Il reportage

Dopo l'inondazione in Vallese, è tempo di ricostruire e riflettere

Come è cambiata la vita a Sierre? A due mesi dalla forte alluvione che ha devastato il comune, ci siamo recati nella cittadina vallesana, dove abbiamo raccolto la testimonianza di chi ha vissuto il dramma sulla propria pelle
© CdT/Chiara Zocchetti
Matteo Casali
07.09.2024 06:00

Prima di presentare le testimonianze di chi ha vissuto in prima persona il disastro naturale che ha colpito Sierre a fine giugno, occorre fare un passo indietro e ripercorrere la storia recente di questo comune.

Sierre è una tranquilla città operaia del Vallese, si trova sulla Piana del Rodano e conta circa 17.000 abitanti.

L’industria dell’alluminio

A Sierre, due multinazionali, Novelis e Constellium, producono e riciclano alluminio, danno lavoro a più di un migliaio di persone. Un vero e proprio ecosistema ruota attorno a queste imprese, il cui indotto è molto elevato. Dipendenti, negozi, ristoranti e le stesse istituzioni locali beneficiano direttamente e indirettamente della presenza delle imprese. A metà del XX secolo, nel pieno di un’economia capitalista e paternalista, il Vallese – ricco di risorse idroelettriche - era il luogo ideale per insediare ditte che lavorassero il metallo. Decine di abitazioni sono state costruite attorno alle aziende dell’epoca – come Alusuisse, che era la più importante – e affittate agli operai.

Molte di queste case, ora fatiscenti, si trovano nel quartiere Sous-Géronde, area popolare che si affaccia sul Rodano.

In alcune abitazioni vivono tuttora i lavoratori, giunti soprattutto dall’Italia negli anni ’50 e ’60, o i loro figli. Il quartiere è anche definito Little Italy. Un’altra caratteristica: parecchie case sono oggi di proprietà di un grande gruppo immobiliare, e le persone vi abitano in affitto, come ai vecchi tempi.

La tempesta di fine giugno

La vita degli abitanti di Sierre è stata sconvolta la sera del 29 giugno scorso quando, a seguito di forti piogge, il Rodano è fuoriuscito dai suoi argini e ha allagato le aree circostanti. La furia del corso d’acqua in piena ha colpito fortemente la Sous-Géronde, così come parti di altri quartieri, e gli stabilimenti delle due multinazionali, causando danni per milioni. Terra, sabbia, tronchi si sono dunque abbattuti contro le fragili abitazioni, l’acqua è penetrata sia nelle cantine, allagandole completamente, sia all’interno delle abitazioni, superando il metro d’altezza.

A due mesi dall’inondazione abbiamo incontrato Cem Pekcan, ex abitante di una delle vecchie case che si affacciano proprio sul Rodano. Usiamo la preposizione “ex”, perché una misura d’evacuazione straordinaria presa dal Comune di Sierre, a cui hano aderito circa 140 persone, ha reso la zona quasi inabitata.

La storia di Cem, originario della Turchia, è particolare: sposato e padre di una bambina di 11 anni, pianificava di aprire il 2 luglio il ristorante Le Lion d’or, proprio nel quartiere dove abitava, la Sous-Géronde. Ma non è finita qui, perché a maggio di quest’anno, il gruppo proprietario della casetta bifamiliare – parte del comparto “case Alusuisse” – in cui Cem riesedeva con la famiglia, ha comunicato la disdetta entro novembre prossimo a tutti gli inquilini, per effettuare lavori di ristrutturazione.

La tempesta non ha lasciato il tempo di organizzare un trasloco o la ricerca di un nuovo appartamento.

Racconto di uno sfollato

Incontriamo Cem davanti al Lion d’or, il paesaggio che ci circonda è impressionante, tutte le proprietà del quartiere sono circondate da cumuli di terra e sabbia alti più di un metro, solo le strade sono sgombre.

«La sera sapevamo che sarebbe arrivato il temporale, c’era un’allerta meteo, ma nessuno poteva immaginarsi quello che poi è accaduto», ci racconta Cem. «Già giovedì 21 giugno, il Rodano ha raggiunto un’altezza preoccupante ed è leggermente fuoriuscito dagli argini. Pensavamo che il pericolo fosse passato».

Trascorre una settimana. «Venerdì 29, verso le 22 sentiamo bussare forte alla porta. Erano i pompieri, hanno dato a noi e agli altri inquilini quindici minuti per abbandonare la casa, poiché il fiume cresceva molto velocemente». E prosegue: «Quella sera, e per le settimane successive, siamo stati ospitati da un amico; fuori le sirene dei soccorsi hanno suonato tutta la notte». Sospira, e continua il racconto: «Il giorno dopo leggiamo le prime notizie: le autorità avevano dato l’ordine di evacuare tutte le abitazioni della Sous-Géronde. Decido poi di recarmi al ristorante con mia moglie e il mio amico. Avevo parcheggiato la macchina la sera prima davanti al locale, sapevamo che sarebbe piovuto e pensavamo che a duecento metri dal Rodano, il veicolo sarebbe rimasto al sicuro. E invece no, la nostra macchina è stata distrutta dalla corrente e dai detriti».

Cem, visibilmente scosso, spiega: «Anche il ristorante era devastato. Tutta la merce in cantina era persa, all’entrata le piastrelle sono state sradicate, anche l’area bar così come la cucina hanno subito gravi danni. Eravamo sconcertati da ciò che avevamo di fronte e non abbiamo potuto far altro che piangere. Bisogna comunque guardare avanti, continuo a lavorare per aprire il ristorante il prima possibile».

C’è anche tanta amarezza nelle sue parole. «È da 20 anni che le autorità programmano di fare lavori per arginare il Rodano in maniera più efficace in tutto il cantone, ma nulla è stato fatto. Gran parte di ciò che è andato perso è coperto dall’assicurazione, però è da due mesi che non ho uno stipendio, sarà così finché non aprirò il ristorante; la famiglia è sostenuta dai miei risparmi e dal lavoro part time di mia moglie. È anche stato d’aiuto il contante che la Catena della Solidarietà ha raccolto per gli sfollati».

Ci rechiamo nelle abitazioni Alosuisse. Dopo il nubifragio, il Comune di Sierre ha posizionato numerosi blocchi di cemento come misura provvisoria di contenimento. L’acqua non è arrivata nell’appartamento di Cem, la cantina, invece, è ancora ricoperta da fango.

«Qui ormai non potremo più abitare, per fortuna sono riuscito a trovare un nuovo alloggio da inizio agosto» conclude Cem, prima di salutarci calorosamente.

Il punto con le istituzioni

Nel pomeriggio incontriamo il sindaco di Sierre, Pierre Berthod, e la vicedirettrice del Centre Médico-Social (CMS), Isabelle Pralong. La Città ha istituito un punto di aiuto proprio alla Sous-Géronde, subito dopo l’allagamento.

Il CMS, che si occupa di cure a domicilio, ha ricevuto dal Comune, il mandato di aiutare le persone in condizioni di bisogno. Ha offerto supporto logistico, indicando alloggi liberi, foyer temporanei, posti letto negli alberghi e dato supporto psicologico.

Anche a Berthod chiediamo come ha reagito la mattina del 30 giugno alle notizie che descrivevano la portata dell’evento: «È stato un sollievo sapere che non vi fossero né morti né feriti. Poi ho cominciato a pensare alle conseguenze socioeconomiche; con il Municipio abbiamo preso le prime misure per aiutare e mettere in sicurezza la popolazione. Non c’era nessun ponte aperto sopra il Rodano dall’Alto Vallese fino a Granges. La caserma dei pompieri era inondata, così come la Sous-Géronde, altri quartieri, la zona industriale e la stazione di depurazione delle acque».

Isabelle Pralong, dal canto suo, ci dà qualche dato: «Tra le 150 e le 200 persone si sono rivolte al nostro help point alla Sous-Géronde». E Berthod aggiunge: «Bisogna ricordare che non solo la Sous-Géronde è stata colpita, ma anche altri quartieri. Infatti, circa 500 persone hanno trovato un altro alloggio temporaneamente. Abbiamo indirizzato molti al foyer della protezione civile e in hotel; altri, invece, se la sono cavata da soli».

Oltre alla copertura assicurativa privata, le persone hanno potuto beneficiare di un aiuto economico esterno?, chiediamo.

Pralong ci risponde: «Sì, oltre al mandato di assistenza, abbiamo anche creato dossier con i nomi di chi aveva subito i danni maggiori. Poi i documenti sono stati inviati alla Catena della Solidarietà».

Infatti, a inizio luglio, più di 10 milioni di franchi sono stati ripartiti per aiutare le vittime delle alluvioni in Ticino, Grigioni e Vallese.

Riflessione sulle valli

Un’ultima domanda riguarda il dibattito che si è acceso a seguito dei disastri naturali che a giugno si sono abbattuti sulle valli nei Grigioni, Glarona e Berna. Alcuni ricercatori intervistati dalla NZZ sostenevano che le valli hanno vita breve: lo spopolamento sarebbe inevitabile, e si chiedevano se alle istituzioni convenga ancora sostenere economicamente queste aree.

Il sindaco risponde: «Per me è un falso dibattito; le valli non si toccano». E aggiunge: «In Svizzera le montagne sono ovunque, persino a Zurigo. I problemi non sono solo le inondazioni o le frane nei paesi in altura, le catastrofi climatiche possono colpire anche le città». Berthod ci congeda con un’ultima riflessione: «Il Vallese è un cantone di montagna, sarebbe impensabile far traslocare la gente. Bisogna rispettare le persone. Gli altopiani e le valli sono abitati da millenni e hanno una ricca tradizione».