Dal Richemond in giù, perché gli hotel svizzeri di lusso sono in mani arabe?
A fine 2020, vittima della pandemia, il Richemond aveva chiuso i battenti dopo oltre 140 anni di intensa, anzi intensissima attività alberghiera. Lo scorso febbraio, come ricorda il Blick, l'albergo simbolo di Ginevra è stato acquistato per 114 milioni di franchi dal gruppo emiratino Jumeirah. L'obiettivo? Avviare importanti opere di rinnovo e accogliere, di nuovo, i clienti nel 2025. Così Hasni Abidi, docente presso il Global Studies Institute dell'Università di Ginevra: «L'acquisto dell'hotel Richemond da parte degli Emirati Arabi Uniti è un test per verificare se gli investimenti in Svizzera sono redditizi. Se così fosse, credo che avrebbero i mezzi e la volontà di investire ulteriormente».
In precedenza, Katara Hospitality – una filiale del fondo sovrano del Qatar – aveva aperto il portafogli e fatto ampia spesa nella Confederazione: il Royal Savoy di Losanna nel 2009, lo Schweizerhof di Berna nel 2013 e, prima ancora, nel 2007, il Bürgenstock di Lucerna. Gli Emirati Arabi Uniti, dal canto loro, grazie a Dubai Holding hanno messo le mani su diverse strutture in Europa prima, appunto, di mettere le mani sul Richemond di Ginevra.
La strategia politica
La volontà di espandersi in Svizzera, leggiamo, fa parte di una strategia precisa elaborata dai fondi sovrani dei Paesi del Golfo. Una questione di diversificare gli investimenti in Europa e, parallelamente, affrontare la cosiddetta era post-petrolifera. Ancora Abidi: «Questi Paesi sono consapevoli della transizione ecologica in corso e stanno anticipando le perdite finanziarie causate dalla diminuzione dell'uso dei combustibili fossili da parte dei Paesi occidentali».
Si dice, al riguardo, che gli Stati del Golfo abbiano una particolare attrazione per gli edifici più noti. «Questi gruppi incaricano società specializzate di trovare la perla rara, ovvero luoghi con una posizione geografica interessante e un valore storico, economico e finanziario». Yvan Schmidt, specialista in economia immobiliare e direttore di YS advisory, è della stessa opinione: «I palazzi svizzeri sono attraenti perché sono proprietà prestigiose. Un altro fattore di interesse per questi Paesi è la protezione del loro capitale, spesso molto consistente».
Questa strategia economico-finanziaria ben ponderata non è tuttavia priva di calcoli politici, prosegue il Blick. Calcoli che rendono labile il confine tra la sfera pubblica e quella privata. «Acquistare rinomati alberghi in Svizzera significa anche darsi visibilità all'estero, porsi come interlocutore privilegiato delle autorità politiche ed economiche occidentali e migliorare la propria immagine di investitore solido e affidabile» dice Abidi.
E gli svizzeri?
E gli investitori svizzeri? Possibile che alberghi così prestigiosi non interessino a livello locale? Di nuovo Schmidt: «Gli investitori stranieri sono disposti a pagare un prezzo elevato e hanno obiettivi di rendimento inferiori rispetto agli investitori svizzeri, che tendono a essere più analitici. Il mercato svizzero è interessante per la sua stabilità economica e politica, che rende questi investimenti relativamente sicuri».
Secondo Vinzenz van der Berg, responsabile della comunicazione in seno a HotellerieSuisse, il fatto che si tratti di investitori elvetici o stranieri è di secondaria importanza: «L'importante per l'industria turistica svizzera è che si continui a investire. Tuttavia, è sempre auspicabile che le aziende che operano in Svizzera rappresentino i valori del Paese e li incorporino nelle loro attività.»
Acquisti di breve durata?
Tempo fa, sulla scia di quanto stava accadendo con Credit Suisse, Inside Paradeplatz aveva pubblicato l'indiscrezione secondo cui i tre alberghi svizzeri di Katara fossero in vendita, affinché il Qatar rientrasse dalle perdite accumulate a causa della banca. Pochi giorni dopo, il gruppo alberghiero aveva smentito la notizia. L'incertezza, di fondo, tuttavia rimane: questi Paesi del Golfo rimarranno a lungo in Svizzera? «Questi Stati non sono in Svizzera per beneficenza, per salvare la cultura o la storia, ma sono guidati da una logica commerciale» sottolinea Abidi. «Quindi, se ritengono che ci sia un interesse a vendere un palazzo, sono pronti a separarsene». Inoltre, secondo l'esperto, i costi di manutenzione dei palazzi svizzeri sono molto elevati, quindi è difficile ottenere un ritorno sugli investimenti fatti per la ristrutturazione.
Per lo specialista Yvan Schmidt, la rivendita fa parte del gioco: «Quando diciamo che nulla dura per sempre, ciò è ancora più vero per questo tipo di acquisizione». Gli ultimi mesi non sono stati favorevoli agli investimenti esteri: «La decisione del Consiglio federale di permettere a UBS di rilevare Credit Suisse riflette una forma di instabilità giuridica che può dare l'impressione che gli investimenti in Svizzera non siano così vantaggiosi come si pensava in precedenza».