«Il Bürgenstock? Un grande risultato per il diritto internazionale»
Un successo per l’Ucraina, ma anche per il diritto internazionale e per la Svizzera. Marco Sassòli, professore di diritto internazionale all’Università di Ginevra, va dritto al punto. «Forse la conferenza sul Bürgenstock non è stata una vittoria per la pace - afferma al Corriere del Ticino - ma comunque ha ottenuto dei risultati interessanti».
Quali risultati?
«Per l’Ucraina il summit è stato un successo perché la Svizzera è stata in grado di mobilitare un sostegno dei Paesi del Sud del mondo che gli Stati Uniti e la Germania non sarebbero riusciti a ottenere. Diversamente il vertice non è stato un successo per la pace anche perché senza la Russia sarebbe stato impossibile ottenerla. Ma la presidente della Confederazione, Viola Amherd lo aveva già precisato. Senza la Russia non sarebbe stato possibile arrivare a un cessate il fuoco».
Perché la conferenza si è invece rivelata positiva per il diritto internazionale?
«Perché l’intesa trovata dai Paesi partecipanti contiene degli aspetti che vanno addirittura oltre al diritto internazionale. Prendiamo i prigionieri di guerra. Normalmente si rimpatriano alla fine di un conflitto, mentre nella dichiarazione si dice che tutti i prigionieri di guerra possono essere liberati mediante uno scambio totale. Ma non è tutto».
Prego.
«Con l’intesa si afferma inoltre come fondamentale una navigazione commerciale libera, completa e sicura, a cominciare dall’accesso ai porti marittimi nel Mar Nero e nel Mar d’Azov. Inoltre, si afferma che la sicurezza alimentare non può essere in alcun modo usata come arma».
E quindi?
«Quindi si va anche qui oltre al diritto internazionale, perché da che mondo e mondo in guerra si agisce anche con i blocchi commerciali e navali. Lo vediamo in altri scenari. È sempre così. Mentre qui si va oltre, appunto, oltre al diritto. Detto ciò, sono inoltre importanti altri riferimenti».
Quali?
«Quelli che concernono sempre il diritto. Come l’affermazione all’impegno di astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di qualsiasi Stato. Ma anche sulla necessità per la centrale nucleare di Zaporizhzhia di funzionare in modo sicuro e protetto sotto il pieno controllo sovrano dell'Ucraina e in linea con i principi dell'AIEA e sotto la sua supervisione».
Perché le conclusioni del summit sono un successo anche per la Svizzera?
«Perché la Confederazione è riuscita a organizzare efficacemente questa riunione e forse ad allineare sulle posizioni dell’Ucraina alcuni Paesi che finora non lo erano o non si erano espressi compiutamente sulla situazione. Certo, il successo sarebbe stato molto più grande se fossero stati presenti anche Cina e Russia. Ma la conferenza ci ha detto anche altro».
Cosa?
«Che il ruolo della Svizzera è cambiato. In passato la Confederazione mediava, si ergeva a mediatrice internazionale nelle situazioni di conflitto, come ad esempio in Africa dove sosteneva che andavano trovati dei compromessi, mentre oggi sta apertamente dalla parte dell’Ucraina. Invece adesso è piuttosto un Paese come l’Arabia Saudita che potrà essere mediatrice, ed è forse per poterlo essere che l’Arabia Saudita non ha condiviso le conclusioni, critiche alla Russia. È un gran cambiamento per [uno Stato neutrale come la Svizzera. Questo cambiamento mi ha colpito molto».
Sul Bürgenstock non è stata trovata la pace, ma almeno è stato fatto un passo avanti come hanno rivendicato alcuni Paesi partecipanti?
«Non credo che sia stato compiuto un passo avanti per la pace. Non lo credo fino a quando non sarà organizzato, forse dall’Arabia Saudita, un secondo vertice con la partecipazione della Russia. Solo allora forse verranno compiuti dei passi avanti».