La copertura dei media svizzeri sulla guerra in Ucraina «è stata buona»

La copertura della guerra in Ucraina da parte dei media svizzeri è stata finora di buona qualità, secondo uno studio dell'Università di Zurigo. La dipendenza dalle agenzie di stampa e dalle fonti esterne è però molto forte e alcune regioni del mondo, indirettamente coinvolte nel conflitto, sono risultate trascurate.
Dall'invasione dell'Ucraina da parte delle truppe russe a febbraio, il conflitto ha dominato l'attualità, prendendo il posto della pandemia di coronavirus. Nei primi giorni dopo l'invasione, fino al 45% dei contributi dei media contenevano un riferimento alla guerra in Ucraina.
L'attenzione a questo tema si è gradualmente attenuata e si è stabilizzata intorno al 20% della copertura mediatica complessiva a maggio. Si tratta di una cifra ancora molto alta, secondo lo studio condotto dal Centro per la ricerca pubblica e sociale (fög) dell'UZH. Gli autori hanno esaminato tredici siti online di media della Svizzera tedesca e francese.
Sui tabloid e i giornali per pendolari la parte più consistente è rappresentata da notizie d'attualità sull'andamento del conflitto (39%), con una percentuale notevolmente più alta rispetto ai siti web dei media paganti o del servizio radiotelevisivo pubblico (25% ciascuno). Queste due ultime categorie (41% e 42%) si sono invece focalizzate maggiormente sulle conseguenze politiche, economiche e sociali della guerra rispetto ai media per pendolari (25%).
Contestualizzazione
Lo studio ha anche analizzato la contestualizzazione della guerra. I risultati mostrano, nel complesso, una quota relativamente alta di contributi a questo scopo (25%). I media a pagamento contribuiscono in modo significativo a questo risultato, con una percentuale di articoli di fondo (41%) superiore del 17% rispetto alla copertura mediatica complessiva. Per i tabloid e i giornali per pendolari la percentuale è dell'11%, comunque superiore rispetto al 7% della copertura mediatica complessiva.
Le immagini problematiche sono rare. «Nel complesso, l'uso di immagini di feriti e di morti è risultato corretto dal punto di vista dell'etica mediatica», afferma Linard Udris, responsabile della ricerca. Solo il 4% dei reportage mostrava immagini di persone ferite o decedute. Tutte le rappresentazioni di persone morte sono state inoltre anonimizzate, cioè i volti non erano visibili o erano pixelati, oppure i corpi erano coperti.
Dipendenza dalle agenzie esterne
Tutti i tipi di media sono risultati fortemente dipendenti dalle agenzie di stampa o da fonti esterne. I reportage internazionali dei tabloid e dei giornali per pendolari si sono basati sui contenuti delle agenzie di stampa per il 62% (rispetto al 10% dei media a pagamento e al 32% dell'emittenza pubblica).
Oltre alle agenzie di stampa, i media giornalistici (21%) e i social network (16%) - soprattutto Twitter - sono le fonti esterne più utilizzate. Per tutte le tipologie di media sono state poi importanti le fonti statali e militari, riprese nel 31% dei contributi. «Proprio la dipendenza da queste fonti esterne implica il rischio di un'adozione acritica della narrativa delle parti belligeranti», sottolinea Udris.
Per quanto riguarda la varietà geografica della copertura, l'analisi mostra una forte concentrazione dell'attenzione su Ucraina (20%), Russia (13%) e altri paesi, soprattutto occidentali. Altre regioni del sud del mondo, coinvolte indirettamente e minacciate dalla fame, sono invece state state ignorate.