La pandemia

Enos Bernasconi: «Siamo protetti, è improbabile che si torni ai piedi della scala»

Di fronte alla preoccupazione causata dalla ripresa dei viaggi dalla Cina, i diversi Paesi si muovono in ordine sparso – Ne parliamo con l’infettivologo ticinese
©MARK R. CRISTINO

Di fronte all’allarme provocato dalla ripresa dei viaggi dalla Cina, dove la situazione pandemica rimane preoccupante, i Paesi procedono in ordine sparso. L’Italia ha deciso di imporre il tampone obbligatorio per chiunque provenga dalla Cina, così come Stati Uniti, Taiwan, India e Giappone. In Svizzera, invece, per il momento si preferisce un approccio più cauto. «Attualmente non è prevista l’introduzione di misure sanitarie alle frontiere», ci ha risposto ieri l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP). «In base alle attuali conoscenze, le varianti ad oggi in circolazione in Cina sono sottovarianti di Omicron, tra cui la nuova BF.7. Non abbiamo indicazioni che questa causi un decorso più grave della malattia rispetto alle mutazioni di Omicron finora conosciute». Una (parziale) conferma in tal senso è arrivata dalla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni che, durante la conferenza stampa di fine anno, ha dichiarato che nei tamponi positivi eseguiti sui primi passeggeri sbarcati con voli diretti dalla Cina il 26 dicembre a Malpensa sono state trovate solo varianti di Omicron già conosciute e diffuse in Europa. E per cui la popolazione ha già acquisito una buona immunità. «La stragrande maggioranza delle persone in Svizzera è vaccinata, è stata infettata o entrambe le cose. Hanno quindi un elevato livello di protezione contro un decorso grave della malattia», fa sapere ancora l’UFSP. «Al momento - prosegue - non riteniamo che l’attuale situazione delle infezioni in Cina rappresenti un rischio maggiore». Fermo restando che «l’UFSP analizza costantemente la situazione e la possibile comparsa di nuove varianti in collaborazione con gli esperti».

Noi e la Cina

Già, ma qual è il parere degli esperti? «Non credo che ci sia il rischio concreto di tornare ai piedi della scala», rassicura il professor Enos Bernasconi, responsabile del Servizio malattie infettive dell’EOC. A causare l’esplosione dei contagi e delle ospedalizzazioni in Cina - ricorda Bernasconi - è la variante Omicron. «Pur essendo molto contagiosa, in Europa non ha provocato grandi danni. Lì, invece, circolando tra una popolazione praticamente vergine dal profilo immunologico, ha prodotto lo stesso effetto che ha avuto inizialmente il ceppo di Wuhan. Per la popolazione cinese questo è davvero un ritorno al passato, a due anni fa». Una situazione determinata da una serie di fattori. «Innanzitutto, le autorità hanno deciso di adottare un approccio molto rigido, con misure restrittive negli ultimi due anni. La circolazione del virus è stata limitata. Quasi azzerata». Inoltre, il tasso di vaccinazione della popolazione cinese è estremamente basso e i vaccini utilizzati - Sinovac e Coronavac - poco efficaci. «Si stima, perciò, che il tasso di immunità acquisito dalla popolazione cinese - tra guariti e vaccinati - non superi il 25%. Un tasso bassissimo, soprattutto se pensiamo che in Svizzera è oltre il 95%».

Varianti vecchi e nuove

Più il virus circola e maggiori sono le probabilità che compaiano nuove varianti del Sars-CoV-2. «Ci sono essenzialmente due possibilità», secondo Bernasconi. «Potrebbero svilupparsi nuove sottovarianti di Omicron oppure potrebbe nascere una variante completamente nuova del virus». Nel primo caso, dice il professore, potremmo stare abbastanza tranquilli: «Dovremmo attenderci piccole recrudescenze delle infezioni, ma non più le ondate del passato. Le sottovarianti in circolazione, infatti, determinano quadri clinici molto simili all’influenza, benché severi per le persone anziane o fragili, soprattutto se non vaccinate». Di fronte a una nuova variante, invece, lo scenario cambierebbe. «Dovremmo capire se e come reagisce la mutazione al vaccino, e che tipo di complicazioni causa».

Niente panico

Per il momento, comunque, è bene non farsi prendere dal panico. Il Comitato per la sicurezza sanitaria dell’Unione europea, che si è riunito per discutere della situazione, ha evidenziato l’importanza di agire in maniera congiunta. «Il coordinamento delle risposte nazionali alle gravi minacce transfrontaliere per la salute è fondamentale», ha twittato. Secondo l’Agenzia europea per le malattie (ECDC), lo screening dei viaggiatori dalla Cina è «ingiustificato», visto che «i Paesi dell’UE hanno livelli relativamente alti di immunizzazione e vaccinazione». Da parte sua, il direttore per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha avvertito che «il COVID non è finito e i Paesi della Regione europea dovrebbero mantenere le capacità di test e sorveglianza». La decisione di alcuni Governi di procedere con una misura di sorveglianza epidemiologica «è giustificata», sottolinea ancora Bernasconi. «I test servono soprattutto al sequenziamento del virus, e quindi sono utili per intercettare la comparsa di nuove varianti». Anche in questo caso, le strategie sono sostanzialmente due: «Si può decidere di attendere, e verificare la comparsa di varianti solo nel caso in cui si assista a un aumento dei contagi, oppure si può agire preventivamente. Capisco le motivazioni dei Paesi che hanno deciso di muoversi, ma comprendo anche le ragioni dell’UFSP, che invece per il momento preferisce prendere tempo, in attesa di vedere come si muoverà l’UE». Al momento, evidenzia infine l’infettivologo, «non abbiamo argomenti così solidi da spingerci ad attivare una sorveglianza particolare».

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