Successione di Viola Amherd: un altro illustre no, ma non chiamatela crisi
Nulla da fare. Il consigliere di Stato vallesano ed ex presidente nazionale del Centro Christophe Darbellay non è candidato alla successione di Viola Amherd. Lo ha annunciato lui stesso, questa sera, durante una attesissima conferenza stampa convocata nel villaggio di Charrat, appena fuori Martigny, la regione natale del politico vallesano. Durante l’incontro con i media, Darbellay ha ringraziato il suo partito cantonale per il sostegno ricevuto in questa «difficile e sofferta fase di riflessione». Alla fine, però, la priorità è caduta sul Vallese, «nonostante nel petto battesse un cuore anche per Berna». Solo poche settimane prima, Darbellay aveva infatti dichiarato pubblicamente il suo interesse per la corsa al Consiglio federale. Un interesse che, però, andava valutato alla luce di un’altra sfida: il primo turno per il rinnovo del Consiglio di Stato vallesano in agenda il prossimo 2 marzo. Alla fine, come detto, Darbellay ha scelto il Vallese e la corsa per il terzo mandato in Governo: «È qui che il mio cuore batte più forte».
Le motivazioni del no
Il 53 enne vallesano, che compirà gli anni il 7 marzo, ha poi respinto le accuse di chi gli ha rinfacciato che la sua candidatura fosse solo una mossa per spingere la sua corsa al Consiglio di Stato. Tra le motivazioni, Darbellay ha sottolineato sia la volontà di portare a termine i dossier aperti nel suo Dipartimento, sia il peso della tempistica particolarmente ristretta: «Chi aspira a diventare consigliere federale deve avere il tempo di organizzare una campagna elettorale efficace». Darbellay ha sottolineato l’importanza di conquistare il sostegno di 246 parlamentari, un compito particolarmente arduo nell’attuale contesto politico. Non ha invece condizionato la scelta del consigliere di Stato vallesano il semplice fatto che il Dipartimento della Difesa attualmente stia affrontando una fase particolarmente critica: «Non rappresenta di per sé una motivazione sufficiente per un futuro consigliere federale», ha detto Darbellay.
Aumentano le pressioni
Di certo, il no dell’ex consigliere nazionale non fa che aumentare la pressione sul partito del Centro, confrontato da settimane con una lunga serie di rifiuti da parte delle sue personalità più influenti. Tra queste ricordiamo il presidente uscente Gherard Pfister, il consigliere nazionale grigionese Martin Candinas e il «senatore» sangallese Benedikt Würth. Al momento, dunque, per il posto lasciato vacante da Amherd in Governo c’è solo un nome: quello del consigliere nazionale sangallese e presidente dell’Unione Svizzera dei Contadini (USC), Markus Ritter. Un nome di indubbio rilievo, ma da solo insufficiente a placare le critiche delle altre forze politiche, che stanno intensificando la pressione sul Centro affinché proponga più candidati. «Pretendiamo una scelta» ha affermato il capogruppo dell’UDC Thomas Aeschi. Un sentimento condiviso anche da Lisa Mazzone (Verdi) e da Roger Nordmann (PS), il quale ha già dichiarato che «in caso di candidato unico se la proposta non è soddisfacente non ci sentiremo vincolati alla candidatura».
Non senza qualche difficoltà, negli scorsi giorni la «commissione cerca» del Centro ha addirittura inviato una lettera ai 41 consiglieri di Stato in carica - De Rosa compreso, quindi - spiegando il processo di nomina. La notizia è stata confermata oggi alla SonntagsZeitung. Tuttavia, finora, questa iniziativa non ha prodotto alcun risultato: al momento non esiste alcuna candidatura proveniente da un esecutivo cantonale. Il termine per l’inoltro delle candidature scade domani alle 12.
Attesa qualche sorpresa
«È chiaro che non è una situazione piacevole per il nostro partito», commenta da noi raggiunto il «senatore» Fabio Regazzi. «Siamo stati sorpresi dalle dimissioni lampo di Amherd. Dimissioni che non hanno permesso a chi aveva ambizioni di preparare una candidatura in modo adeguato. So che ci sono ancora alcuni nomi in gioco, e non è esclusa qualche sorpresa. Domani ne sapremo di più», avverte Regazzi, per il quale sarebbe comunque auspicabile che il partito presenti almeno due candidati. «La prassi è ormai questa: per garantire all’Assemblea federale una reale possibilità di scelta è preferibile presentare almeno due candidati». Possiamo immaginare una sorpresa ticinese? «Al momento direi di no: non c’è nulla di concreto. Sarebbe comunque un po’ anomalo, avendo già un ticinese in Governo». Mai dire mai, però. Di certo, il nome di Regazzi sulla lista non ci sarà: «Non ho cambiato idea e questa, invece, è una certezza». Tornando alla decisione di Darbellay, Regazzi la considera «una scelta comprensibile», dato che il vallesano è nel pieno della campagna per il rinnovo del Consiglio di Stato. Quanto alla lunga serie di rifiuti da parte dei candidati più illustri del partito, Regazzi non drammatizza: «Non parlerei di crisi o di maretta interna. Il clima nel partito è buono. Sono le tempistiche che ci hanno giocato contro. Questi no sono più dettati da fattori esterni indipendenti l’uno dall’altro. È sicuramente un momento difficile ma non ho la sensazione che vi sia una crisi nel partito».