Confermate le dimissioni di Süssli e Dussey
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È arrivata la conferma ufficiale: il capo dell'esercito Thomas Süssli e il e Christian Dussey, direttore del Servizio attività informative della Confederazione (SIC) hanno rassegnato le dimissioni dai loro incarichi. A confermarlo, in conferenza stampa, è stata la «ministra» della Difesa Viola Amherd. Il comandante dell'esercito lascerà l'incarico alla fine del 2025, mentre il capo dell'intelligence fra un anno, a marzo 2026.
La notizia era apparsa, per la prima volta, ieri, sui media elvetici. Anticipata dall'edizione online della NZZ, era stata confermata all'agenzia Keystone-ATS dalla presidente della Commissione della politica di sicurezza del Nazionale Priska Seiler-Graf (PS/ZH). Una mossa, questa, che non è piaciuta particolarmente al Consiglio federale, come ribadito dal suo portavoce, Andrea Arcidiacono, all'inizio della conferenza. «Le indiscrezioni stanno causando notevoli disagi», ha affermato Arcidiacono. Questa mattina, infatti, il Dipartimento federale della difesa (DDPS) ha rivelato di aver sporto denuncia penale contro ignoti per le indiscrezioni pubblicate dalla Neue Züricher Zeitung (NZZ).
Tuttavia, prima di affrontare il «tema della giornata», Viola Amherd ha riferito che il Consiglio federale ha approvato il messaggio 2025 sull'esercito per un valore di 1,7 milioni di franchi, dopo aver preso atto della partenza di Süssli e Dussey. L'esercito, dunque, acquisterà presto armamenti per un totale di 1,5 miliardi di franchi. Altri 185 milioni di franchi saranno spesi per «progetti immobiliari del DDPS» (nello specifico per alloggi più moderni per le truppe). Inoltre, l'esecutivo sottoporrà di nuovo alle Camere federali il decreto riguardante la messa fuori servizio degli aerei da combattimento F-5 Tiger.
Non solo. Nella sua dichiarazione sul messaggio dell'esercito, la consigliera federale ha elencato rapidamente tutti i progetti che verranno ampliati. Una mossa, questa, che come scrive il Blick, è sembrata «una risposta ai politici che negli ultimi mesi hanno ripetutamente accusato lei e i vertici dell'esercito di non avere un piano adeguato per l'armamento dell'esercito nei prossimi anni». Tra le misure, si prevede di spendere 110 milioni di franchi per migliorare l'informatica e 72 milioni per l'introduzione di un nuovo software per lo scambio di dati. E non solo. Viola Amherd, infatti, ha anche parlato di alloggi modulari per le reclute.
Ecco Süssli e Dussey
Ma arrivando all'argomento del giorno, ecco che davanti ai media compaiono anche il capo dell'esercito Süssli e il capo dei servizi segreti Dussey. Come prima cosa, Viola Amherd torna a parlare, con amarezza, della fuga di notizie sulle loro dimissioni. «Purtroppo la notizia delle dimissioni è già di dominio pubblico. I documenti riservati erano a disposizione dei media già un'ora dopo la loro distribuzione. Non è una critica ai giornalisti, ma la conseguenza è che i più stretti collaboratori di Süssli e Dussey hanno appreso la notizia dai media, e non da loro», osserva, dispiaciuta, la ministra della Difesa. «Ho ricevuto le dimissioni il 20 e il 30 gennaio. Come consuetudine, abbiamo fatto una riunione per discutere i passi successivi. Nel frattempo si erano svolti il WEF, la Conferenza sulla sicurezza di Monaco e le vacanze del Consiglio federale», ha aggiunto la ministra della Difesa, rispondendo a chi la accusa di non aver informato il governo sulla questione. «Vorrei una spiegazione su come si sarebbe potuto fare più rapidamente», ha sottolineato Amherd, spiegando di aver anche discusso con Süssli per decidere le sue dimissioni dovessero essere annunciate solo dopo l'elezione del suo successore.
La parola, dunque, è passata allo stesso capo dell'esercito. Süssli, come prima cosa, ha ripercorso il periodo in cui è stato in carica. Periodo in cui ha concentrato la sua vita «sull'adempimento del suo incarico». Una posizione per la quale, inizialmente, non si era candidato, ma della quale, con il tempo, è stato felice di accettarne la responsabilità. Nel suo intervento, Süssli ha ringraziato la sua famiglia per il sostegno. «Il COVID è arrivato due mesi dopo il mio insediamento», ricorda il capo dell'esercito, pensando ai momenti più difficili di questi anni. «Ogni volta che c'erano frane, l'esercito era sempre presente». Parlando delle sue dimissioni, Süssli ha anche aggiunto che, «nonostante quanto scritto dai giornali», la collaborazione con la responsabile del Dipartimento «è stata buona» e la ringrazia per il tempo che gli ha dedicato.
Dal canto suo, Christian Dussey, una volta presa la parola, ha ringraziato i suoi colleghi, la sua famiglia e gli amici per il loro sostegno, spostando l'attenzione sulla difficile situazione mondiale e sulle crescenti esigenze dei servizi segreti. «La lotta contro il terrorismo è un compito difficile, visto l'indebolimento delle prospettive finanziare del governo federale», ha dichiarato, dicendosi «preoccupato» per la situazione e citando il terrorismo, l'estremismo e la criminalità informatica, ma anche il cambiamento generale della situazione della sicurezza internazionale. Dussey, inoltre, ha ammesso, facendo autocritica, che la riforma da lui avviata nei servizi segreti «non ha ancora ottenuto i risultati sperati». Non solo. Dussey si è anche detto «molto scioccato» per la scarsa qualità delle indagini sui dipendenti. A causa delle grandi sfide attuali, il direttore del Servizio attività informative della Confederazione ha dichiarato che non lascerà il suo lavoro al servizio dell'intelligence fino a marzo 2026.
«Non era necessario dirlo prima»
Al termine degli interventi, Viola Amherd, rispondendo alle domande, è tornata a parlare delle critiche ricevute per non aver informato anticipatamente i colleghi del Consiglio federale. «Non era necessario informarli più rapidamente. È stato un processo ordinato, con tempo sufficiente per decidere i successori. Non so a cosa sarebbe servito dirlo prima». E, ancora, incalzata su come il governo possa lavorare insieme, viste le indiscrezioni del Consiglio federale, la ministra della Difesa risponde: «Spero vivamente che saremo ancora in grado di farlo. Ovviamente, però, questi processi non favoriscono il rafforzamento della fiducia nel Consiglio federale».
Un giornalista, invece, si è rivolto ai diretti interessati, chiedendo loro le «vere ragioni» delle dimissioni. Da un lato, Christian Dussey ha riferito di essere stato sottoposto a molte pressioni. Il suo lavoro era diventato «faticoso» e la sua motivazione ne aveva risentito. Più vago, nella risposta, Thomas Süssli, che ha invece dichiarato che quattro o cinque anni a capo dell'esercito sono «normali», ma ora, arrivato a sei anni, pensa sia arrivato «il momento giusto» per mollare.