"Soldati egiziani in uno Stato palestinese"

ROMA - "Siamo pronti a inviare forze militari all'interno di uno Stato palestinese: aiuterebbero la polizia locale e rassicurerebbero gli israeliani". A dirlo, in un'intervista al Corriere della Sera, è il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, secondo cui dopo la creazione di uno Stato, "lo strumento migliore per restituire la speranza ai palestinesi", si aprirebbe un "lungo processo per ristabilire la fiducia tra le parti: gli israeliani non possono rischiare la sicurezza, i palestinesi non devono più compiere atti sconsiderati".
Nella visita in Italia e al Vaticano, "il messaggio fondamentale riguarda la sicurezza comune, la lotta comune al terrorismo. Perché se non sarà comune, non funzionerà. Di ciò parlerò anche con il Papa", afferma Al Sisi. "Noi combattiamo anche militarmente contro il terrorismo, ma siamo consapevoli del fatto che nessuno potrà fermare la minaccia senza una vera lotta alla povertà, senza interventi che servano a cambiare una certa cultura che poi porta alla facilità di reclutamento".
"Stabilizzare la Libia è una priorità per tutti. Lì regna il caos", sottolinea Al Sisi. "La Nato non ha completato la sua missione. Non credo a nuovi interventi militari. La Comunità internazionale deve fare una scelta molto chiara e collettiva a favore dell'esercito nazionale libico e di nessun altro".
Quanto all'Egitto, "dal 3 luglio del 2013, quando Morsi cadde sotto la spinta di milioni di egiziani, fino al 14 agosto, quando dovemmo riportare la normalità al Cairo usando la forza, i Fratelli musulmani avrebbero potuto collaborare con le Forze armate, nessuno li perseguitava. Invece si dettero alla violenza", dichiara Al Sisi. "Cosa dovevamo fare? Abbiamo agito nell'interesse nazionale dell'Egitto e con il pieno consenso della popolazione". Quanto alla pena di morte per Morsi, "non interferiamo nel corso della giustizia".