Svizzera

Ginevra «è una metropoli transfrontaliera da oltre un milione di abitanti»

La città romanda ha registrato nel 2024 un numero record di nuovi frontalieri - Molti arrivano da dipartimenti non confinanti, sfruttando il Léman Express - La consigliera di Stato Delphine Bachmann: «Cantone attrattivo, ma tale manodopera è imprescindibile»
© KEYSTONE/Jean-Christophe Bott
Matteo Galasso
14.03.2025 06:00

Mai così tanti frontalieri a Ginevra. Nel 2024, l’aumento annuale del numero di lavoratori transfrontalieri residenti in Francia ha raggiunto un picco storico: l’Ufficio cantonale di statistica (OCSTAT) ha registrato oltre 24.835 nuovi permessi G, il dato più elevato dalla prima rilevazione (1989). È il terzo anno consecutivo in cui si supera la soglia di ventimila nuovi arrivi. Di questi, 600 sono ex residenti nel cantone, trasferitisi in zone di frontiera francesi per motivi economici o personali, pur rimanendo impiegati a Ginevra. Spicca, inoltre, la giovane età media dei neo-frontalieri: sei su dieci hanno fra 20 e 34 anni.

Secondo l’Ufficio federale di statistica, durante il terzo trimestre del 2024 la “Città di Calvino” contava 112.092 frontalieri, quasi un terzo dei 403.243 registrati a livello nazionale. «Gran parte di questa crescita record è riconducibile all’attrattività del Cantone», afferma al CdT la consigliera di Stato e responsabile del Dipartimento dell’economia e del lavoro Delphine Bachmann (Centro). «Con 400.000 posti disponibili e appena 240.000 residenti attivi, la manodopera frontaliera diventa imprescindibile per rispondere alle esigenze del mercato del lavoro».

Settori in carenza

Esaminando nel dettaglio il profilo dei 25 mila nuovi frontalieri, emerge un incremento rilevante in settori che lamentano una forte carenza di personale, come il comparto alberghiero, la ristorazione e, soprattutto, l’ambito sociosanitario. Secondo l’OCSTAT, in ristoranti e strutture sanitarie si contano quasi duemila nuovi impiegati in ciascuna categoria: nel complesso si raggiungono 8 mila addetti nel settore gastronomico e 15 mila nella sanità. Numeri destinati a crescere ulteriormente. Altri 5.500 neo-frontalieri sono stati reclutati direttamente da agenzie di collocamento.

Per contrastare un tasso di disoccupazione al 4,4% - tra i più elevati della Svizzera - la strategia prioritaria non è bloccare il frontalierato, bensì «adeguare competenze e formazione dei disoccupati locali ai reali fabbisogni imprenditoriali», prosegue Bachmann. Il Cantone, in sinergia con i settori in carenza, ha già varato azioni formative. Emblematico è il progetto avviato dall’Ufficio cantonale per l’impiego (OCE), che gestisce due ristoranti-scuola dove ogni anno circa 300 persone seguono percorsi pratici di 3-4 mesi, mirati a qualificare nuovi addetti in cucina e sala. «Queste micro-certificazioni - sottolinea Bachmann - sono parte di un progetto pilota con la Société des cafetiers, restaurateurs et hôteliers de Genève (l’associazione di categoria locale, ndr), e auspichiamo di estenderle ad altri comparti bisognosi di personale qualificato».

Standard da mantenere

In diversi ambiti l’economia ginevrina non potrebbe funzionare senza forza lavoro transfrontaliera: «Basti pensare all’Ospedale universitario (HUG), che faticherebbe a mantenere standard d’eccellenza se privato di questi operatori». All’ipotesi che i frontalieri sostituiscano i residenti, la consigliera di Stato replica che «non esistono studi empirici a supporto di tale timore». Inoltre, pur ammettendo l’incremento sensibile nel numero dei permessi G effettivi (più 7.650 in un anno), Bachmann evidenzia come la disoccupazione sia salita di 1.390 unità, un tasso di crescita meno accentuato.

Sul fronte salariale, i timori di dumping vengono monitorati dall’Ufficio cantonale dell’ispezione e delle relazioni del lavoro (OCIRT), insieme alle commissioni paritetiche. Ogni anomalia retributiva è sanzionata a prescindere dalla provenienza del dipendente. In caso di sotto-prezzazione sistematica, il Consiglio di sorveglianza del mercato del lavoro può introdurre un contratto standard o favorire l’estensione di una convenzione collettiva. Nel lungo periodo, «l’obiettivo è prevenire abusi che danneggerebbero sia i frontalieri stessi sia i residenti».

Frontalieri «a banda larga»

Un fenomeno in ulteriore crescita è quello dei cosiddetti frontalieri “a banda larga”, ossia provenienti da dipartimenti francesi non confinanti con Ginevra: il loro numero è raddoppiato in percentuale in quindici anni. Se Alta Savoia (66%) e Ain (19%) restano le aree di provenienza principali, si contano 132 lavoratori stabili residenti a Parigi, e almeno una persona per ogni dipartimento francese. Circa l’1% dei frontalieri non risiede nemmeno in Francia, ma in altri Stati, spesso potendo sfruttare il telelavoro. Tra il 2010 e il 2021, i pendolari che percorrono oltre 50 km per raggiungere Ginevra sono cresciuti del 129%.

Uno dei fattori alla base di questa diaspora di lavoratori è la cronica crisi abitativa ginevrina. La scarsità di alloggi spinge ad allargare l’agglomerato urbano sul territorio francese, favorito anche dalla rete ferroviaria Léman Express, attiva dal 2020, che riduce i tempi di percorrenza. Inoltre, i canoni d’affitto restano più convenienti nella cosiddetta “France voisine”, dove si spendono in media 190 franchi annui per metro quadrato, contro i 384 di Ginevra. Tra il 2015 e il 2020, la popolazione dell’area francese del Gex è aumentata del 2% annuo, mentre il Cantone si è fermato all’1%.

Nonostante i 2.000 nuovi appartamenti costruiti ogni anno dal 2016, il tasso di alloggi sfitti rimane estremamente basso e gli affitti restano fra i più elevati in Svizzera. Il Dipartimento cantonale del territorio ribadisce al CdT che «Ginevra è il fulcro di una metropoli transfrontaliera da oltre un milione di abitanti. Non è l’espansione edilizia a “richiamare” persone, bensì il dinamismo economico». Per far fronte alla crescita demografica, da oltre vent’anni si pianificano nuovi quartieri e si potenziano le infrastrutture pubbliche, in particolare i trasporti.

Il caso emblematico di Soral

Ciononostante, l’impatto di questo pendolarismo massiccio tocca la quotidianità di molti cittadini. Emblematico è il caso di Soral, borgo di frontiera da mille abitanti attraversato ogni giorno da oltre diecimila veicoli. Misure come il semaforo “dissuasore”, che resta rosso per il 70% del tempo, non hanno risolto il problema, creando ingorghi sul versante francese e spingendo molti automobilisti a premere sull’acceleratore dopo il via libera. Un accordo firmato nel 2018 tra autorità ginevrine e francesi puntava a ridurre del 50% il traffico in alcune dogane minori, ma finora la flessione è solo del 30%. I residenti di Soral propongono di chiudere il varco durante le ore di punta, in modo da convogliare il traffico su postazioni di frontiera maggiori, come Bardonnex, già peraltro spesso congestionata. Con 660.000 attraversamenti quotidiani - di cui 80.000 garantiti dal Léman Express - c’è chi auspica un rafforzamento delle grandi direttrici stradali e ferroviarie.

La proposta dell’MCG

Non mancano, infine, posizioni più ostili all’espansione del frontalierato. Il Movimento dei cittadini ginevrini (MCG), partito locale antimmigrazione, ha lanciato una proposta legislativa cantonale intitolata: «Garantire la sovranità: no ai frontalieri nei posti strategici dello Stato». L’obiettivo è limitare l’accesso di non residenti a funzioni chiave, come forze dell’ordine, magistratura, amministrazione fiscale e penitenziaria. A detta dei promotori, il testo rispetterebbe la libera circolazione europea, a differenza di un’iniziativa simile bocciata in passato. L’MCG ha tempo fino a giugno per raccogliere le 4.113 firme necessarie.