dare all’uccisione di Nasrallah. Lo stesso Khamenei, che pure ha pianto pubblicamente la morte del capo di Hezbollah invitando tutti i musulmani a sollevarsi contro Israele, non ha parlato né di ritorsioni né di vendetta. D’altronde, nemmeno alla guida spirituale di Teheran saranno sfuggite le grida di giubilo delle popolazioni sunnite alla notizia dell’uccisione di Nasrallah. Segno che il mondo islamico tutto è, tranne che unito.