URC2022

Sostegno all'Ucraina ma con dei paletti: riforme e trasparenza

Il presidente della Confederazione Ignazio Cassis ha auspicato che Kiev mostri risultati nell'ambito del rispetto dello stato di diritto e nella lotta alla corruzione
Andrea Colandrea
05.07.2022 22:34

Nella lunga, anzi, lunghissima corsa a ostacoli che sarà necessario compiere per ricostruire l’Ucraina di domani - uno Stato che oggi è stato messo in ginocchio, devastato in modo terrificante dalle forze militari russe - il punto di partenza avrà una denominazione di casa nostra: la Dichiarazione di Lugano. Lo ha evidenziato nella giornata d’apertura della Conferenza sulla rinascita dell’ex Repubblica sovietica - conclusasi oggi sotto i riflettori internazionali - il presidente della Confederazione Ignazio Cassis. Lo ha ribadito a più riprese, lunedì stesso, la presidente della Commissione dell’UE Ursula von der Leyen, che ha parlato di «pilastro del rilancio».

Nella conferenza stampa di chiusura dell’evento al Palazzo dei congressi di Lugano, oggi, il capo del Dipartimento federale affari esteri, confermando il sostegno elvetico all’Ucraina in collaborazione internazionale, ha però ricordato che l’erogazione dei fondi e degli aiuti è subordinata ad alcune precise condizioni (sono 41 gli Stati, gli istituti finanziari e gli organismi europei che hanno sottoscritto il documento conclusivo che fissa il percorso).

Guardare avanti

Affiancato sul palco dal premier ucraino Denys Shmyhal, davanti a oltre un centinaio di giornalisti, Cassis ha specificato che «le riforme devono continuare, lo stato di diritto deve essere garantito e la lotta alla corruzione va intensificata». Il tutto in nome della «trasparenza». Sfide non certo facili, queste ultime. Per realizzarle, ha insistito Cassis,«servirà certamente molto tempo». Il consigliere federale ticinese, in proposito, si è però dichiarato ottimista. «L’unione fa la forza». La Conferenza di Lugano, intanto, avrebbe raggiunto «gli obiettivi». Si è trattato di un «primo, significativo passo» verso un «peace agreement» (accordo di pace) che sarà «importante per il futuro di tutto l’Est europeo», ha osservato ancora il capo del DFAE. La prospettiva che si è aperta da questa conferenza, insomma, è «una collaborazione duratura» tra gli Stati firmatari del documento messo a punto sulle sponde del Ceresio. E non è poco.

Coordinamento degli sforzi

Il primo ministro ucraino Denys Shmyhal ha messo l’accento sul coordinamento degli sforzi. Se la responsabilità di pilotare la ricostruzione è affidata alla responsabilità dell’Ucraina, «la base di lavoro adottata da Kiev è il National recovery plan»: un piano nazionale di rilancio. «La ricostruzione del nostro Paese passa per tre fasi principali», ha spiegato il premier ucraino. La prima è quella di una ricostruzione immediata delle infrastrutture distrutte, la seconda quella di un recupero rapido di ospedali e scuole (sono centinaia quelli rasi al suolo negli attacchi e nei bombardamenti), la terza è la modernizzazione dell’Ucraina (se ne riparlerà a guerra terminata). «Un ufficio centrale a Kiev, in collaborazione con altri uffici a Washington, Bruxelles e Londra, incanaleranno concretamente gli sforzi per pensare al rilancio». 

Soldi confiscati ai russi

Poi, l’oratore, ha messo il dito nella piaga: «750 miliardi di euro per pagare i danni subiti dall’Ucraina e ripartire sono una somma enorme», ha ammesso. Come recuperarli? Per prima cosa, ha detto Shmyhal, «la ricostruzione del nostro Paese va finanziata con i soldi confiscati agli oligarchi russi. Gli atri soldi saranno ricavati dalle riserve dello Stato, dagli aiuti internazionali e dai privati». Per quanto riguarda la confisca dei fondi degli oligarchi, «serve una legge internazionale. Attualmente non c’è. Ogni Stato ha la sua». L’assunto di fondo, per il capo del Governo di Kiev, è che «chi aggredisce un Paese, deve pagarne i danni».  

Alle domande, Cassis ha parlato della procedura in Svizzera. «Il congelamento dei fondi e delle proprietà dei dittatori non è una novità nella Confederazione - ha osservato - Avviene da tempo». Bisogna anche distinguere tra congelamento e confisca. In alcuni casi particolarmente gravi, come può essere quello dell’invasione russa dell’Ucraina, la confisca di fondi e beni di oligarchi può essere ritenuta un’opzione (Berna ha già bloccato 6,3 miliardi di franchi). La base legale dovrebbe comunque essere aggiornata. Per ora, ha concluso Cassis, «va applicato il principio di proporzionalità». 

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