Lugano

Spiaggetta di Caprino: si andrà a processo

Il caso della piccola distesa sabbiosa creata senza autorizzazione nel 2018 e poi rimossa è sfociato in tre decreti d'accusa – Scagionata la Città
© Ti-Press / Benedetto Galli
Giuliano Gasperi
07.04.2023 06:00

Approderà in Pretura penale il caso della spiaggetta di Caprino creata senza autorizzazione e poi rimossa. Da noi contattato, il Ministero pubblico fa sapere che sono stati emessi tre decreti d’accusa per infrazione alla Legge federale sulla protezione delle acque. Due di essi sono stati contestati, e quindi sfoceranno in un processo fra le mura del Business Center di Bellinzona, mentre uno è stato accettato ed è nel frattempo cresciuto in giudicato.

Uno accetta, due contestano

Riavvolgiamo però il nastro degli eventi. Nel marzo di cinque anni fa, un privato fa costruire una spiaggetta a fianco di una villa che ha da poco acquistato e ristrutturato e che in passato era un cantiere nautico. Con la posa di alcuni blocchi di granito e della necessaria quantità di sabbia, nasce una superficie di un centinaio di metri quadrati ideale per godersi il Ceresio. Un anno dopo, un approfondimento della trasmissione Falò solleva dubbi sulla regolarità dell’intervento e nei giorni successivi la Procura riceve una lettera anonima che va nella stessa direzione. E le autorità politiche?

La Città di Lugano spiega di esser venuta a conoscenza dei lavori solo quattro mesi dopo, chiedendo ai proprietari una domanda di costruzione a posteriori, mentre il Cantone, proprietario del lago, dice di non saperne nulla. Dal canto suo, il privato spiega di aver creato la spiaggetta, interamente a sue spese, nell’ambito di un intervento urgente per arginare un franamento, che era effettivamente avvenuto. La superficie viene poi demolita ripristinando la situazione precedente, ma la macchina della giustizia ormai si è messa in moto. Sul caso vengono aperti due procedimenti.

Uno, come detto, per infrazione alla Legge federale sulla protezione delle acque. Non abbiamo informazioni su chi siano i destinatari dei tre decreti d’accusa, ma seguendo la logica deve trattarsi di persone o aziende che hanno avuto un ruolo nella realizzazione della spiaggetta. Non sapremmo comunque chi di loro si è opposto alle accuse e chi invece ha preferito chiudere la questione. «In ragione del segreto istruttorio e dal momento che due decisioni sono state impugnate – si limita ad affermare il Ministero pubblico – attualmente non ci è possibile fornire maggiori informazioni».

Accelerata, ma non illegale

Il secondo procedimento viene aperto contro ignoti e segue un’altra ipotesi di reato: abuso di autorità. Riguarda in particolare la trasformazione del vecchio cantiere nautico in una residenza. Anche il precedente proprietario, secondo quanto emerso quattro anni fa, voleva farlo, ma era riuscito a ottenere l’autorizzazione solo per creare un laboratorio per artisti. Una volta acquisito lo stabile e con esso la licenza edilizia, il nuovo proprietario presenta una variante del progetto originario e la Città, nel 2015, la approva.

Ciò, tuttavia, non avviene seguendo il solito iter di pubblicazione, bensì una procedura accelerata. Tempi più rapidi, meno probabilità di farsi frenare da opposizioni e ricorsi. Incalzato, il Municipio difende a spada tratta l’agire dei funzionari comunali, spiegando che non ci sono stati favoritismi di alcun tipo nei confronti del promotore del progetto, e che la procedura accelerata è una «prassi basata sul sano pragmatismo senza incorrere in violazioni materiali della legge e senza ledere interessi cantonali o di terzi».

Pragmatica e tutt’altro che rara. «Per una realtà come Lugano, dove soprattutto nel centro cittadino vi sono ogni anno centinaia di modifiche della destinazione degli spazi, l’adozione di procedure snelle e semplificate gioca un ruolo fondamentale nel sostegno dell’economia e dei commerci».

La magistratura vuole comunque far luce su questo filone e acquisisce diversa documentazione, ma le indagini, coordinate fino al settembre del 2021 dall’ex procuratore generale sostituto Nicola Respini, sfociano in un decreto di abbandono firmato dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis. «Questo poiché, sulla base degli elementi acquisiti – specifica sempre il Ministero pubblico – non sono risultati adempiuti gli elementi costitutivi del reato ipotizzato».

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