A Ginevra ora ci sono 1.500 operazioni non COVID da recuperare
Per poter prendersi cura di pazienti malati di coronavirus, l’Ospedale universitario di Ginevra (HUG) ha dovuto rinviare gli interventi non urgenti. In questo momento vi sono 1500 interventi da recuperare, ha indicato il direttore dell’HUG Betrand Levrat, in un’intervista pubblicata oggi sul sito di «Le Temps», aggiungendo che «ciò sarà complicato».
Ancora 500 ricoverati
All’inizio di novembre, quando è stato anche annunciato il secondo lockdown parziale di quest’anno, quella di Ginevra è stata la regione più colpita d’Europa, con la più alta incidenza di nuovi casi di COVID-19. Pur essendo corso ai ripari e visto il numero dei contagi ridursi, il cantone di Ginevra resta comunque sotto pressione. Soprattutto i suoi Ospedali universitari (HUG), che ancora accolgono quasi 500 pazienti coronavirus e post-coronavirus, di cui 20 in terapia intensiva e 240 in terapia acuta, mentre la situazione pandemica rimane estremamente instabile. La conferma è arrivata anche attraverso un appello generale lanciato mercoledì scorso dalla direzione degli ospedali universitari (Losanna, Ginevra, Zurigo, Basilea e Berna) in una lettera indirizzata ad Alain Berset, in cui gli viene chiesto di prendere misure per evitare una terza ondata durante le vacanze natalizie.
Circa 1.500 operazioni da recuperare
«Anche se la COVID-19 dovesse scomparire dall’oggi al domani, avremmo ancora 1.500 operazioni da recuperare», ha detto Levrat al foglio romando. «Siamo consapevoli delle conseguenze di questi rinvii per i pazienti e le loro famiglie, dei loro bisogni, che sono del tutto legittimi. Tuttavia, va tenuto presente che delle quasi 3.000 persone ricoverate all’HUG per COVID-19, si stima che l’85% di loro sarebbe morto se non fossero state curate. Occorre quindi fissare le priorità dell’ospedale per poter salvare vite umane nell’immediato futuro, cercando di soddisfare al meglio tutte le esigenze».
60.000 i ginevrini a rischio ospedalizzazione
«Per Ginevra - ha poi aggiunto, sempre interpellato da «Le Temps» Christian Lovis, capo medico del Medical Information Sciences Service -, le nostre stime mostrano che ci sono ancora più di 60.000 persone a rischio di ospedalizzazione a causa del COVID-19, alcune con cure acute o l’uso di ossigeno. Dobbiamo quindi rimanere estremamente attenti all’evoluzione della situazione.