Energia

«Il certificato CO2 introduce il principio “chi inquina paga”»

L’intervista a Massimo Filippini, professore di economia politica presso il Politecnico federale di Zurigo e l’Università della Svizzera italiana
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Francesco Pellegrinelli
30.07.2021 06:00

l prezzo dell’energia elettrica è composto da vari fattori, tra cui il costo dei diritti d’emissione di CO2. Di cosa si tratta e chi determina questo costo?

«Nel 2005 l’Unione Europea ha introdotto un mercato per lo scambio di diritti (certificati) di emissione di CO₂. Le imprese che durante la loro attività produttiva determinano emissioni di CO₂, come ad esempio le aziende che producono elettricità con centrali a gas o carbone, devono essere in possesso di diritti di emissione di CO₂. In questo sistema, le imprese ricevono gratis un certo numero di diritti di emissione e acquistano o vendono sul mercato parte dei diritti a dipendenza del proprio fabbisogno. L’ammontare massimo di diritti di emissione viene definito e ridotto ogni anno dall’Unione Europea. In questo modo si crea un effetto “rarità” che tende nel tempo a far salire il prezzo dei diritti. Attualmente sono oltre diecimila le imprese energetiche e industriali e le compagnie aeree che partecipano al mercato dei certificati CO₂. Queste imprese emettono circa il 45 per cento delle emissioni di gas serra dell’Unione Europea. Da notare che, nel 2013, anche la Svizzera ha introdotto un mercato per lo scambio di diritti di emissione di CO₂.

Perché introdurre un simile mercato dei certificati?

L’obiettivo di questi mercati è quello d’introdurre con maggior forza nel sistema economico il principio “della verità dei costi” e il principio “chi inquina paga”. Da un punto di vista economico, il prezzo di un certificato dovrebbe riflettere i costi ambientali e sociali determinati dalle emissioni di CO₂. Ad esempio, nella produzione di energia elettrica tramite centrali a carbone si producono molte emissioni nocive che determinano gravi danni alla salute e all’ambiente. Senza l’obbligo di acquistare i diritti di emissione di CO₂, il principio “chi inquina paga” non verrebbe applicato e avremmo dei prezzi dell’energia elettrica dopati , vale a dire inferiori a quelli ottimali da un punto di vista della società e dello sviluppo sostenibile».

Il prezzo dei certificati CO2₂ come è evoluto negli ultimi tempi?

«Il prezzo dei diritti ad inquinare viene determinato dall’andamento di domanda e offerta. Nei primi anni di attività del mercato dei diritti ad inquinare, l’offerta gratuita di permessi ad inquinare era abbondante e quindi il prezzo era molto basso. Dal 2012 al 2018 il prezzo è rimasto basso, inferiore a 10 euro. Un prezzo di molto inferiore ai costi ambientali e sociali determinati, ad esempio, dalle emissioni di CO₂ e polveri fini delle centrali a gas e carbone. A partire dal 2019 il prezzo ha iniziato a salire fino a superare quest’anno i 50 euro per tonnellata di CO₂. Questa evoluzione del prezzo è dovuta a diversi fattori tra i quali i più importanti sono: la riforma del mercato introdotta dalla Commissione europea nel 2018; un aumento della domanda di certificati da parte delle imprese elettriche ed industriali; un aumento della domanda di tipo speculativo da parte di banche ed hedge fund e da ultimo, le aspettative di riduzione del numero totale di certificati di CO₂ entro 2030 determinata dal nuovo pacchetto di misure di politica energetica e climatica della commissione europea. Questo pacchetto mira a ridurre, anche grazie ad un potenziamento del mercato dei diritti di emissione di CO₂, del 55% le emissioni di CO₂ entro il 2030 (in confronto al 1990). A medio termine si prevede un prezzo dei diritti di emissione di circa 80-100 euro per tonnellata di CO₂. Un prezzo più vicino al valore reale dei costi ambientali e sociali determinato dalle emissioni di CO₂».