Frontalieri francesi in Svizzera: è polemica sulle indennità di disoccupazione
Il tema, evidentemente, scalda non solo in Ticino. Parliamo dei frontalieri e, nello specifico, delle proposte – ritenute «discriminatorie» – del governo francese, che intende ridurre le indennità di disoccupazione per i lavoratori francesi in Svizzera. Alcune associazioni di categoria, spiega Keystone-ATS, sono pronte ad andare in tribunale. «I frontalieri – spiega un irritato Thomas Fischer, a capo del Groupement transfrontalier européen, organizzazione che vanta 25 mila membri – alle volte sono apprezzati mentre altre sono invidiati o addirittura diffamati».
Grazie ai salari dei lavoratori transfrontalieri, leggiamo, diverse regioni francesi traggono un forte, fortissimo beneficio economico. Il punto, tuttavia, è un altro: le parti sociali, in Francia, stanno ridiscutendo l'accordo sull'assicurazione contro la disoccupazione. Il governo francese spinge affinché vengano trovati 400 milioni di euro in più rispetto all'intesa raggiunta nel 2023. Soldi che, leggiamo, potrebbero spuntare grazie al sistema di compensazione dei lavoratori transfrontalieri. In base alle norme europee, i frontalieri pagano i contributi nel Paese in cui lavorano ma ricevono le prestazioni dove risiedono. Prestazioni calcolate sulla base del salario percepito e, nel caso specifico, spesso più alte rispetto a quelle francesi, in particolare per chi ha lavorato in Svizzera e in Lussemburgo. Fra le proposte, c'è quella di applicare un coefficiente che tenga conto della differenza di tenore di vita fra il Paese in cui si lavora e la Francia. Al riguardo, il ministro del Lavoro, Astrid Panosyan-Bouvet, ha dichiarato di voler ridefinire la nozione di «offerta di lavoro ragionevole» per i frontalieri.
Unédic, l'Union nationale interprofessionnelle pour l’emploi dans l’industrie et le commerce, in un documento interno di fine ottobre ha sottolineato che questo coefficiente «potrebbe essere considerato incompatibile con l'attuale quadro giuridico e richiederebbe una modifica preventiva». Le associazioni dei lavoratori frontalieri, dal canto loro, hanno parlato di misure «discriminatorie» e di essere pronte a trascinare la vicenda in tribunale, come annunciato da Pierre Fleury dell'Amicale des frontaliers, un'associazione che conta 11 mila membri. «È ingiusto» ha detto una di loro, una trentenne impiegata nel marketing a Ginevra. «La Francia sta cercando di usare i pendolari transfrontalieri per assorbire la sua incapacità di gestire la disoccupazione». Della serie: e se a questo punto fosse più conveniente vivere in Svizzera?
Se i lavoratori frontalieri sono preoccupati, chi al momento si trova in disoccupazione ha ammesso di vergognarsi: «Hanno la sensazione di rubare qualcosa alla Francia» ha dichiarato Ibrahima Diao, avvocato dell'Amicale des frontaliers. Il citato regolamento europeo prevede una compensazione finanziaria: il Paese in cui si lavora, in questo caso la Svizzera, versa da tre a cinque mesi di indennità di disoccupazione al Paese di residenza, la Francia. L'importo è considerato da tutti insufficiente in considerazione del crescente numero di frontalieri che vivono in Francia e lavorano in Svizzera. A fine settembre, poco più della metà (57,4%) dei 403 mila frontalieri che lavorano in Svizzera era domiciliata in Francia: parliamo di 231.456 persone, una cifra che è raddoppiata dal 2007. Le associazioni dei frontalieri hanno lanciato l'allarme per anni. Nel 2019, gli Stati avevano raggiunto un accordo in base al quale i frontalieri disoccupati sarebbero stati presi in carico dal Paese in cui lavorano. Ma, ha aggiunto Guylaine Riondel-Besson, responsabile dell'unità transfrontaliera della Fédération des entreprises romandes di Ginevra, «al momento del voto al Parlamento europeo molti avevano posto il veto». Detto ciò, il regolamento europeo consente alla Francia di chiedere alla Svizzera una compensazione più elevata nel quadro di un accordo bilaterale. «Spetterebbe agli Stati membri parlare tra di loro».
Un appello a negoziare con Berna è stato lanciato anche dalle associazioni, oltre che da deputati e senatori dell'Alta Savoia, i quali hanno inviato una lettera alla Confederazione svizzera. «Oggi lo Stato francese si trova in una situazione finanziaria difficile», leggiamo, ma «è importante non stigmatizzare» i frontalieri, ha aggiunto Florent Benoit, sindaco di Vulbens e presidente della Communauté de communes du Genevois, che riunisce 17 comuni dell'Alta Savoia. «Non spetta alla Francia fare da materasso al modello sociale svizzero», ha dichiarato, auspicando un «dialogo cortese ma fermo» con Berna.