Disastro in Mesolcina, e la mente corre alla frana di Bondo
Detriti. Fango. Case distrutte, spazzate via. Dispersi. Questi gli elementi che caratterizzano il disastro avvenuto nelle scorse ore in Mesolcina e, in particolare, a Lostallo e nella frazione di Sorte. Elementi che riportano la mente anche a un'altra tragedia avvenuta sempre nei Grigioni. Parliamo della frana di Bondo, che il 23 agosto del 2017 colpì la Bregaglia, causando ferite che, ancora oggi, non sono del tutto rimarginate.
Da un lato la montagna. Dall'altra il fiume, la Moesa, e il cielo. A Bondo, la causa scatenante del disastro fu una frana. Ieri, a Sorte, un nubifragio, di una potenza inaudita. Due fenomeni naturali che portano, però, allo stesso risultato. E che, soprattutto, causano lo stesso dolore, la stessa disperata ricerca di sopravvissuti.
È inevitabile, dunque, tornare con la mente a quanto accadde in quella mattina di fine agosto in Bregaglia. Dalla tragedia che colpì Bondo sono passati quasi sette anni, ma il ricordo è più vivo che mai. E non può che amplificarsi, osservando le immagini che arrivano in queste ore dalla Mesolcina.
La mattina del 23 agosto 2017, si staccarono dalla cima del Pizzo Cengalo oltre tre milioni di metri cubi di granito, legname e fango, che travolsero la valle sottostante. Le immagini di quel momento, riprese in video da Reto Salis – che ai tempi gestiva con sua moglie il ristorante della Capanna di Sciova – catturarono la montagna mentre, improvvisamente, esplose. In pochissimo tempo, le prime cascine vennero spazzate via da un mare di detriti. Lo stesso mare di detriti che, poco dopo, cominciò ad avanzare inesorabilmente verso il fondo valle, costringendo all'evacuazione di tutto il villaggio.
Come ci raccontò Sergio Engel, comandante dei pompieri di Bregaglia, nel reportage di Prisca Dindo nell'agosto 2022, nell'aria si respirava «un'atmosfera strana». «In un primo momento dal paese non si vedeva quanto stava succedendo in alto. C'era soltanto uno strano vento che usciva dalla val Bondasca e un odore molto forte di terra bagnata». Impossibile da dimenticare.
Anche in quel caso, come successo ieri, si bussò di casa in casa, per invitare tutti i residenti ad allontanarsi immediatamente dall'area. «I pompieri avevano il compito di bussare a ogni porta, e io avevo paura di dimenticare qualcuno», ci confidò Engel. Fortunatamente, però, tutto funzionò alla perfezione e gli abitanti furono sfollati, mentre la frana divorava il ponte sul fiume della Bondasca. Proprio come accaduto ieri, con il ponte sulla Moesa a Sorte.
Neanche a Bondo, però, si poté tirare un sospiro di sollievo. Sebbene la popolazione fosse stata debitamente messa in salvo, un gruppo di otto escursionisti venne travolto dalla furia sprigionatasi dal Cengalo. Tra di loro c'erano quattro tedeschi, due austriaci e due svizzeri. I loro corpi non vennero mai ritrovati. E per questo motivo, ancora oggi, la tragedia non è stata archiviata. I parenti degli escursionisti dispersi si sono infatti opposti all'archiviazione del procedimento deciso dai tribunali grigionesi. Il Tribunale federale, negli scorsi anni, ha accolto il loro ricorso e ordinato la riapertura dell'inchiesta. Come emerso a inizio gennaio di quest'anno, cinque persone risultano indagate in relazione a quanto accaduto a Bondo. Il reato, ipotizzato dalla Procura dei Grigioni, è quello di omicidio colposo plurimo.
Gli inquirenti si sono basati su una perizia privata del geologo vodese Thierry Oppikofer, resa nota a dicembre 2023. Secondo quest'ultima, la frana era stata «preannunciata da numerosi esperti» e le autorità, non scegliendo di chiudere in anticipo i sentieri di montagna, avevano corso «un rischio inaccettabile». Rischio che, a tutti gli effetti, si trasformò in una tragedia.