Si allunga l'ombra di Trump sulle terre rare ucraine: i perché dell'interesse USA
![](https://naxos-cdn01.gruppocdt.ch/cdt/stories/2025/02/10/1920x1080/d7c5db3e-dc99-4e90-af80-34c20d4902ee.jpeg)
Crisi ucraina: una questione di rivalità ataviche, di rivendicazioni nazionalistiche e linguistiche ma anche, oggi più che mai, di interessi economici, per quanto riguarda materie prime e materiali delle terre rare in particolare, preziosissimi, fluorescenti e dalla particolari caratteristiche magnetiche. Fra di essi cerio, disprosio, erbio, lantanio, lutezio ed altri dai nomi che richiamano testi e miti antichi. Ma sono oggetto di una lotta quanto mai attuale ed aspra, che coinvolge anche l’Ucraina.
Lo ha detto a chiare lettere, se ve fosse stato bisogno, il presidente Donald Trump: gli USA «vogliono come forma di pagamento» i preziosi elementi del sottosuolo ucraino, localizzati soprattutto nel Donbass, per continuare a fornire supporto militare ed economico a Kiev. Non è chiaro se Trump si sia riferito alle sostanze delle «terre rare» in senso stretto, i 17 minerali «lantanidi» (definiti dal mercato REE-Rare Earth Elements) oltre a ittrio e scandio, oppure, più in generale, a tutti i metalli nuovi impiegati nell’alta tecnologia, quali rame, platino, cobalto, litio, titanio, manganese, zirconio.
Poche miniere negli USA
Gli Stati Uniti hanno al momento poche miniere in grado di fornire queste preziose sostanze, essenziali per le tecnologie avanzate sia civili che militari, dai magneti alle vetture elettriche, dai telefoni cellulari ai visori notturni, agli schermi TV e radar, droni, sonar, fino ai sistemi di diagnostica medica e di guida missilistica. Non sono sostituibili e, per il momento, la Cina rimane il leader incontrastato del settore, sia in termini di lavorazione, sia in termini di estrazione, seguita da Vietnam, Brasile, Russia, India, Australia, Groenlandia, anch’essa oggetto delle mire della nuova Amministrazione USA. Il Celeste Impero lavora, secondo le stime, circa il 90% della produzione mondiale. Accanto alle difficoltà di estrazione, vista la bassa concentrazione e la mescolanza con torio ed uranio, i processi sono complessi e costosi, oltre che pericolosi, sia per gli operatori, sia per le conseguenze ecologiche dovute al processo di raffinazione, all’uso di acidi ed altri reagenti e soprattutto alle scorie radioattive che permangono nei terreni. Accade addirittura che alcuni Paesi produttori, fra cui Australia e gli stessi USA, inviino in Cina il materiale grezzo per la raffinazione.
Cinquanta le sostante critiche
Un recente studio dell’agenzia geologica di Washington ha indicato 50 sostanze critiche per lo sviluppo economico e la sicurezza, fra cui proprio una parte di terre rare, oltre a nickel e litio.
L’Ucraina, pur non essendo fra i maggiori produttori mondiali, possiede ampi depositi, oltre che di terre rare, di nickel e di litio. I suoi giacimenti fanno gola a molti, come quelli della Groenlandia e di molte nazioni del Terzo Mondo, dell’Africa e dell’America Latina, che hanno però limitate capacità di estrazioni ed ancor minori possibilità di lavorare quanto estratto. Anche in Afghanistan sono stati recentemente scoperti giacimenti. Molte di queste aree minerarie sono situate in aree «critiche» o sensibili in termini geopolitici ed il caso ucraino, alle porte dell’Europa, è sintomatico dell’interesse strategico che il tema riveste. In Europa le terre rare sono presenti in Svezia e sparse in giacimenti di diversi Paesi, apparentemente in quantità e concentrazioni non rilevanti.
L’importanza della questione cresce esponenzialmente, tanto da agitare i sonni delle élite di Washington, alla luce del predominio cinese che potrebbe fare di queste sostanze un formidabile strumento di «weaponization», cioè di pressione politico-strategica.
Per Pechino arma strategica
Non sarebbe del resto la prima volta. Nell’autunno del 2010 Pechino decise di restringere le esportazioni di metalli strategici, terre rare incluse, col pretesto di una disputa marittima nelle acque giapponesi, ed i prezzi salirono in poco tempo del 1.300%. Oggi il mercato è più diversificato ma il rischio è sempre dietro l’angolo e, se le scelte del Drago cinese sono imprevedibili, soprattutto alla luce delle politiche commerciali di Washington. non va neppure trascurata la crescente rilevanza dell’Artico e della grande quantità di materiali strategici, terre rare incluse, che anche la Russia detiene in quell’area.