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La riesportazione di materiale bellico continua a dividere

La destra applaude e vorrebbe ancora maggiore flessibilità, la sinistra vuole più condizioni e il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) agita già la minaccia del referendum
©Moritz Hager/EQ Images
Ats
22.10.2024 11:55

La modifica della legge federale sul materiale bellico non fa l'unanimità. La destra applaude e vorrebbe ancora maggiore flessibilità, la sinistra vuole più condizioni e il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) agita già la minaccia del referendum.

Il progetto, proposto dalla Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale, prevede che Stati che «condividono i valori della Svizzera» e che hanno acquistato materiale bellico elvetico possano riesportarlo in un Paese terzo a determinate condizioni dopo un periodo di cinque anni dalla firma della dichiarazione di non riesportazione.

Tra l'altro, il Paese terzo non deve essere coinvolto in un conflitto armato, a meno che non si avvalga del suo diritto di autodifesa - come l'Ucraina - conformemente al diritto internazionale. Secondo il Consiglio federale, il progetto di legge rispetta il diritto di neutralità.

ll Partito liberale radicale (PLR) sostiene tale modifica, che rappresenta «un compromesso equilibrato tra le esigenze della neutralità svizzera e gli imperativi della sicurezza internazionale», ha scritto nella sua risposta alla procedura di consultazione, conclusasi oggi. A suo avviso le condizioni poste garantiscono che il materiale bellico elvetico non sarà utilizzato in modo abusivo, in particolare contro la popolazione civile o dagli Stati che violano sistematicamente i diritti umani.

Il PLR sottolinea che il progetto permette di ristabilire la fiducia dei partner europei offrendo un quadro prevedibile e sicuro per la riesportazione di materiale svizzero, dopo che il rifiuto di questa ha provocato una crescente sfiducia da parte loro. «Ciò preserverà la competitività della nostra industria, mantenendo posti di lavoro e garantendo che la Svizzera conservi la sua capacità di produrre attrezzature di alta tecnologia indispensabili alla sua difesa», secondo il PLR.

Anche il Centro sostiene pienamente «un compromesso atteso da tempo». Le esportazioni di armi a un Paese terzo restano sottoposte a condizioni rigorose, il che riduce il rischio di trovare materiale bellico svizzero in «contesti indesiderati». Ma questa modifica contribuisce a offrire una prospettiva alla base industriale essenziale alla difesa del Paese, secondo il Centro.

Permetterebbe soprattutto ai partner internazionali della Confederazione di mettere a disposizione dell'Ucraina armi fabbricate in Svizzera, senza per questo violare gli obblighi di quest'ultima in materia di neutralità, aggiunge il Centro. Secondo quest'ultimo «è una questione di decenza non limitare la libertà d'azione di partner che condividono gli stessi valori della Svizzera».

Molto simile è la posizione del PVL, che accoglie con favore un «compromesso basato sui principi del diritto internazionale. Oltre alle sue forti competenze in materia di aiuto umanitario e di mediazione per la pace, la Svizzera non dovrebbe porre ostacoli agli Stati che si impegnano per gli stessi valori e che desiderano trasferire in Ucraina il materiale bellico acquisito in Svizzera», scrivono i Verdi liberali.

L'UDC ritiene che l'allentamento della legge sul materiale bellico sia «un fattore esistenziale per la sopravvivenza dell'industria svizzera degli armamenti e pertanto accoglie con favore l'allentamento in linea di principio». Tuttavia, il primo partito del Paese respinge l'ammorbidimento delle disposizioni riguardo alla riesportazione così come è presentato per una questione di forma, sostenendo invece la necessità di una liberalizzazione generale per ridurre la burocrazia per le aziende e gli Stati interessati. La soluzione proposta rimane un «mostro burocratico» che va ben oltre il diritto della neutralità e che comporta un onere inutile per tutti i soggetti coinvolti.

Il Partito socialista ritiene che la Confederazione non debba impedire ai Paesi partner di consegnare all'Ucraina materiale bellico precedentemente acquistato in Svizzera. Secondo il PS, tuttavia, il progetto lascia troppo spazio all'interpretazione.

Chiede di trovare una soluzione che serva specificamente all'Ucraina, piuttosto che allentare inutilmente la legge sul materiale bellico: si tratta di adottare una «Lex Ucraina» mirata, e non di promuovere la Svizzera come sito di armamenti.

Da parte loro i Verdi, si oppongono al progetto in quanto equivale all'abolizione della clausola di non riesportazione, che vieta il trasferimento di materiale bellico verso Paesi che violano i diritti umani. La responsabilità della Svizzera per le armi esportate verrebbe inoltre indebolita, il che è «contrario ai valori umanitari della Svizzera». «Le caratteristiche specifiche della Svizzera le conferiscono un ruolo diverso da quello di fornitore di armi (direttamente o indirettamente)», viene sottolineato. Secondo i Verdi, invece, è normale che l'Ucraina riceva armi da altri Paesi per difendersi da questo attacco, che viola il diritto internazionale.

Se nei dibattiti in Parlamento dovesse essere trovato un consenso alla modifica, il Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE) «lancerà un referendum contro questa decisione». Come il PS, il GSsE denuncia l'assenza «di un controllo democratico e di regole chiare per l'esportazione di materiale bellico». Per il GSsE, «il progetto contiene gravi lacune che consentirebbero l'esportazione di armi all'Arabia Saudita».

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