All'ESA c'è più spazio per gli svizzeri: «Venite a lavorare per noi»
«Cari svizzeri, lo spazio vi aspetta». Questo, in sostanza, il messaggio lanciato dall'Agenzia spaziale europea (ESA) e da Space Exchange Switzerland (SXS) alla Long Night of Careers tenutasi giovedì all'USI. Fra workshop e stand, le due organizzazioni hanno spiegato, nella serata delle carriere, quanto il settore spaziale abbia bisogno di tanti profili diversi per crescere e prosperare: una manciata di astronauti non basta. Vicina a un'importante e delicata fase di rinnovamento del personale — si parla di una vera e propria ondata di pensionamenti — l'ESA necessita di forze fresche. E sotto la lente dei "cacciatori di teste" ci sono proprio i cittadini elvetici, sin qui ancora poco rappresentati al quartiere generale dell'Agenzia spaziale, nonostante il grande apporto elvetico (economico e tecnologico) a tutti i progetti.
Fra i mandati della piattaforma SXS, creata nel 2021 della Confederazione, c'è proprio questo obiettivo: facilitare, in collaborazione con le associazioni professionali e le istituzioni educative, l'organizzazione di corsi di formazione professionale nel campo spaziale, oltre che incoraggiare lo scambio e la mobilità di studenti e giovani professionisti verso l'ESA. Con Grégoire Bourban, leader di SXS, abbiamo discusso dell'importanza, per la Svizzera, del settore spaziale, delle grandi ricadute economiche sul territorio elvetico, delle difficoltà legate alle complicate relazioni Bruxelles-Berna.
Dal 2021, Space Exchange Switzerland lavora per sostenere
lo sviluppo del settore spaziale in Svizzera. Uno degli obiettivi principali è
promuovere la formazione professionale all'interno delle
istituzioni scolastiche. Come si è mossa SXS?
«Tra i nostri obiettivi principali c'è l'idea di pubblicizzare le carriere nello
spazio. Vogliamo sensibilizzare i cittadini elvetici: non è necessario essere astronauti o ingegneri per lavorare nel
settore spaziale. È
per questo che è interessante essere qui all'USI, un istituto non necessariamente orientato all'ingegneria. Noi ci occupiamo di consigliare e indirizzare gli studenti verso le diverse
opportunità di carriera nell'ESA. Dall'anno scorso siamo anche riusciti a ottenere un finanziamento dall'agenzia
nazionale Movetia (organo che promuove scambi e mobilità all'interno del sistema educativo, ndr) per aiutare finanziariamente gli studenti. Una buona percentuale dei dipendenti dell'ESA sta andando in pensione: questa è un'ottima occasione per gli svizzeri interessati, in quanto il nostro Paese è attualmente sottorappresentato. È davvero il momento perfetto per sostenere la transizione verso una carriera nell'Agenzia
spaziale europea».
Non è necessario, dunque, salire su un'astronave per lavorare all'ESA. Ma quali sono le carriere più comuni fra chi resta "a terra"?
«Molti fra i profili cercati riguardano campi diversi dell'ingegneria, ma non solo. L'ESA ha bisogno di un gran numero di legali, ad esempio per i molti contratti siglati con industria di Paesi diversi. Si cercano inoltre professionisti dell'IT, esperti nei campi di intelligenza artificiale, sviluppo, elaborazione dei
dati. Sono, questi, aspetti sempre più importanti a bordo dei satelliti, ma anche a terra. Servono inoltre studiosi di medicina o biologia, perché l'Europa presenterà presto un piano di
esplorazione spaziale umana e non solo robotica: bisognerà analizzare tutto ciò che riguarda la reazione del corpo all'ambiente spaziale, fisiologia e biotecnologia per garantire la vita in caso di
viaggi lunghi».
E com’è l’interesse della popolazione svizzera per il settore? Si
registra uguale curiosità da parte maschile e femminile?
«Quello spaziale è un campo molto tecnico e, purtroppo, come spesso in questi casi, è un settore ancora molto
maschile. Ma stiamo cercando di incoraggiare sempre più la discussione con la popolazione femminile per incoraggiare l'intrapresa di carriere presso l'ESA. La Svizzera, in generale, è una nazione "spaziale". Facciamo
parte dell'Agenzia spaziale europea e siamo stati uno dei membri fondatori. Attualmente la Confederazione sta riservando circa 200 milioni di franchi all'anno per l'Agenzia spaziale
europea e per le attività spaziali in Svizzera. Tanto? Per nulla. Non è una grande spesa se paragonata ad altre attività ma ci permette di partecipare a tutte le missioni dell'Agenzia spaziale europea e di essere un elemento chiave. È vero, purtroppo, che il pubblico non è sempre a conoscenza di questa vocazione spaziale del nostro ma Paese. Ma l'argomento sta diventando sempre più pubblico, anche grazie a tutto ciò che sta succedendo negli
Stati Uniti con Elon Musk. La gente si chiede: "Lo stiamo facendo anche
qui?" Sempre più cittadini si stanno interessando all'argomento, e ciò vale anche per molte nuove startup sempre più attive nel settore spaziale».
Parliamo di politica. In che misura i problemi
bilaterali con Bruxelles hanno influito sulla collaborazione internazionale nel
settore spaziale?
«Abbiamo la fortuna di essere un membro a pieno titolo
dell'ESA. Quindi, da questo punto di vista, il
problema non ha avuto alcuna incidenza. Seguo la questione dal dicembre 2014,
quando sono sorte le prime tensioni, e in questo periodo siamo sempre stati in grado di partecipare
a tutti i programmi dell'ESA. Il problema è un altro: in alcune missioni (non sempre) l'ESA si occupa, di fatto, solamente di costruire satelliti e strumentazione, ma a subentrare come operatore è l'Unione Europea. In casi simili, le aziende svizzere possono partecipare alla progettazione dei mezzi, ma poi è molto più
difficile, per noi, poter accedere ai dati prodotti una volta che gli strumenti vengono lanciati nello spazio. In casi simili, vanno firmati contratti bilaterali con l'UE, come fatto ad esempio per l'uso del sistema di posizionamento Galileo. La speranza è che l'Agenzia spaziale europea rimanga
indipendente dall'UE come lo è attualmente. La possibilità che le cose cambino esiste: in tal caso avremmo problemi maggiori. Nel settore spaziale l'aspetto più importante è la
partnership, la collaborazione internazionale, perché lavorare da soli è impossibile».
Qual è l'impatto economico del settore spaziale sull'economia svizzera?
«Normalmente, dieci anni fa, sui circa 200 milioni di denaro pubblico investiti ogni anno nell'Agenzia europea, quasi l'80% — fra i 150 e i 160 milioni — tornava in Svizzera sotto forma di contratti. A questa somma si aggiungevano altri 150 milioni di acquisti di prodotti svizzeri da parte di aziende straniere. Il fatturato globale dello spazio in Svizzera era di oltre 300 milioni
di franchi, quindi. L'equazione veniva tradotta così: per ogni franco investito, altri due tornavano all'economia svizzera. Negli ultimi
cinque anni abbiamo assistito a un nuovo fenomeno, dovuto all'attività economica definita con il nome di "NewSpace". Il settore privato sta prendendo il sopravvento e ci sono molti interessati a investire in aziende spaziali, cosa che prima
non succedeva. Faccio l'esempio di due aziende della regione di Losanna,
SWISSto12 e Astrocast: sono riuscite a raccogliere decine di milioni da investitori come Swisscom o Airbus Ventures e oggi le due si occupano di progettare e produrre i propri satelliti. In particolare, SWISSto12 sta creando un satellite per telecomunicazioni che sicuramente rivoluzionerà il settore. Entrambe, pur avendo cominciato pochi anni fa, contano già fra i 70 e gli 80 dipendenti e si stanno espandendo all'estero pur mantenendo la propria base in Svizzera. Il dinamismo elvetico ci permette di attrarre aziende simili nella nostra regione, anche grazie alla Brexit che ha tolto un po' di attrattività all'Inghilterra. Per questo, tenendo tutto ciò in conto, le ricadute sul territorio sono oggi in forte crescita. E per ogni franco investito dalla Confederazione, l'economia elvetica ne riceve quattro, cinque, o ancor più».
Cosa significa per la Svizzera aver ottenuto, finalmente,
la nomina di un nuovo astronauta elvetico, Marco Sieber?
«È una grande opportunità, un evento che aspettavamo da
tempo. Abbiamo già avuto un primo astronauta, Claude Nicollier, ma
l'ultimo suo volo risale al 1999: è passato molto tempo. Lui stesso ha detto
che, in questo momento, la Svizzera aveva bisogno di qualcuno di nuovo. La Confederazione ha sempre contribuito al programma di esplorazione spaziale, e la figura di Marco Sieber aiuterà ad attirare l'attenzione delle persone: molti svizzeri non sanno che partecipiamo a missioni
spaziali e avere un astronauta darà un impulso al settore. Lo
abbiamo visto con Thomas Pesquet (astronauta francese dal 2016, ndr). In Francia è
diventato una superstar e speriamo che sia lo stesso, da noi, anche per Marco Sieber. Un astronauta così vicino a noi aiuterà anche a far capire il motivo per cui andiamo nello spazio. Non si tratta, del resto, solamente di lanciare razzi per vedere cosa succede. L'obiettivo è rispondere a tante domande diverse, dall'esplorazione al clima».