Sostenibilità

Stop a diesel e benzina? «Anche la Svizzera deve adeguarsi»

L'Unione europea ha deciso di mettere al bando la vendita di nuovi veicoli a motore termico per il 2035 – Cosa succederà in Svizzera e quali saranno le ripercussioni? Ne abbiamo parlato con Laurent Pignot, portavoce del TCS
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Irene Solari
16.02.2023 09:34

Con l'ultimo voto a Strasburgo, l’Unione europea ha deciso di mettere definitivamente al bando la vendita di nuovi veicoli leggeri a motore termico (diesel e benzina) a partire dal 2035. Un passo in più fatto in direzione dell’obiettivo «emissioni zero», previsto per il 2050. La decisione è stata licenziata non senza qualche polemica dagli eurodeputati riunitisi martedì in sessione plenaria. La misura, va specificato, non riguarderà l’usato. Questo significa che nel 2035 le auto alimentate in maniera tradizionale potranno comunque continuare a circolare: lo stop è rivolto unicamente alla vendita dei veicoli nuovi.

Una svolta pensata a favore dell’ambiente ma che, al contempo, sta sollevando non pochi interrogativi e grattacapi. Anche in Svizzera. Soprattutto se si va a pensare a un settore, quello automobilistico, che viene da due anni particolarmente difficili, tra pandemia e guerra.

Tra poco più di una decina di anni, o anche prima, ci potremmo quindi ritrovare a fare i conti con questo cambiamento e le sue ripercussioni anche nel nostro Paese? Per capire meglio questo fenomeno, abbiamo parlato con Laurent Pignot, portavoce di TCS.

Obiettivo Accordo di Parigi

Innanzitutto, come ha accolto il TCS questa decisione dell’UE? «La Commissione europea vuole raggiungere gli obiettivi dell'Accordo di Parigi con un programma ambizioso» premette Pignot. E per farlo, aggiunge, l’UE si sta muovendo su più fronti: «Nel settore della mobilità sono previsti severi regolamenti, nonché incentivi e sovvenzioni per promuovere la trasformazione ecologica del traffico stradale. Questo sembra corretto in linea di principio». In particolare, sottolinea Pignot, appare corretto che i regolamenti siano neutri dal punto di vista tecnologico e non contengano divieti effettivi.

La maggior parte delle case automobilistiche si è già adeguata a questo e sta attualmente investendo miliardi nella mobilità elettrica a batteria
Laurent Pignot, portavoce del TCS

Sostegno alla mobilità elettrica

Anche perché, come spiega il nostro interlocutore, pure in questo ambito si sta ragionando molto in un'ottica green: «La maggior parte delle case automobilistiche si è già adeguata e sta attualmente investendo miliardi nella mobilità elettrica a batteria. Al momento, questo è davvero il modo migliore per soddisfare la forte domanda di mobilità sostenibile». E la tecnologia impiegata è già molto avanzata, affidabile, disponibile e sicura, precisa Pignot. «Questo è il motivo per cui il TCS sostiene l'elettromobilità nell'ambito dell'Electromobility Roadmap 2022 della Confederazione, ma anche in generale».

Accelerazione anche in Svizzera

Ma cosa comporterebbe per il nostro Paese l’entrata in vigore delle norme europee nel 2035? Per Pignot, questo significa un’accelerazione della transizione ecologica: «L'attuazione dei piani della Commissione europea accelererebbe ulteriormente la trasformazione ecologica della mobilità individuale che è già stata avviata in Svizzera». Secondo il nostro interlocutore, in questo senso «anche la Confederazione deve adeguarsi» e, in particolare, «pianificare e mettere in funzione l'infrastruttura di ricarica, principalmente elettrica ma potenzialmente anche a base di idrogeno e carburanti sintetici».

La nuova mobilità ecologica deve poter sfondare attraverso buone condizioni quadro, incentivi e, se necessario, finanziamenti, e non attraverso divieti
Laurent Pignot, portavoce del TCS

Vanno create le condizioni

Adeguarsi, quindi, ma sarebbe possibile magari farlo in modo meno drastico e attraverso qualche incentivo in più? «La mobilità non solo sta diventando più ecologica, ma anche più automatizzata e autonoma», ci spiega Pignot. «La legislazione non deve restare indietro rispetto a questo sviluppo, deve consentirlo». Nello specifico, quindi, «vanno create condizioni quadro attraenti per questa nuova mobilità: nuove forme di guida, ma anche nuovi tipi di veicoli».

Un’evoluzione che, in sostanza, deve essere inserita nel giusto contesto, per potersi esprimere al meglio. Con incentivi e motivazione, non con i divieti, come precisa il portavoce di TCS: «La nuova mobilità ecologica deve poter sfondare attraverso buone condizioni quadro, incentivi e, se necessario, finanziamenti, e non attraverso divieti». Un'evoluzione che apre anche una porta verso l’Europa: «Abbiamo bisogno di un programma di mobilità ambizioso e probabilmente potremmo prendere in considerazione l'una o l'altra idea della Commissione europea».

La fine del motore a combustione?

Allo stesso tempo, come detto, si sta pensando anche delle altre alternative rispetto alla svolta ecosostenibile, senza arrivare al divieto dei veicoli a diesel e benzina. Come ci illustra il portavoce di TCS: «Si sta studiando e lavorando su altre tecnologie come idrogeno e carburanti sintetici, per citarne solo due». Anche se è comunque ancora troppo presto per determinare quali tecnologie alla fine saranno quelle del futuro, specifica Pignot. Sarà la fine del motore a combustione? «In questo senso lo sviluppo porterà probabilmente alla fine della produzione delle auto odierne a benzina e diesel. Tuttavia, questo non deve portare a un divieto di circolazione per tali veicoli e non significherà necessariamente la fine del motore a combustione».

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