Impiegati in Svizzera ma distaccati in Francia: la scappatoia che ha fatto perdere a Parigi 4,2 miliardi di euro
Il governo francese, lo sappiamo, fatica e non poco a far quadrare i conti. Tant'è che Parigi sta cercando soldi «extra» più o meno ovunque. A cominciare dalle indennità di disoccupazione dei lavoratori frontalieri attivi in Lussemburgo e Svizzera. La Tribune e France Info, ora, riferiscono che la Francia potrebbe uscire da un accordo con la Confederazione. E questo perché, dati alla mano, l'Esagono per via di questa intesa perde qualcosa come 280 milioni di euro all'anno. Da quindici anni. Fate voi il totale...
Secondo un rapporto confidenziale dell'Ispettorato generale delle finanze e dell'Ispettorato degli affari sociali, datato ottobre 2024, l'accordo citato consente ai grandi gruppi francesi di beneficiare di un regime «eccezionalmente vantaggioso». La firma dell'accordo risale al 22 giugno del 2009. L'intesa, citiamo, prevede che queste aziende possano impiegare in Francia dirigenti di una filiale in Svizzera. Come fossero dei lavoratori distaccati. Questi dipendenti, per intenderci, non sono affiliati alla Previdenza sociale francese ma alla LAMal, cioè il sistema di assicurazione sanitaria svizzero. Grazie a questa scappatoia, le grandi aziende che vantano una filiale in Svizzera possono pagare contributi previdenziali notevolmente inferiori rispetto alla Francia. Fatta la legge, verrebbe da dire, trovato l'inganno: una fonte vicina alla questione ha infatti affermato alla Tribune che, probabilmente, «ci sono degli abusi con dipendenti francesi assunti in Svizzera e immediatamente distaccati in Francia».
Secondo il rapporto, sono una ventina i grandi gruppi francesi che beneficiano di questo sistema. Tre – Total Gestion International, Renault Nissan Global e Michelin Global – rappresentano però l'82% di tutte le richieste. «Questo sistema è stato oggetto di un numero crescente di richieste tra il 2012 e il 2016, passando da meno di 200 richieste all’anno a più di 1.000 nel 2016, scendendo a circa 500 richieste nel 2022 con un totale di 4.300 dipendenti coperti tra il 2016 e il 2022», si legge nel rapporto. L'accordo è legato solo e soltanto a dirigenti di altissimo livello, i cui stipendi spesso superano i 500 mila euro all'anno. Dirigenti che occupano «funzioni legate allo sviluppo di una carriera internazionale» e «che ufficialmente possono beneficiare di questa esenzione per sei anni».
Sempre secondo il rapporto, i contributi che ogni anno sfuggono ai conti sociali francesi sono pari a 280 milioni di euro. Sull'arco di quindici anni, da quando cioè è in vigore l'accordo, il conto per lo Stato francese è salato: parliamo, infatti, di mancate entrate per 4,2 miliardi di euro. Soldi che sarebbero serviti alla Francia per finanziare il suo modello sociale. I precedenti governi, a Parigi, non avevano approfondito l'argomento finora o, banalmente, non avevano ritenuto fondamentale e necessario affrontarlo. Anche, leggiamo, per non far arrabbiare la Svizzera. Oggi, però, il quadro è mutato: la situazione delle finanze pubbliche francesi è tale per cui l'Esecutivo non vuole più chiudere un occhio.
Che cosa farà, dunque, la Francia? Da un punto di vista giuridico, stando al rapporto, l'Esagono può recedere facilmente dall'accordo. Anche perché mancherebbero alcuni aspetti fondamentali, tipici di un'intesa bilaterale: «Nessun timbro ufficiale, nessuna prova che questo documento sia firmato in applicazione della delega ministeriale di firma per il DSS (il Dipartimento della Previdenza sociale, ndr), il documento sicuramente non reggerebbe davanti al giudice amministrativo, anche se coperto da un'istruzione ministeriale». Giorni fa, secondo la Tribune, la direzione della Previdenza sociale francese ha ricevuto il via libera per adottare le misure necessarie per fermare l'accordo. Attenzione, però: sarà impossibile per la Francia recuperare i 4,2 miliardi di euro che le sono sfuggiti negli ultimi quindici anni.