«In Svizzera c'è il rischio di una quasi-legalizzazione del riciclaggio di denaro russo»

Giovedì scorso, a Berna, la delegazione svizzera del Consiglio d’Europa ha accolto Lesia Vasylenko. Ne dà notizia il Blick, nella sua edizione domenicale, spiegando che la 37.enne ucraina è un avvocato per i diritti umani e siede nel Parlamento del suo Paese. Vasylenko è arrivata in Svizzera quale relatrice del citato Consiglio d’Europa e, parallelamente, per una cosiddetta «missione di accertamento dei fatti».
Proviamo a contestualizzare: a Strasburgo, riferisce sempre il Blick, si sta scatenando una vera e propria tempesta politica contro la Confederazione. Si parla, addirittura, di una condanna tramite una risoluzione dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. D’accordo, ma per quale motivo? All’origine del caso, di questo caso, c’è un investitore anglo-americano, Bill Browder, oggi oppositore del presidente russo ma, un tempo, socio in affari di Vladimir Putin. Nel 2007, l’apparato di potere del leader del Cremlino sequestrò tre società appartenenti alla Hermitage di Browder e distribuì, illegalmente, 230 milioni provenienti da queste società a terzi. Questi soldi, leggiamo, venivano poi riciclati un po’ ovunque, Svizzera compresa. La vicenda ebbe anche risvolti tragici: Sergei Magnitsky, avvocato russo di origine ucraina che ebbe il coraggio di denunciare la corruzione e la cattiva condotta da parte di funzionari governativi russi mentre rappresentava proprio la Hermitage di Browder, finì in una prigione russa dove venne picchiato a morte nel 2009.
Vasylenko è arrivata in Svizzera non tanto per ripercorre quei fatti, ma per analizzare le conseguenze. Nel 2011, infatti, Browder avviò una dura battaglia contro le autorità elvetiche, presentando una denuncia penale per riciclaggio di denaro. Su conti bancari svizzeri, quattro dei quali confiscati poiché, secondo il Ministero pubblico della Confederazione, facevano chiaramente parte della refurtiva, erano stati trovati e congelati 18 milioni di dollari. Bene, anzi male perché 14 di quei 18 milioni, in seguito, vennero nuovamente sbloccati, motivo per cui Browder diede vita a un lungo (e per lui infruttuoso) contenzioso con la giustizia elvetica. Lo scorso gennaio, il suo ricorso al Tribunale federale è stato respinto.
La giustizia svizzera, nel frattempo, è stata oggetto di ampie critiche a livello internazionale, mentre l’indipendenza di Vinzenz Schnell, allora a fedpol, e del procuratore federale dell’epoca, Michael Lauber, è stata messa in discussione.
Browder, oltre a scagliarsi contro Putin, dal canto suo ha pesantemente attaccato l’operato della Svizzera. Ma anche le istituzioni, dicevamo, si stanno muovendo in questo senso. Nell’aprile del 2024, il rappresentante estone del Consiglio d’Europa, Eerik-Niiles Kross, ha presentato alla Commissione per gli affari giuridici e i diritti umani una «mozione di risoluzione», vale a dire una mozione volta ad adottare una risoluzione contro la Svizzera. Titolo ufficiale della richiesta, con il numero 15981: I proventi del crimine denunciato da Sergei Magnitsky, rinvenuti in Svizzera, non devono essere restituiti ai presunti autori. Pochi giorni fa, il 3 marzo, la Commissione ha ascoltato Browder a Parigi. Al suo fianco, il professore di diritto penale di Basilea Mark Pieth. Il cui ruolo è stato, pure, criticato, poiché ritenuto troppo vicino e interessato a Browder.
Vasylenko, tornando alla parlamentare ucraina, non si è limitata a discutere il caso in sé, anzi: ha sfruttato l’occasione per lanciare bordate contro la Svizzera. In una lettera inviata alla Commissione, a dicembre, Vasylenko ha accolto con favore il fatto che Berna abbia adottato sanzioni internazionali contro la Russia già nel 2014. Tuttavia, ha aggiunto riferendosi al caso Browder, «le informazioni emerse danno adito a preoccupazione». E questo perché «esiste un rischio elevato che il sistema bancario svizzero diventi un bersaglio allettante per il denaro nero russo». Di prove a sostegno, per contro, Vasylenko non ne ha allegate. Eppure, sempre nella missiva ha messo in guardia contro una quasi-legalizzazione del «riciclaggio di denaro sempre più sofisticato» da parte della Russia, che potrebbe affermarsi in Svizzera. Logico, a suo dire, quando «i criminali accettano che una parte dei beni venga confiscata, mentre è loro consentito di tenere la maggior parte della ricchezza illecita».
La politica, evidentemente, ha reagito alle accuse mosse da Vasylenko. Alfred Heer, consigliere nazionale in quota UDC nonché presidente della delegazione svizzera del Consiglio d’Europa, al riguardo ha detto: «La Svizzera è uno Stato di diritto. L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa non può credere di poter interferire nei procedimenti giudiziari svizzeri». E ancora: «Stiamo inviando miliardi a Kiev» ha affermato Heer. «È incredibile, in termini di arroganza, che una donna ucraina ora agisca come autorità morale». Marianne Binder-Keller (66), consigliera nazionale del Centro e vicepresidente della delegazione, ha detto di comprendere i motivi per cui Vasylenko e il Consiglio d’Europa stiano affrontando le conseguenze del caso Magnitsky. «Tra l’altro, la Svizzera lo ha già fatto». Tuttavia, le esternazioni fatte da Vasylenko sono inaccettabili. Se venisse adottata una risoluzione contro la Svizzera, vorrebbe dire che «il caso Magnitsky può essere utilizzato per formulare accuse radicali contro la Svizzera. Non posso accettarlo, soprattutto considerando il fatto che abbiamo una delle leggi più severe al mondo contro il riciclaggio di denaro». Binder ha affermato che il rapporto è ancora in fase di discussione presso la delegazione svizzera e nella Commissione competente del Consiglio d’Europa.
La consigliera nazionale del PS Franziska Roth ha invece offerto un punto di vista differente: «Quasi nessun altro paese in Europa fornisce così pochi aiuti umanitari, finanziari ed economici all’Ucraina come la Svizzera». Un mancato sostegno che, a suo dire, ha un effetto anche sulle sanzioni contro la Russia in settori cruciali. Ad esempio, ai commercianti di materie prime è consentito organizzare accordi di elusione da Zugo o Ginevra, cosa che l’UE proibisce: «Questo è immorale e subdolo».
Vasylenko ha annunciato che avrebbe inviato ai colleghi svizzeri «una lettera con domande» sul comportamento delle autorità. Il fatto che questo attacco diplomatico sia condotto da un rappresentante dell’Ucraina, scrive il Blick, è particolarmente esplosivo alla luce degli sforzi del Consiglio federale di avvicinarsi a Kiev con uno spirito di buoni uffici.
Della delegazione svizzera al Consiglio d’Europa fa parte anche il capogruppo parlamentare del PLR, Damien Cottier. È stato per lungo tempo membro della Commissione competente del Consiglio d’Europa e ha sostenuto l’Ucraina nella gestione delle atrocità di guerra commesse dalla Russia. A proposito del lavoro di Vasylenko, ha auspicato un rapporto finale «equilibrato».
Nel corso della sua visita, la relatrice ha incontrato membri del Consiglio d’Europa, attivisti antiriciclaggio e rappresentanti del Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE). Interrogato in merito, il DFAE ha ribadito che la Svizzera dispone di «un solido meccanismo per impedire i finanziamenti illegali», in linea con gli standard internazionali. La procura federale, infine, non ha accettato di incontrare Vasylenko, motivando il no con il fatto che, di per sé, la vicenda ha risvolti politici e non giuridici.