Cassis e Sefcovic preparano lo sprint
I negoziati fra Svizzera e UE sul nuovo pacchetto di accordi bilaterali dovrebbero ormai essere alle battute conclusive. È probabile che oggi il Consiglio federale si chini nuovamente sul dossier, prima dell’incontro, previsto nel pomeriggio a Kehrsatz, vicino a Berna, fra il «ministro» degli Esteri Ignazio Cassis e il vicepresidente della Commissione, lo slovacco Maros Sefcovic. Il colloquio, che non è risolutivo, avrebbe già dovuto aver luogo in giugno, ma era stato rinviato perché i tempi non erano ancora maturi e le posizioni negoziali troppo distanti. Nel frattempo i negoziati sono proseguiti e sono state raggiunte intese puntuali. Restano tuttavia da sciogliere alcuni nodi importanti. L’obiettivo è quindi di fare il punto della situazione a livello politico e di esaminare le prossime tappe. Le parti auspicano di concludere i lavori entro la fine dell’anno. All’incontro odierno prenderanno parte anche il capo negoziatore svizzero Patric Franzen e tre segretari di Stato: Alexandre Fasel (DFAE), Helene Budliger (direttrice della SECO) e Christine Schraner Burgener (direttrice uscente della SEM).
La fattura
Al centro dei lavori ci dovrebbe essere l’ammontare del contributo svizzero alla coesione. Questo contributo di (parziale) accesso al mercato, elargito ufficialmente a titolo volontario e per un periodo definito, ammonta oggi a 130 milioni di franchi all’anno. Bruxelles lo vorrebbe aumentare sensibilmente - si parla di 350 milioni di franchi all’anno, se non di più - e rendere regolare. Il consigliere federale dovrebbe discutere direttamente con il responsabile UE del dossier svizzero quanto la Svizzera è disposta a pagare e a quali condizioni. A titolo di paragone, la Norvegia, che in quanto membro dello Spazio economico europeo gode del pieno accesso al mercato unico, paga 390 milioni di franchi. Sefcovic, a metà ottobre, aveva chiaramente detto che il contributo di coesione e la libera circolazione delle persone sono i punti dolenti dei negoziati.
Il mese scorso, l’Unione aveva respinto la proposta svizzera di una clausola di salvaguardia unilaterale per poter limitare l’immigrazione dall’UE al superamento di una determinata soglia. «La clausola unilaterale pensata da Berna va troppo lontano» aveva detto a Ginevra la presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen in un incontro con la presidente della Confederazione Viola Amherd. La libera circolazione fa parte delle quattro libertà fondamentali alla base dell’Unione e Bruxelles non intende fare concessioni, anche per non creare disparità con i Paesi membri.
La clausola non era prevista nell’accordo preliminare sui negoziati. È stata inserita solo in un secondo tempo quando a Berna è apparso chiaro che uno strumento di controllo dell’immigrazione potesse costituire una carta importante a difesa degli accordi in sede popolare. Questa soluzione, però, non piace ai sindacati e alla sinistra, che vorrebbero piuttosto maggiori garanzie a livello di tutela salariale. Una sorta di clausola, abbastanza vaga, è già presente nell’accordo attuale e può essere azionata solo con il consenso di Bruxelles. La Svizzera sta quindi negoziando per trovare una soluzione sulla base delle disposizioni già in vigore. Fra le possibili concessioni in cambio della possibilità di fissare limiti temporanei all’immigrazione ci sarebbe la rinuncia a far pagare tasse d’iscrizione più alte agli studenti europei che frequentano le Università elvetiche. Questa misura, tuttavia, oltre a gravare sugli atenei (USI e SUPSI, ad esempio, incasserebbero molto meno) rischierebbe di portare ben poco.
Il punto critico
I negoziati riguardano il rinnovo dei primi cinque esistenti (libera circolazione, prodotti agricoli, traffico terrestre, traffico aereo e omologazione dei prodotti), la conclusione di tre nuove intese (elettricità, sicurezza alimentare e sanità) e la partecipazione svizzera a programmi europei (ricerca, formazione, gioventù, sport e cultura). Tutti gli accordi contengono le disposizioni istituzionali riguardo la risoluzione delle controversie e la ripresa dinamica del diritto europeo. La settimana scorsa, la Commissione della politica estera degli Stati ha chiesto al Governo che il Parlamento si possa esprimere separatamente sui tre accordi supplementari. Il dossier più critico è quello dell’elettricità, perché c’è il timore che a causa delle condizioni poste dall’UE possa contribuire a far crollare, per mancanza di consenso interno, tutta l’impalcatura, già a forte rischio a causa delle controverse questioni istituzionali. Critiche sono giunte sia dai piccoli gestori di rete sia da sindacati e sinistra, che temono conseguenze negative per i consumatori a causa della liberalizzazione del mercato chiesta a Bruxelles. Il Consiglio federale deve ancora decidere in che modo presentare il pacchetto negoziale al Parlamento.