Sanità

La libera scelta del medico non è un pass illimitato

Il Tribunale federale dà torto a un'assicurata che ha usufruito di prestazioni in modo non coordinato – Anche se è stato stipulato il modello standard, le casse malati possono mettere dei paletti e decidere a chi affidare la gestione delle cure – Vanno sempre rispettati i criteri di efficacia, appropriatezza ed economicità
©CHRISTIAN BEUTLER
Giovanni Galli
11.11.2024 22:30

Ci sono limiti alla libera scelta del medico. Se una persona usufruisce di prestazioni in modo non coordinato, le casse malati hanno il diritto di imporre un medico gestore autorizzato («gatekeeper») e di rimborsare solo i costi delle cure fornite da quest’ultimo o dallo specialista al quale il paziente è stato indirizzato. La libera scelta del medico prevista dal modello assicurativo standard (il più caro) deve comunque rispettare i criteri di efficacia, appropriatezza ed economicità stabiliti dall’assicurazione obbligatoria. Per legge, le casse sono tenute a verificare che questi requisiti siano soddisfatti. In altri termini, le compagnie assicurative possono adottare provvedimenti se ritengono che siano erogate cure inutili. A dirlo è il Tribunale federale, che ha respinto il ricorso di un’assicurata argoviese in una sentenza destinata a fare giurisprudenza. La donna, cinquantenne, aveva stipulato il modello standard, che prevede la libera scelta del medico e non obbliga il paziente a passare da un medico di famiglia o da un altro filtro per rivolgersi a uno specialista. L’assicurata aveva usufruito in modo non coordinato di varie prestazioni mediche (il cosiddetto dottor shopping) soprattutto in ambito psichiatrico. Sulla base di una perizia psichiatrica, la sua cassa malati aveva adottato un provvedimento per la futura assunzione dei costi. In pratica, aveva deciso che il caso richiedesse un piano terapeutico gestito da un’istituzione medica di coordinamento facente funzione di «gatekeeper». La donna si è rivolta in prima battuta al tribunale delle assicurazioni argoviese, che però le ha dato torto: le casse, secondo l’istanza cantonale, sono tenute solo a coprire i costi delle prestazioni fornite da un medico gestore autorizzato o da uno specialista da lui designato, fatta eccezione per le urgenze e i controlli ginecologici preventivi. Il Tribunale federale ha ribadito questo verdetto, ricordando che l’assicurazione obbligatoria assume i costi delle prestazioni nella misura in cui queste sono efficaci, appropriate ed economiche. «Gli assicuratori malattie», scrive in una nota il TF, «devono verificare che tali requisiti siano soddisfatti». Cosa che la cassa malati in questione ha fatto , stabilendo che il metodo di trattamento della sua cliente non fosse né efficace né appropriato. Secondo i giudici di Losanna, il fatto di aver designato un «gatekeeper» è compatibile con il principio della libera scelta del medico e con il sistema delle prestazioni obbligatorie. Anche la libera scelta del medico, dicono, è vincolata al rispetto dei tre criteri. Il fatto che il caso in questione riguardi un approccio globale coordinato mediante gatekeeping e non una singola misura terapeutica non è rilevante. Il tribunale federale tiene anche a sottolineare che la decisione non comporta un’ingerenza ingiustificata nei diritti fondamentali della ricorrente. Il modo di procedere della cassa malati può tutelare gli interessi dell’assicurata stessa, che viene così protetta da trattamenti o interventi oggettivamente inutili dal punto di vista medico.

C’è ora il pericolo opposto che le casse malati, forti di questa sentenza, cerchino di limitare quel 25% di assicurati che continuano a preferire il modello standard a quelli del medico di famiglia o della HMO, meno costosi? «È un mezzo da usare solo in casi estremi, così che i pazienti possano approfittare di cure più coordinate evitando trattamenti inutili» ha dichiarato alla RSI la direttrice di Santésuisse Verena Nold. Oggi più dei tre quarti degli assicurati optano per modelli alternativi, che consentono risparmi dell’ordine del 20% rispetto a quello della libera scelta del medico. Quest’ultimo, nel 2012 - l’anno della bocciatura popolare della rete di cure integrate Managed Care - era adottato ancora dal 45% degli assicurati.