L'intervista

Ecco come l'accordo di libero scambio migliorerà i rapporti fra India e Svizzera

A tu per tu con Ralf Heckner, ambasciatore svizzero in India e Bhutan: «La Confederazione avrà un accesso preferenziale al grande mercato indiano»
© DFAE
Stefania Briccola
09.07.2024 15:36

La diplomazia elvetica getta le basi per offrire nuove opportunità alla Svizzera in India e Bhutan. Le recenti elezioni, nel Paese con più abitanti al mondo, hanno riconfermato premier Narendra Modi, al suo terzo mandato. La democrazia, nella Repubblica parlamentare federale, sembrerebbe in buona salute e promette ulteriori progressi. L’India è un Paese che sta cambiando sempre più velocemente, ma anche una potenza economica in ascesa, che ha buoni rapporti con la Svizzera. In particolare dopo l’accordo di libero scambio, che vedrà nei prossimi anni 15 miliardi di franchi svizzeri di investimenti. Un traguardo importante, raggiunto dopo anni di trattative, che porterà anche notevoli risparmi sui dazi doganali. Abbiamo parlato con Ralf Heckner, ambasciatore svizzero in India e Bhutan, delle prospettive future dei rapporti bilaterali, all’indomani di alcune svolte politiche ed economiche nel subcontinente e nello Stato himalayano più felice del mondo. L’India si prepara a diventare la terza potenza economica mondiale e il Bhutan promette di stupire con il progetto di Mindfullness City, a Gelephu, voluto dal re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck, che sta richiamando l’attenzione internazionale. La Svizzera è pronta a raccogliere sfide che la porteranno lontano. Partendo da storiche relazioni culturali. Negli anni Cinquanta, infatti, Le Corbusier fu chiamato da Jawaharlal Nehru a progettare la capitale del neonato Stato del Punjab, mentre l’industriale svizzero-tedesco Fritz von Schulthess-Rechberg creò un duraturo legame d’amicizia con l’allora re del Bhutan, Jigme Dorji Wangchuck.  

Ambasciatore Heckner, come è cambiata l’India negli ultimi anni?
«Se il mondo di oggi cambia velocemente, l’India cambia ancor più rapidamente. Credo che lo scopo di un rappresentante diplomatico svizzero sia anche quello di informare Berna sul livello dei cambiamenti in atto nel Paese in cui è stato inviato. L’India è la quinta potenza economica mondiale, ma nel futuro è molto probabile che diventi la terza. Dai miei colloqui con gli indiani emerge una visione decisamente ottimistica sul futuro del Paese che, secondo loro, non potrà che migliorare. Gli svizzeri possono imparare molto dall’India. Sono rimasto colpito dal livello di digitalizzazione del Paese e dal cosiddetto India Stack, sviluppato già prima del governo Modi e realizzato durante i suoi due mandati, che permette l’inclusione finanziaria di una grande maggioranza della popolazione. Nello specifico, il progetto coinvolge tre elementi fondamentali: l’identità digitale, i pagamenti cashless e il data management». 

Quali scenari futuri si prospettano in India con la rielezione e il terzo storico mandato di Narendra Modi?
«Penso che la popolazione indiana abbia votato per avere stabilità e continuità politica. Il premier Modi, al suo terzo mandato, continuerà a lavorare per raggiungere un obiettivo ambizioso. Ovvero, che l’India nel 2047 diventi un Paese economicamente avanzato. Questa è la missione del governo Modi, il quale darà priorità politica all’economia e alle riforme. La Svizzera si è ben posizionata, dato che l’India guarda con interesse ai nostri investimenti e al settore dell’innovazione».

Tornando alle recenti elezioni, che hanno riconfermato Modi, stiamo parlando di 642 milioni di cittadini andati al voto, di cui 312 milioni di donne, e di un Paese complesso, multilingue, multietnico e caratterizzato dal pluralismo religioso, che vuole essere moderno. Quali sono i segnali di un dibattito politico e sociale in un'India che desidera essere una democrazia evoluta?
«La popolazione indiana è andata al voto per scegliere il Parlamento e ha optato per il governo Modi in modo da avere continuità e stabilità; tuttavia, anche l’opposizione è uscita rafforzata dalle elezioni. Poi c’è tutto il discorso del federalismo che è un fattore politicamente importante. L’India è una Repubblica federale e in futuro ci saranno elezioni a livello dei singoli Stati, dopo quelle nazionali. Il processo democratico del federalismo rispecchia l’immensa diversità e varietà che caratterizza l’India. Per quanto riguarda la rappresentanza femminile nel sistema politico, c’è un progetto di legge importante, il Women’s Reservation Bill, votato durante il secondo governo Modi. Questo prevede che un terzo dei seggi in Parlamento sia riservato alle donne, ma entrerà in vigore solo dopo il prossimo censimento della popolazione. Il censimento è una delle cose importanti che questo governo dovrà fare perché poi, appunto, potrà entrare in vigore la legge a favore di una maggiore partecipazione delle donne alla vita politica».       

Quali opportunità dà alla Svizzera l’accordo di libero scambio con l’India siglato di recente insieme ai Paesi dell’EFTA, European Free Trade Association, Liechtenstein, Islanda e Norvegia?  
«L’accordo di libero scambio è stato concluso nel maggio di quest’anno, mentre la ratificazione si farà nei prossimi mesi, poi ci sarà l’implementazione. Questo accordo offre un vantaggio notevole all’economia svizzera rispetto, per esempio, ai Paesi europei che invece non hanno un accordo di libero scambio con l’India. Poi c’è l’accesso a un gradissimo mercato e ci sono risparmi importanti sui dazi doganali, che si aggirano sui 160 milioni di franchi svizzeri. Un accordo di libero scambio ha come scopo anche quello di promuovere il commercio. La Svizzera ha promesso all’India un pacchetto di investimenti fino a 100 miliardi di franchi nei prossimi 15 anni. Si tratta di un accordo bilanciato e favorevole per entrambi i partner: la Svizzera e i Paesi EFTA godono di un accesso preferenziale al grande mercato indiano, mentre l’India riceve investimenti che creano posti di lavoro per i suoi giovani. Inoltre, l’India ha promesso il tappeto rosso per le imprese svizzere e delle condizioni di investimento favorevoli. Questo accordo è quindi cruciale per l’industria dei macchinari (machine tool industry) e per le piccole e medie imprese».

Come vede la posizione dell’India e dei BRICS alla Conferenza di pace tenuta di recente in Svizzera per la soluzione del conflitto Russia-Ucraina?
«Sono un osservatore della diplomazia indiana. In quanto tale, posso dire che per quanto riguarda il conflitto in corso, la diplomazia indiana si è espressa contro la guerra, a favore del dialogo e della pace, cosa che spiega anche la presenza dell’India al recente summit tenuto in Svizzera. Questa partecipazione è stata vista molto positivamente dalla Svizzera. Sia per il fatto che l’India è uno dei Paesi BRICS sia perché potrà avere, in futuro, un ruolo maggiore per quanto riguarda la costruzione della pace in Ucraina».

Le Corbusier è uno dei costruttori dei nostri rapporti bilaterali: ha progettato la capitale del Punjab dopo l’indipendenza dell’India e la separazione dolorosa tra India e Pakistan

Nel 1952 Jawaharlal Nehru, allora primo ministro indiano, invitò Le Corbusier a disegnare il progetto di una capitale per il neonato Stato del Punjab. Che significato assume oggi l’opera del grande architetto svizzero in India?
«Le Corbusier è uno dei costruttori dei nostri rapporti bilaterali: ha progettato la capitale del Punjab dopo l’indipendenza dell’India e la separazione dolorosa tra India e Pakistan. Chandigarh si è adattata allo sviluppo della popolazione, dell’economia e alle esigenze di chi vi abita. È inoltre una delle città più vivibili dell’India. L’eredità di Le Corbusier, come pianificatore e costruttore di Chandigarh, rimane intatta fino a oggi. L’architettura svizzera ha un’ottima reputazione in India e me ne sono reso conto soprattutto quest’anno, quando abbiamo avuto ospite l’architetto svizzero Peter Zumthor. Gli indiani hanno mostrato un grande interesse per il vincitore del Pritzker Prize 2009, hanno riempito le sale e si sono mossi dal sud al nord del subcontinente per ascoltarlo e incontrarlo nel tour di conferenze tenute da Delhi a Chandigarh, fino a Mumbai. Questo mi ha fatto capire che l’architettura è uno dei pilastri del nostro Paese in India. Qui gli architetti svizzeri hanno costruito non solo città e monumenti importanti, ma hanno anche contribuito alla costruzione dei nostri rapporti bilaterali fino a oggi».

Lei è anche ambasciatore in Bhutan, il piccolo Stato himalayano, famoso per la «felicità interna lorda» che è considerata uno dei suoi pilastri. Come sono le relazioni tra Svizzera e Bhutan?
«Nei nostri rapporti con il Bhutan, la cosa sorprendente è vedere come alcuni svizzeri abbiano avuto un profondo impatto in questo Paese. Mi riferisco, per esempio, all’imprenditore svizzero-tedesco Fritz von Schulthess-Rechberg, che già negli anni Cinquanta era amico del re Jigme Dorji Wangchuck. Abbiamo una storia bilaterale lunga con questo Paese: la Svizzera è stata dapprima presente con un industriale e poi attraverso la Cooperazione e delle ONG svizzere. Dopodiché, abbiamo deciso di operare un cambiamento strategico, optando per una cooperazione economica e commerciale con il Bhutan. Abbiamo organizzato varie delegazioni, che hanno portato a risultati importanti dal punto di vista dello sfruttamento delle potenzialità delle ditte svizzere nel Paese himalayano. Ora guardiamo con interesse al progetto di Mindfullness City, voluto dal re Jigme Khesar Namgyel Wangchuck. Il sovrano è convinto che il Bhutan debba avere un approccio diverso al mondo di oggi, che cambia velocemente. Questa sfida si sente molto chiaramente nella volontà di creare a Gelephu una città attraente non solo per gli investimenti stranieri, ma anche per persone di alto livello intellettuale, professori e innovatori con interesse verso la natura e i valori del buddismo. Il progetto riflette una nuova visione di città in grado di cogliere lo Zeitgeist e basata sull’immagine e i valori del Bhutan».

Ha partecipato alla presentazione ufficiale del re del Bhutan del progetto di Mindfulness City alla comunità internazionale?
«Ho incontrato a lungo in marzo il re del Bhutan e il gruppo di persone responsabili della realizzazione del progetto, tra le quali l’ex premier. In seguito a questi incontri abbiamo deciso di organizzare una delegazione economica svizzera a fine agosto, per gettare le basi di una collaborazione con Mindfulness City. Questo è il progetto più importante per il re e il governo del Bhutan, nonché per il futuro dei nostri rapporti».

Dopo il volume dedicato a Giovanni Battista Pioda, consigliere federale e diplomatico svizzero in Italia, ha in cantiere altri libri?
«La storia è da sempre la mia passione, ma in famiglia la persona che pubblica libri è mia moglie, rimasta nel mondo accademico». 

In questo articolo: