Chiesa cattolica

«Il processo contro gli abusi non finirà mai»

Misure a livello nazionale per proseguire con la rielaborazione degli abusi nel contesto ecclesiale e per gestire le lacune istituzionali – La prima riguarda la consulenza alle vittime, che da gennaio 2025 è gestita in modo indipendente dalla Chiesa
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Paolo Galli
30.01.2025 06:00

«Il processo per impedire in modo efficace qualunque tipo di abuso non finirà mai». In questa dichiarazione di Monsignor Bonnemain, vescovo di Coira, c’è tutta la disillusione del caso, che va ben oltre la speranza e ben oltre le misure in fase di implementazione. La Chiesa lotta contro i suoi fantasmi, contro i suoi limiti. Lo fa in modo «esemplare e innovativo», per dirla con le organizzazioni di ascolto delle vittime, e con «risultati di alto livello». Ma la strada - aperta dal decisivo studio dell’Università di Zurigo, pubblicato nel settembre 2023 - è ancora lunga, lunghissima.

«L’aiuto desiderato»

La Conferenza dei vescovi svizzeri (CVS), la Conferenza centrale cattolica romana della Svizzera (RKZ) e la Conferenza delle unioni degli ordini religiosi e delle altre comunità di vita consacrata in Svizzera (KOVOS), ieri hanno spiegato che «stanno mettendo a punto una serie di misure a livello nazionale per proseguire con la rielaborazione degli abusi nel contesto ecclesiale e per gestire le lacune istituzionali». La prima misura riguarda la consulenza alle vittime. Che da gennaio 2025 è gestita in tutta la Svizzera in modo indipendente dalla Chiesa. Ciò, come illustrato dalle tre istituzioni religiose, segna una prima tappa fondamentale: «Le vittime possono rivolgersi in tutta la Svizzera a consulenti professionali indipendenti degli uffici appositi riconosciuti a livello cantonale». L’elenco è pubblicato sul sito www.aiuto-alle-vittime.ch. Fin qui, il compito era svolto dagli stessi enti ecclesiastici, con diversi modus operandi a seconda della diocesi. «Per compensare l’onere supplementare che gli enti di consulenza alle vittime dovranno sostenere a causa della complessità delle strutture ecclesiastiche e dei chiarimenti con i diversi uffici ecclesiastici sarà elargito un importo forfettario di 1.500 franchi». Tale cambiamento ha visto coinvolte anche le organizzazioni delle vittime, le quali hanno ricordato che «sarebbe ingenuo pensare che questi soli elementi di base possano risolvere tutti i problemi. Si tratta di un buon fondamento teorico, solido e ben strutturato, che ora necessita di una celere attuazione pratica». Grazie ai servizi di aiuto alle vittime, sarà ora disponibile a livello nazionale un accesso indipendente alle procedure giuridiche, alla consultazione degli atti, alla consulenza di professionisti specializzati e altro ancora. «È finalmente disponibile uno strumento di lavoro e v’è grande speranza che venga animato e reso concreto, così da consentire alle vittime di ricevere in tempi rapidi l’aiuto competente che desiderano e a cui hanno diritto». È ciò che si augurano anche le organizzazioni religiose, che a loro volta hanno previsto la creazione di un ufficio di informazione per sostenere i consulenti indipendenti per tutte le questioni ecclesiastiche.

Per prevenire nuovi casi

Tornando alle organizzazioni delle vittime, le stesse sottolineano in particolare il lavoro svolto in relazione alla selezione e alla formazione dei candidati al sacerdozio e alle attività pastorali, «sollecitato da tempo». In sostanza, «è stata elaborata una valutazione psicologica, al fine di costituire le basi per una procedura di selezione uniforme in tutta la Svizzera. I candidati al sacerdozio e le persone che seguono una formazione come operatori pastorali verranno sottoposti a queste valutazioni standardizzate. A questo scopo la Chiesa cattolica ha stabilito standard vincolanti. I principi costituiscono le competenze di base necessarie per acquisire abilità pastorali ed esercitare in modo corretto la professione. La Conferenza dei vescovi svizzeri ha approvato l’introduzione e l’attuazione uniforme della valutazione dal secondo semestre 2025». Le organizzazioni delle vittime sottolineano: «Una selezione responsabile, accompagnata da un’adeguata formazione continua e da una vigilanza costante, aumenta le probabilità di prevenire nuovi casi di abuso». E suggeriscono: «Simili programmi potrebbero essere utili anche a vescovi e abati».

«Lottiamo contro l’abuso»

Va sottolineato che da gennaio 2024 procede un secondo studio triennale assegnato sempre all’Università di Zurigo e finanziato con 1,5 milioni di franchi. I risultati saranno presentati nel 2027. Monsignor Bonnemain sottolinea: «Le vittime di abusi nel contesto ecclesiale e l’intera società devono poter essere certi che la Chiesa cattolica in Svizzera lotti contro l’abuso di potere in Svizzera e abbia attuato misure di prevenzione efficaci. Alle parole e alle promesse sono seguiti fatti». Le organizzazioni delle vittime, però, guardano ancora avanti. E si chiedono: «Come permettere alle vittime di abusi spirituali di ritrovare una nuova appartenenza religiosa?». Un’altra buona domanda a cui rispondere lungo il processo.

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