Elezioni

Svezia: l'estrema destra pronta a entrare nel Governo

Per avere l'esito finale bisognerà attendere domani quando saranno resi noti i risultati dei voti per posta, ma il partito di Jimmie Akesson canta già vittoria dopo essere diventato la seconda forza politica del Paese battendo il chiodo della sicurezza
© AP/Stefan Jerrev
Osvaldo Migotto
13.09.2022 06:00

Fino al 2010 la Svezia era l’unico Paese nordico con un’estrema destra non rappresentata in Parlamento. Ora, dopo il voto di domenica scorsa, i Democratici svedesi (SD), guidati da Jimmie Akesson, con oltre il 20% dei voti sono diventati addirittura la principale forza di opposizione e la seconda forza politica del Paese. L’alleanza di sinistra svedese dopo otto anni di governo rischia dunque di vedersi sfuggire dalle mani il potere, a beneficio di una probabile coalizione tra destra (Moderati) ed estrema destra.

Tuttavia i risultati parziali delle elezioni legislative indicano un ridottissimo vantaggio del centrodestra, che avrebbe una maggioranza assoluta di 175-176 seggi, contro 173-174 per la coalizione di sinistra del primo ministro uscente la socialdemocratica Magdalena Andersson. L’esito finale del confronto elettorale si avrà quindi solo domani, quando si avranno i risultati dei voti inviati per posta e dall’estero.

Un’ascesa inarrestabile

Per ora l’unica certezza è la progressiva ascesa dell’estrema destra svedese nel panorama politico nazionale. Politologi e ricercatori cercano di dare una risposta allo strepitoso successo del partito di Jimmie Akesson che nel 2005, quando passò nelle sue mani, aveva il sostegno di circa l’1% degli elettori. Nel 2010 l’SD è entrato per la prima volta nel Parlamento svedese con meno del 6% dei voti. Nelle elezioni del 2014 era già salito quasi al 13% e nel 2018 è cresciuto ulteriormente raggiungendo il 17,5% dei voti, per superare infine il 20% nel voto di domenica. Una crescita progressiva che si è affiancata alla forte immigrazione conosciuta dalla Svezia già a partire dagli anni ‘60, quando la tradizione socialdemocratica presentava il Paese come una terra di asilo, con una continua immigrazione, dall’America Latina al Vietnam, fino all’Eritrea e all’ex Jugoslavia. Per non parlare dei profughi giunti dai Paesi del Medio Oriente a decine di migliaia.

La sfida richiedenti asilo

Stando ai dati raccolti dal giornale online svedese «The Local», nel corso dell’ultimo decennio la Svezia ha accolto mezzo milione di richiedenti asilo. Un’immigrazione che ha prodotto fenomeni di forte concentrazione urbana di popolazione straniera, in particolare nelle periferie di grandi città come Malmö, Stoccolma, Göteborg, dove vive il 96-98% della popolazione di origine straniera. Ed è proprio in queste periferie che all’inizio del 2022 si sono verificate violente rivolte che hanno causato un centinaio di feriti tra le forze dell’ordine e alimentato l’esasperazione tra la popolazione locale per la crescente insicurezza. Timori sfruttati dai Democratici svedesi durante la campagna elettorale per le elezioni legislative. Va però ricordato che all’origine di queste sommosse vi erano state le provocazioni di Rasmus Paludan, un militante danese-svedese del partito di estrema destra «Linea dura», che aveva organizzato manifestazioni virulente dove bruciava i corani in pubblico, in nome della libertà di espressione.

Dal canto suo la premier uscente Magdalena Andersson lo scorso aprile, dopo due settimane di violenze nelle strade aveva annunciato una serie di misure per arginare la criminalità, che secondo lei è una conseguenza della debolezza dello Stato di fronte a un’immigrazione di massa. Una sorta di ammissione di sconfitta nell’opera di integrazione degli stranieri nel tessuto sociale svedese. Jimmie Akesson, notano alcuni politologi, è stato abile nel cavalcare un campagna elettorale durissima, centrata proprio sulla sicurezza. L’esigua differenza tra i voti raccolti dal centrodestra e quelli ottenuti dal centrosinistra, notano ancora gli esperti di politica, rischia però di far nascere un nuovo Esecutivo fragile.