Stella Assange: «In futuro Julian chiederà la grazia al presidente americano»
«Sono semplicemente euforica, è incredibile, mi sembra irreale che sia libero»: così Stella Assange, in una seconda intervista alla BBC concessa dopo la scarcerazione del marito Julian dalla prigione londinese di Belmarsh e la sua partenza da uomo finalmente libero verso l'Australia, sua terra natale.
La moglie del giornalista e attivista fondatore di WikiLeaks, la quale è avvocato di formazione, ha poi precisato che il patteggiamento con le autorità americane «sarà reso pubblico» una volta convalidato da un giudice americano domani nelle Isole Marianne. E che si tratta di «un accordo molto interessante».
Assange e i suoi sostenitori - incluse organizzazioni per la difesa dei diritti umani e dell'informazione quali Amnesty International o Reporter Senza Frontiere - hanno sempre rigettato tutte le accuse americane come frutto di una vendetta «politica» contro la diffusione da parte di WikiLeaks di un'enorme quantità di documenti segreti sottratti al Pentagono o al Dipartimento di Stato e contenenti fra l'altro rivelazioni su crimini di guerra commessi in Iraq e Afghanistan.
L'intesa appare in ogni caso - come lascia intendere Stella - una scelta legale tattica per riottenere la libertà dopo 12 anni (oltre 5 dei quali trascorsi in un carcere di massima sicurezza britannico in attesa di estradizione), per poter tornare in Australia e per evitare il rischio di una condanna potenzialmente mostruosa negli Stati Uniti.
Essa prevede che l'ex primula rossa australiana si dichiari colpevole di uno solo dei 18 capi d'imputazione sollevati in America - pretesa minima dal Dipartimento di giustizia di Washington - sulla base dell'Espionage Act, draconiana legge sul controspionaggio datata 1917 e mai evocata fino a questo contestatissimo caso negli stessi Usa in oltre 100 anni di storia per una vicenda di pubblicazione mediatica di documenti riservati.
Ovviamente, il patteggiamento con le autorità americane cancella la richiesta di estradizione. Ed è ciò che ha consentito alla giustizia britannica di disporre sia il rilascio di Julian Assange - che compirà 53 anni il 3 luglio e le cui condizioni psicofisiche sono state indicate più volte come gravemente precarie da consulenti medici vari - sia la cancellazione delle udienze su un ulteriore appello della difesa contro la consegna agli Stati Uniti già fissate a Londra per il 9 e 10 luglio.
Stella ha anche chiarito che il marito ha intenzione di chiedere poi in futuro pure la grazia al presidente americano, per cancellare gli effetti dell'accordo sul riconoscimento di colpevolezza di uno dei 18 capi d'accusa sollevati da Washington.
La liberazione di Julian «è il risultato di un lungo processo e di una dura battaglia», ha commentato da parte sua Kristinn Hrafnsson, giornalista investigativa islandese divenuta direttrice di WikiLeaks durante la sua detenzione, dicendosi felice in particolare che Assange si sia potuto già «riunire alla famiglia», a cominciare dalla moglie (sposata mentre era in carcere) e dai due figli avuti da lei in precedenza.
Un risultato, ha aggiunto, su cui hanno inciso a suo parere in modo decisivo la mobilitazione internazionale di massa a favore dell'attivista australiano, ma anche le crescenti pressioni esercitate dal governo laburista di Canberra di Anthony Albanese sull'amministrazione Biden (essendo l'Australia un alleato chiave di Washington nel Pacifico). Nonché la vittoria parziale recente della difesa di Assange dinanzi alla giustizia britannica per la concessione di un ulteriore appello contro l'estradizione.
Stella ha anche rivelato che il volo partito ieri da Londra che sta portando in queste ore suo marito alle Isole Marianne Settentrionali, dove un giudice dovrà decidere l'approvazione dell'accordo per il suo rilascio, è costato al co-fondatore di Wikileak 500'000 dollari (circa 447'000 franchi). Per coprire questi costi - ha aggiunto - ci sarà una campagna di raccolta fondi.