Berna

Firme a pagamento, contromisure in vista: e intanto la Cancelleria si difende

Le indagini in corso sulla falsificazione di sottoscrizioni di iniziative popolari hanno suscitato shock e indignazione a Palazzo - Greta Gysin: «Viene incrinata la fiducia nel nostro sistema» – Giovedì se ne parlerà nella commissione del Nazionale
© KEYSTONE/Jean-Christophe Bott
Giovanni Galli
03.09.2024 18:30

Indirizzi inesistenti, date di nascita inventate, firme di cittadini che non risiedevano nel Comune indicato, persone comparse più volte con sottoscrizioni diverse, interi formulari apparentemente copiati da vecchie iniziative. Sta suscitando shock e indignazione a livello politico la notizia dell’apertura di più procedimenti per frode elettorale da parte della Procura federale. Migliaia di firme sarebbero state falsificate da società attive nella raccolta di sottoscrizioni a pagamento (da 3 a 7 franchi cadauna) nel caso di una dozzina di iniziative popolari. «Sono costernato e indignato, anche se al momento non conosco l’effettiva portata dell’accaduto», ha detto a Keystone-ATS il presidente della Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati Daniel Fässler (Centro/AI), dopo l’inchiesta pubblicata dai giornali Tamedia. Il «senatore» chiede la massima trasparenza: «Voglio sapere dalla Cancelleria federale quando ha saputo la cosa e se ha ricevuto informazioni trasparenti da Cantoni e Comuni». Da parte sua, il consigliere nazionale bernese del PLR Christian Wasserfallen dice di essere irritato dal fatto che la Cancelleria federale fosse al corrente della cosa ma che non abbia comunicato attivamente, così come il Governo.

Un’irritazione condivisa dalla presidente della Commissione delle istituzioni politiche del Nazionale Greta Gysin (Verdi), che ora intende subito attivarsi per adottare contromisure. «Si sapeva che esistevano problemi, come nel caso degli argomenti falsi utilizzati nella raccolta delle firme per il referendum contro il congedo paternità. Ma qui siamo in presenza di falsificazioni sistematiche di firme, che metteno a repentaglio la democrazia diretta e incrinano la fiducia nel nostro sistema». La consigliera nazionale ticinese, che metterà il tema all’ordine della giorno della riunione commissionale di giovedì e venerdì, vuole agire in due direzioni.

Chiarimenti alla Cancelleria

Per prima cosa, spiega, vuole un chiarimento da parte della Cancelleria federale, che pur essendo da tempo a conoscenza del problema, non aveva detto nulla quando si trattava di decidere in Parlamento sulla proposta (poi respinta) di vietare la raccolta di firme a pagamento: «Magari in quell’occasione qualche collega avrebbe cambiato avviso». Si tratta di sapere perché il Parlamento non è stato informato e che cosa è stato fatto negli ultimi due anni per contrastare il fenomeno. In secondo luogo, dice Gysin, andranno discusse anche misure urgenti «allo scopo di ripristinare la fiducia». La sua intenzione è di riportare sul tavolo la proposta di vietare la raccolta di firme a pagamento, «perché c’è un problema di democrazia».

Divisi sul divieto

Una proposta analoga era già stata bocciata a due riprese dal Parlamento, l’ultima volta nel 2023. La verde ginevrina Léonore Porchet aveva presentato un’iniziativa intitolata «Chi monetizza la democrazia raccoglie demagogia». Secondo la maggioranza, gli articoli del Codice penale contro la frode e la corruzione elettorale erano già sufficienti per scongiurare derive. Il divieto, inoltre, sarebbe difficile da attuare. Da parte sua Christian Wasserfallen, anch’egli membro della commissione, dice non credere al divieto di raccolta firme a pagamento. Le piccole associazioni sarebbero penalizzate e i diritti dei cittadini sarebbero limitati:«La raccolta di firme a pagamento non è un problema, purché si svolga correttamente». Contrario anche il capogruppo UDC Thomas Aeschi (ZG): «Abbiamo il diritto di raccogliere le firme come vogliamo». Dal momento che per i referendum il lasso di tempo per trovare le sottoscrizioni necessarie è limitato - 100 giorni - è quindi più probabile che si ricorra all’aiuto esterno.

Il consigliere nazionale Roger Nordmann (PS/VD) formula un’altra proposta: chiedere a un campione di firmatari se riconoscono la propria firma e se era loro intenzione sostenere l’iniziativa. Se le risposte lasciano emergere dubbi sull’effettivo raggiungimento del numero minimo di sottoscrizioni, allora andrebbero verificate tutte le firme e dichiarate nulle le iniziative che non raggiungono chiaramente quota 100 mila.

MpS: giro di vite in Ticino

Ci sono due Cantoni che hanno espressamente vietato la raccolta di firme a pagamento per le iniziative cantonali e comunali e i referendum. Si tratta di Ginevra e Neuchâtel. In Ticino, l’MpS aveva già proposto un giro di vite nel 2017 ma senza successo. Ora i deputati al Gran Consiglio Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini tornano alla carica con un’iniziativa parlamentare che chiede di vietare di offrire ricompense pecuniarie a persone che raccolgono firme per iniziative popolari o referendum cantonali o comunali. «Poiché la raccolta delle firme implica un interesse finanziario per chi le raccoglie, è evidente che possa esserci una motivazione ad agire non correttamente, come hanno dimostrato le inchieste presentate in questi giorni».

La Cancelleria, infine, ha parlato

Nel mirino della critica per la sua gestione del caso delle potenziali firme false, la Cancelleria federale ha infine commentato, per la prima volta, ufficialmente la questione. Diversi fattori impongono di trattare con i guanti le situazioni sospette, ha dichiarato giustificando la propria politica di comunicazione. Dopo lo scoop di ieri dei giornali Tamedia sull'avvio di un'inchiesta da parte del Ministero pubblico della Confederazione (MPC) su possibili frodi nelle raccolte firme di iniziative e referendum - il sospetto è che società commerciali che si occupano di svolgere questo compito abbiano falsificato delle sottoscrizioni - diversi parlamentari e addetti ai lavori hanno disapprovato l'operato della Cancelleria federale.

È infatti emerso come essa fosse a conoscenza da tempo della vicenda, ma non abbia informato attivamente in merito. In molti hanno ritenuto incomprensibile che le irregolarità siano venute a galla solo dopo un'indagine dei media.

La Cancelleria ha replicato tramite una dichiarazione diffusa nel tardo pomeriggio, spiegando tra le altre cose perché il pubblico non sia stato ragguagliato prima. «Il segreto d'ufficio, la presunzione d'innocenza, i procedimenti penali in corso e la tutela della libertà di voto impongono di trattare con discrezione i casi sospetti esistenti», si legge nella presa di posizione. La prima preoccupazione è quella di individuare gli eventuali colpevoli, viene aggiunto.