Società

«Il femminicidio non è un'anomalia: le donne da sempre uccise in quanto tali»

Lo sostiene la storica francese Christelle Taraud, che ha riunito in un libro i contributi di ricercatori e di altri specialisti del tema: «È un crimine millenario»
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Ats
09.11.2023 12:00

Il femminicidio non è un'anomalia, fin dall'emergere dell'homo sapiens le donne sono state uccise in quanto tali: lo sostiene la storica francese Christelle Taraud, che ha riunito in un libro i contributi di ricercatori e di altri specialisti del tema per farne una storia globale.

L'omicidio di una donna - uno ogni undici minuti nel mondo nel 2020 - è il simbolo di un dominio che risale nel tempo, afferma la 53enne in un'intervista pubblicata oggi da Le Courrier. «Inizialmente volevo fare una storia contemporanea di questo fenomeno, ma mi sono resa conto che si tratta di un crimine millenario: esiste da quando gli esseri umani sono diventati una specie e prima di diventare una società».

«Negli anni 70 le femministe sono riuscite a far luce sul fatto che i crimini legati al sesso esistevano già nel Neolitico e nel Paleolitico», spiega la docente. «Nei casi di infanticidio o di omicidio sacrificale, le bambine sono sovrarappresentate. Quando si trovano resti umani con tracce di morte violenta, al di fuori della guerra, il più delle volte si tratta di corpi di donne. Quindi c'era già un rapporto di potere ineguale. Questo spiega perché i sistemi patriarcali sono così prevalenti e perché è così difficile sradicare la violenza».

L'uccisione è però solo una delle violenze fatte alle donne dalla loro nascita. «Alcune possono sembrare ovvie, come le esecuzioni, ma altre lo sono meno, in particolare quelle che abbiamo interiorizzato, come gli standard di bellezza che ci fanno ammalare. Per esempio, vediamo come la bambola Barbie possa portare all'anoressia. Parliamo di mutilazioni genitali, ma anche di mutilazioni amministrative, in particolare il fatto che le donne perdano il loro nome o la loro nazionalità in certi contesti».

«Le donne sono inserite in un flusso gerarchico di violenza», insiste l'esperta. «Alcuni atti sono considerati micro-violenze, come una battuta sessista, un insulto o una molestia per strada, e vengono spesso giustificati. Quello che dobbiamo capire è che la macro-violenza non esiste senza la micro-violenza: un uomo che passa la vita a insultare le donne per strada senza subire conseguenze si sentirà giustificato a insultare la propria moglie, finendo per umiliarla e forse un giorno ucciderla. Il femminicidio si basa su questa impunità».

Una parte del volume curato da Taraud - «Féminicides, une histoire mondiale», Editions La Découverte, 2022, 923 pagine, non tradotto in italiano - è dedicata alla caccia alle streghe, un'altra ancora alla schiavitù e alla colonizzazione. «Ci occupiamo anche di omicidi di massa e di movimenti maschilisti in tutto il mondo. Rintracciamo tutte le politiche che hanno portato all'annientamento delle donne. Nell'ultima parte della pubblicazione, la giornalista Gita Aravamudan si occupa dell'uccisione di feti in India alla fine degli anni Settanta e Ottanta. Le bambine venivano uccise prima ancora di nascere, per fermare la crescita della popolazione. È un crimine di stato. Di fatto si privilegiavano le nascite maschili e si sradicavano i feti femminili. Anche in Cina, la politica del figlio unico ha avuto conseguenze demografiche drammatiche: oggi in Asia ci sono oltre 200 milioni di donne in meno».

Il termine femminicidio è stato coniato in un contesto particolare a Ciudad Juarez, in Messico, una tragedia immane che ha fatto luce su questo fenomeno sistemico, e viene sempre più utilizzato: è importante - chiede la giornalista della testata ginevrina - per far luce su un fenomeno che è stato a lungo nascosto? «Sì, le parole sono fondamentali e possono anche uccidere», risponde l'intervistata. «Usare il termine giusto per descrivere la realtà del crimine è essenziale. Dobbiamo abbandonare eufemismi come delitto passionale o delitto d'onore: non c'è passione né onore nell'uccidere una donna perché è una donna».

Taraud usa anche l'espressione «femminicidio storiografico». «Si tratta dell'annientamento delle donne nella storia globale dell'umanità», spiega la studiosa con dottorato all'Università Pantheon-Sorbona di Parigi. «La storia di oggi è maschilista. Non può esistere una società egualitaria senza una narrazione egualitaria. Così come non possiamo costruire una società egualitaria senza un linguaggio egualitario».

La femminista, che stasera terrà una conferenza a La Chaux-de-Fonds (NE), si dice però ottimista. «Credo molto nella sorellanza. Una delle cose che i regimi patriarcali hanno fatto è stata quella di mettere le donne l'una contro l'altra. Ricostruire la sorellanza è molto importante. Non si tratta di una guerra contro gli uomini: si tratta di ricostruire un mondo più respirabile per tutti, in cui ogni essere umano sia trattato come tale. È un progetto entusiasmante che forse non riusciremo a portare a termine, ma dobbiamo iniziare da qualche parte parlando in modo premuroso, egualitario, orizzontale, inclusivo e non aggressivo», conclude.