Bocciata l'introduzione dell'azione collettiva in Svizzera

«No» all'introduzione in Svizzera dell'azione collettiva. Porterebbe un'americanizzazione della giustizia elvetica e danneggerebbe l'economia. Lo ha sostenuto il Consiglio nazionale bocciando l'entrata in materia sulla pertinente modifica del Codice di diritto processuale civile (CPC) con 112 voti contro 74 e 4 astenuti.
Manfred Bühler (UDC/BE), a nome della commissione, ha sostenuto che tale progetto mal si adatta al sistema giuridico elvetico. Per il bernese ci si può attendere «che studi legali a carattere commerciale e organizzazioni di finanziamento dei processi si specializzino nella promozione di cause estremamente pregiudizievoli per l'economia nel suo complesso».
A ciò va aggiunto il rischio di azioni legali abusive, che potrebbero danneggiare la reputazione di un'azienda. È sufficiente raccogliere denunce e presentare un'azione legale, anche se infondata, collettiva per creare un danno reputazionale, ha sostenuto Bühler.
Philipp Matthias Bregy (Centro/VS) ha parlato di «americanizzazione» del nostro sistema giuridico. Il vallesano ha anche evocato l'eventualità che il progetto porti a termine a un sovraccarico del sistema giudiziario. «Verrebbe anche meno la certezza del diritto, perché sarebbe possibile intentare cause che rappresentano solo un danno potenziale e non un danno effettivo», ha aggiunto.
Bühler ha poi sostenuto come il sistema giudico attuale sia sufficiente: «lo strumento del litisconsorzio consente già oggi alle parti che hanno una pretesa identica, ad esempio un difetto di un prodotto di consumo, di riunirsi per agire in comune».
Una minoranza ha da parte sua deplorato che non sia stata avviata una discussione sulla sostanza del progetto, sottolineando che vi sia una grande necessità di intervenire. «Non esiste alcuna alternativa efficace per ottenere una riparazione in caso di cosiddetti danni di massa», ha sostenuto. Sophie Michaud Gigon (Verdi/VD).
A suo parere, in futuro i consumatori svizzeri continueranno a disporre di diritti nettamente inferiori a quelli dei loro vicini europei. La vodese ha fatto l'esempio dello scandalo del Dieselgate, dove i 175 mila svizzeri lesi non hanno ricevuto niente, contrariamente ai residente dei Paesi comunitari. Insomma, «gli strumenti attuali non funzionano». Tale visione è stata condivisa anche dal consigliere federale Beat Jans, secondo cui l'accesso alla giustizia non è sempre garantito.
«Vogliamo proteggere i consumatori o difendere gli interessi delle grandi imprese?», si è da parte sua chiesta Min Li Marti (PS/ZH). «Chi vende prodotti difettosi deve assumersi le proprie responsabilità». Si tratta né più ne meno di dare alle persone lese la possibilità di difendersi, ha aggiunto.
Il disegno di legge era stato licenziato dal Consiglio federale nel dicembre del 2021 su richiesta del Parlamento. Il suo scopo è ampliare l'attuale azione collettiva affinché in futuro si possano far valere anche pretese di risarcimento. Attualmente, infatti, se più soggetti sono danneggiati in modo uguale o analogo, ognuno di essi deve proporre individualmente un'azione per far valere i propri diritti. Conseguenza: in caso di danni di lieve entità, i danneggiati rinunciano spesso a rivendicare i loro diritti.
Finora l'azione collettiva nel CPC è limitata a lesioni della personalità. Con la riforma dovrebbe essere possibile proporne una per qualsiasi violazione dei diritti. Inoltre, un'associazione potrebbe far valere anche le pretese di risarcimento dei danneggiati.
A tal fine occorrerà che gli interessati l'abbiano preventivamente autorizzata ad agire in giudizio per loro conto - minimo 10 persone - oppure che abbiano successivamente dichiarato di voler aderire alla causa. Altra novità: nella nuova procedura dell'azione collettiva dovrebbe essere possibile giungere a un accordo collettivo consensuale tra le parti.
Il progetto passa ora all'esame del Consiglio degli Stati. Qualora dovesse anch'esso bocciarlo, l'incarto sarebbe definitivamente affossato.