La protesta pro-Gaza di Losanna? «Nulla di paragonabile ai moti statunitensi»
La voce di Géraldine Falbriard, dall'altro capo del telefono, è tranquilla. Rilassata, quasi. No, la protesta inscenata da una cinquantina di studenti e alcuni professori all'Università di Losanna (UNIL) non sta dando particolari grattacapi. La portavoce dell'istituzione, non a caso, si affretta subito a dire che la situazione, nel campus, è calma. Molto calma. Tradotto: le scene viste altrove, soprattutto negli Stati Uniti, non riguardano l'UNIL.
Interrogata dal Corriere del Ticino, Falbriard riavvolge metaforicamente il nastro e rivive, in primis, la giornata di giovedì: «Abbiamo ricevuto un messaggio nel pomeriggio, lo stesso inviato ai media, da parte di un collettivo non meglio identificato. Un collettivo senza veri rappresentanti che annunciava l'occupazione pacifica di una nostra hall». Quella dello stabilimento Géopolis, per intenderci, l'edificio universitario dedicato alle scienze politiche, alle scienze sociali e alle geoscienze ambientali. Un'occupazione che potrebbe durare fino a lunedì e che, nelle intenzioni, dovrebbe spingere l'UNIL a sospendere «immediatamente» le «attuali collaborazioni con le istituzioni israeliane», ovvero l'Ashkelon Academic College e l'Università ebraica di Gerusalemme. «Sì, ci hanno chiesto di prendere una posizione al riguardo» ammette la nostra interlocutrice. «E noi, come UNIL, risponderemo direttamente a questi manifestanti nei prossimi giorni». Al di là delle richieste, che comprendono «un cessate il fuoco immediato e permanente su tutto il territorio palestinese», una denuncia da parte dell'UNIL della «distruzione delle Università gazane e dell'uccisione di accademici e studenti gazani», il «ripristino immediato dei finanziamenti all'UNRWA» nonché «la fine della repressione del movimento di solidarietà con la Palestina», Falbriard sottolinea una volta di più come la vita, all'interno del campus, stia procedendo senza problemi. «La notte, ad esempio, è passata tranquillamente. Non sappiamo, al momento, se tutti i manifestanti siano nostri studenti. Ma come direzione, ieri, abbiamo deciso di aprire al dialogo e di intavolare una discussione. Va detto, e giova ricordarlo, che quotidianamente il campus è frequentato da 20 mila persone. I corsi al momento non sono perturbati, la ricerca prosegue, tutto insomma è nella norma».
L'atteggiamento dell'UNIL è stato lodato da più parti, in queste ore. Proprio perché, da un lato, sta garantendo alle persone di manifestare e, dall'altro, sta mostrando una tolleranza che altrove, ad esempio al vicino Politecnico federale, non c'è stata. «Non è un problema se le persone manifestano, a condizione che queste dimostrazioni siano pacifiche e che noi, come UNIL, possiamo assicurare la sicurezza del campus» ribadisce la portavoce. «È fondamentale che non ci siano state e non ci siano violenze di sorta, che gli altri studenti possano seguire i corsi e, ancora, che il funzionamento nell'insieme dell'UNIL – fra ricerca e insegnamento – non sia turbato. Le persone hanno diritto a fare le rivendicazioni che ritengono più opportune, a patto che il resto della comunità universitaria possa lavorare con calma e serenità».
A Falbriard, concludendo, chiediamo se l'UNIL non sia preoccupata di possibili derive, sia in termini di violenza sia pensando all'antisemitismo. Se, per farla breve, le scene viste negli Stati Uniti siano o meno un motivo per allarmarsi. «Ma la situazione, nelle Università americane, è completamente diversa. Innanzitutto, parliamo di istituti in gran parte privati mentre noi, beh, siamo un'Università pubblica. Non è la stessa cosa, ecco. E anche il contesto politico è differente: gli statunitensi sono in campagna elettorale, ci sono altre tensioni e aspetti differenti da considerare, tutto fuorché paragonabili a noi. La comparazione, mai come in questo caso, non è ragione». Detto in altri termini: Losanna, agli occhi della stessa UNIL, non diventerà una specie di campo di battaglia.