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Anche le emittenti radio-tivù private dovrebbero poter diffondere pubblicità politica

Lo chiede un'iniziativa parlamentare di Thomas Matter (UDC/ZH) approvata per 13 voti a 12 dalla Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale (CTT-N)
©Chiara Zocchetti
Ats
25.03.2025 17:10

Anche le emittenti radio-tivù private, come gli offerenti online privati, dovrebbero poter diffondere pubblicità politica per rimpinguare le casse. Lo chiede un'iniziativa parlamentare di Thomas Matter (UDC/ZH) approvata per 13 voti a 12 dalla Commissione dei trasporti e delle telecomunicazioni del Consiglio nazionale (CTT-N).

Con questa sua proposta, Matter vuole porre sullo stesso piano nel settore pubblicitario le emittenti radiotelevisive private con concessione - che non possono diffondere pubblicità politica come le emittenti pubbliche - con gli offerenti online privati, nonché la stampa scritta.

Stando al democentrista zurighese, le emittenti radiotelevisive private dovrebbero avere la possibilità di assicurarsi ulteriori introiti pubblicitari in modo da rafforzare la rispettiva autosufficienza economica.

Nel motivare la sua iniziativa, Matter scrive che in questo modo si colmerebbe una lacuna nel mercato pubblicitario, dove la concorrenza è fortissima, e si rafforzerebbe la competitività delle emittenti radiotelevisive private, che si assicurerebbero notevoli introiti supplementari.

Mentre il divieto di diffondere pubblicità politica può apparire giustificato per le emittenti radiotelevisive di diritto pubblico, finanziate mediante il canone obbligatorio, non si capisce bene per quale ragione debba valere anche per le radiotelevisioni private.

L'obiettivo dichiarato del divieto della pubblicità politica, sostiene il consigliere nazionale, è impedire che la formazione dell'opinione pubblica sia influenzata unilateralmente da attori economici in posizione dominante e salvaguardare l'indipendenza dell'emittente da influenze politiche.

Ma di fronte dell'aumento della pubblicità politica in Internet e attraverso le reti sociali, nonché della crescente convergenza dei vari canali mediatici, l'attuale divieto di pubblicità alla radio e alla televisione non ha più alcun senso, secondo Matter.