Società

Svizzera, il tramonto della metropoli: Bellinzona e Chiasso sono un modello

Uno studio del Politecnico di Losanna si concentra su 12 città «poco considerate» del nostro Paese, tra le quali spiccano pure le due ticinesi – Vincent Kaufmann: «Nel nostro Paese si sente il bisogno di recuperare una visione che integri realtà più piccole» – Sono il cuore della nostra urbanità
© CdT/Gabriele Putzu
Paolo Galli
14.10.2024 06:00

La comunità scientifica non se ne occupa. Esistono solo le grandi città, le metropoli. Più facile trovare qualcuno disposto a sostenere uno studio - qualsiasi - su New York, che non uno su Chiasso. È chiaro, e ha pure una sua logica. Il senso della più recente pubblicazione del Politecnico federale di Losanna, La Suisse de A(rbon) à Z(oug), va però in senso contrario: consegnare questi ritratti alla scienza, come una sorta di punto di partenza per future letture. Si parla, in particolare, di dodici città svizzere considerate «di taglia media» - anche se gli autori faticano a trovare una definizione davvero convincente -, ovvero Arbon, Bellinzona, Bienne, La Chaux-de-Fonds, Chiasso, Coira, Martigny, Neuchâtel, Sciaffusa, Sierre, Thun e Zugo. Città molto diverse tra loro. Alcune appaiono addirittura lontanissime. Basti pensare alla stessa Chiasso e a Zugo. Eppure, come sottolineano gli stessi ricercatori, queste città sono la norma, in Svizzera, piuttosto che l’eccezione, in termini urbani.

Federalismo su piccola scala

Ne abbiamo parlato con uno degli autori dello studio, Vincent Kaufmann, professore proprio all’EPFL, responsabile del laboratorio di sociologia urbana (LaSUR) allo stesso Politecnico. Gli abbiamo chiesto di tracciare un fil rouge tra i ritratti, tra le città. «Be’, sono cittadine e città molto svizzere, che replicano un federalismo su piccola scala, con tutti i servizi e con poteri locali piuttosto forti. Sono, in questo senso, realtà tipicamente svizzere. In Francia o in Spagna, cittadine simili finiscono spesso con l’essere abbandonate a loro stesse, dimenticate dal centralismo politico. In Svizzera invece c’è ancora una volontà della Confederazione e dei Cantoni di decentralizzare alcuni servizi; volontà che si traduce in opportunità e impieghi. È un aspetto che tendiamo a dare per scontato, ma è molto svizzero». Un altro fil rouge va ricercato nel «dinamismo» di queste cittadine, «che contrasta con l’idea che abbiamo oggi di molte realtà di questo rango. Sembra che ci sia spazio solo per le grandi città, e che ciò porti a una scollatura con i comuni più piccoli, ma non è così». Non in Svizzera. Dove addirittura, per Kaufmann - ma sembra questo, in realtà, il vero fil rouge dello studio, condiviso dai vari ricercatori coinvolti -, «il modello delle metropoli si sta esaurendo», e dove si avverte «il bisogno di recuperare una visione che integri anche le piccole località».

Un ideale «trait d’union»

L’approccio discorsivo e persino sentimentale si distingue dall’attitudine tipicamente scientifica utilizzata, in altri casi, dagli studiosi di sociologia urbana. «Ma infatti lo studio nasce proprio come una sorta di critica a questa attitudine», dice ancora Kaufmann. «In questo caso, abbiamo chiesto ai colleghi di mobilitare il proprio sapere ma anche le proprie esperienze rispetto a città che già conoscevano, in cui sono nati o cresciuti. Un esercizio non sempre facile, per chi è abituato a utilizzare un gergo e un approccio per l’appunto scientifici». Alcuni degli esperti contattati dagli autori dello studio, infatti, non sono riusciti a centrare l’obiettivo. Ed è così che città come Sion e Friburgo non compaiono nel volume. Ci chiediamo però se questo approccio non nasconda un’altra realtà, fatta anche di dati non per forza lusinghieri. Rimanendo in Ticino, per molti la Chiasso reale non sarà esattamente quella che emerge dall’opera collettiva curata dall’EPFL, che pure non nega incongruenze e limiti. Kaufmann spiega: «Pur senza soffermarsi sui dati, emerge chiaramente dallo studio come queste cittadine rappresentino, oggi, un ideale trait d’union tra un entroterra rurale e le grandi città. Il nostro proposito non è di negare l’esistenza delle grandi città, ma dire piuttosto che ci sono, altrove, anche altre qualità». Nelle conclusioni del libro, si dice chiaramente che «queste cittadine di 10mila, 20mila o 50mila abitanti sono senza dubbio il cuore dell’urbanità della Svizzera». E si va oltre: «La visione di una Svizzera strutturata unicamente attorno a centri urbani di portata globale e aree periferiche più o meno di valle e a vocazione turistica, sta subendo una battuta d’arresto: la Svizzera è anche un Paese di città di ogni dimensione», la cui identità non si risolve nei dati statistici e nelle tendenze.

L’attaccamento

Vincent Kaufmann sottolinea come l’identità di queste cittadine non si risolva neppure nei rapporti con le rispettive grandi città vicine. È anche una questione di attaccamento locale, un aspetto - questo - che lo ha sorpreso. «Per esistere nel mondo di oggi, queste realtà cercano di tenere insieme due mondi, quello rurale e quello delle metropoli, ma devono pure sviluppare ognuna le proprie specificità. E oggi, negli studi urbani, non ci si occupa abbastanza di queste specificità». Che non sono scontate, per nulla. «È il caso di Martigny, che pure abbiamo trattato nel volume. L’autore dello studio sul comune vallesano è stato anche critico, sottolineando un’urbanizzazione devastatrice, che potrebbe nuocere all’identità della cittadina. Nulla è garantito a prescindere». Ma in Svizzera ci sono particolarità solo nostre. Torniamo alle pagine dello studio, dove leggiamo: «Tutte hanno un margine di manovra sufficiente per preservare e sviluppare la propria unicità. Inoltre, le caratteristiche linguistiche, geografiche, religiose e politiche si fondono in combinazioni che, in un territorio piccolo come la Svizzera, difficilmente si ripeteranno». Un’unicità favorita dal territorio, ma anche da alcune decisioni prese in passato a livello federale. L’idea è quella, citata da Ernest Winkler nel 1967, di decentralizzazione concentrata o di concentrazione decentralizzata.

Mobilità e ricchezza sociale

Ci chiediamo, e chiediamo a Vincent Kaufmann, come la mobilità si inserisca all’interno di questo discorso. Be’, ha un ruolo centrale, questo è chiaro. «Il fatto che ci siano collegamenti veloci ferroviari o un accesso autostradale rende più facile andare a vivere in una determinata città. E questo porta, di conseguenza, a possibili rimescolamenti demografici, con nuovi abitanti, di diverse origini, e quindi a una nuova ricchezza, a equilibri interessanti». Ci deve essere qualcosa insomma ad attirare in una cittadina nuovi abitanti, ma poi lì deve esserci qualcosa che li faccia vivere e interagire quali animali sociali. In altri termini, tornando a citare lo studio, «gli individui decidono di vivere in queste cittadine o al contrario di viverle da pendolari sulla base delle esperienze sensibili che queste cittadine procurano». Della serie: nulla è garantito. Ma un futuro è comunque possibile.

«La realtà è più complessa dei facili giudizi esteriori»

«Verso la grande Bellinzona», scritto da Claire Fischer Torricelli, e «Chiasso: capitale della frontiera», a cui hanno lavorato Sandro Cattacin e Fiorenza Gamba, sono i due capitoli del volume dedicati alle cittadine ticinesi. Oltre a un capitolo introduttivo, curato da Gian Paolo Torricelli, il quale propone una lettura dalla prospettiva di Mendrisio.

Per arrivare alla Bellinzona di oggi, si citano vari passaggi della Bellinzona che fu. In questo senso, molto è cambiato. Al punto che, dopo la fusione, l’etichetta di città «media», inizia a stare stretta alla Turrita. Bellinzona, però, va avanti con il suo ritmo. Viene presa a mo’ di esempio in un capitolo dedicato proprio ai ritmi della vita, che distinguono queste realtà da quelle più grandi. Si parla di scelta di «ritmi meno sostenuti e meno stressanti», anche se a volte «meno stimolanti».

Chiasso, al contrario di Bellinzona - perlomeno in attesa, anche qui, di un’eventuale fusione -, si sta facendo più piccola, meno popolata; di sicuro è meno ricca di quanto non lo fosse qualche decennio fa. Il ritratto, in questo caso, è puntuale, specie quando si addentra nei riti, da Festate al carnevale, più o meno riusciti in termini di integrazione delle minoranze. Chiasso, come Arbon, La Chaux-de-Fonds e Sciaffusa, è una cittadina di frontiera. Vincent Kaufmann conosce l’argomento, essendo di Vernier. «Io sono originario della banlieue ginevrina. Vernier è tipicamente una città non autonoma e si porta appresso tutti i problemi legati alla prossimità con la frontiera». Problemi simili a quelli di Chiasso, insomma. «Vernier è un comune difficile, con un aeroporto, con tutta una serie di problemi sociali, con i centri per richiedenti l’asilo. Eppure l’attaccamento della popolazione è molto forte, nonostante tutto. E questo, oltre a dare speranza, mostra che le cose sono più complesse rispetto ai facili giudizi esteriori».