Rapporto SECO

Con la libera circolazione sono giunte 68 mila persone

Nel 2023, gli arrivi di cittadini dall'UE/AELS sono aumentati del 29% – Come Paese di destinazione la Confederazione è al terzo posto alle spalle di Germania e Italia – La domanda di manodopera resta molto forte
©GAETAN BALLY
Red. Ticino&Svizzera
24.06.2024 23:00

Sull’onda della forte domanda di manodopera, nel 2023 la libera circolazione delle persone ha fatto segnare in Svizzera il secondo valore più importante di sempre. Il primato era stato registrato nel 2008, quando dai Paesi dell’Unione europea e dell’AELS (Associazione europea di libero scambio) erano giunti nella Confederazione 72.100 lavoratori. L’anno scorso, il saldo migratorio dei cittadini europei (la differenza fra arrivi e partenze) è stato di 68 mila persone, il 29% in più rispetto all’anno precedente. Sette europei su dieci (71%) sono venuti in Svizzera per esercitare un’attività lucrativa. L’immigrazione elevata ha accelerato notevolmente la crescita della popolazione residente permanente, che a fine dicembre aveva toccato quota 8,96 milioni, rispetto agli 8,81 dell’anno precedente (+145 mila). Gli abitanti erano 7,3 milioni nel 2002, al momento dell’entrata in vigore della libera circolazione.

Secondo il 20. Rapporto dell’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone, presentato dalla SECO, questa crescita si spiega per motivi economici. La manodopera proveniente dallo spazio UE continua a soddisfare la forte domanda di personale del mercato del lavoro svizzero. Il contesto è caratterizzato da una robusta crescita occupazionale (+2 %), un livello di disoccupazione storicamente basso (2 %) ed elevate difficoltà di reclutamento da parte delle aziende. L’entità dell’immigrazione UE/AELS, spiega la SECO, raggiunge livelli notevoli anche se osservata in un contesto europeo più ampio. Circa il 10% dei cittadini nella fascia d’età attiv i migrati all’interno dell’intero spazio europeo dal 2005 si è trasferito in Svizzera. Dopo la Germania e l’Italia, la Svizzera si classifica quindi al terzo posto come principale Paese di destinazione. Tuttavia, l’immigrazione svolge un ruolo fondamentale anche in altri piccoli Paesi economicamente forti come l’Austria, i Paesi Bassi, il Belgio e la Norvegia. 

I principali Paesi di provenienza sono la Germania (21%), la Francia (16%) e l’Italia (15%), che insieme rappresentano più della metà di tutta l’immigrazione. Questa classifica è cambiata costantemente nel corso degli anni. Secondo la SECO, «la situazione economica della regione UE/AELS ha avuto un’influenza significativa» sulla sua composizione. «Questa correlazione sembra essere confermata ancora una volta» nel caso della Germania, aggiunge la Seco: l’immigrazione dall’altra sponda del Reno è infatti «particolarmente aumentata nel 2023 (...) in un contesto di debole sviluppo economico in Germania».

Ciò vale anche per la Svizzera, dove la crescita dell’occupazione ha «nettamente superato» la media dell’UE negli ultimi 20 anni. Anche nel 2023 la crescita è stata solida, mentre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il livello più basso dal 2001.

Tuttavia, il numero di immigrati è correlato anche al potenziale demografico svizzero. Durante gli ultimi vent’anni, a causa del continuo invecchiamento, la popolazione in età attiva è aumentata di poco. Nel contempo però, questa fascia di popolazione si è fortemente integrata nel mercato del lavoro: il tasso di partecipazione degli svizzeri è elevato, anche in un confronto internazionale. Nonostante negli ultimi anni si sia riuscito a mobilitare ulteriormente la popolazione indigena, il margine di manovra era comunque limitato. A differenza della Svizzera, negli ultimi anni altri Paesi come l’Austria, i Paesi Bassi o il Belgio sono riusciti a sfruttare un potenziale indigeno nettamente maggiore aumentando la partecipazione al mercato del lavoro o riducendo la disoccupazione. I loro tassi di immigrazione sono più bassi. 

La segretaria di Stato Helene Budliger Artieda ha sottolineato che in Svizzera sono riprese le discussioni sulla limitazione dell’immigrazione. Facendo riferimento all’esempio del Regno Unito, ha tuttavia rilevato che la fine della libera circolazione delle persone dopo la Brexit non ha portato a un calo generale dell’immigrazione. Questa opinione è condivisa dai partner sociali. Il capo dell’Unione svizzera degli imprenditori, Roland Müller, ha messo in risalto il costo della penuria di manodopera per le imprese. «L’immigrazione dall’UE e dall’AELS è un importante pilastro della prosperità della Svizzera», ha detto mettendo in guardia contro l’inizitiva dell’UDC «No a una Svizzera da 10 milioni». Secondo l’iniziativa, la popolazione non dovrà superare i 10 milioni entro il 2050. Il Consiglio federale e il Parlamento dovranno prendere provvedimenti non appena la popolazione supererà i 9,5 milioni. Se necessario, Berna dovrà porre fine ai trattati internazionali che incoraggiano la crescita demografica, come l’accordo sulla libera circolazione delle persone con l’UE o il Patto ONU sulla migrazione.