La risposta di McDonald's, in Svizzera, a chi vuole boicottare i prodotti americani

Il boicottaggio dei prodotti americani, sin dall’intronizzazione di Donald Trump ma, in particolare, dopo l’avvio di una vera e propria guerra commerciale a suon di dazi, è un tema di stretta, strettissima attualità. Anche in Svizzera.
All’inizio dell’anno, il gerente di un caffè di Toronto, in Canada, aveva cambiato il nome del classico (e non proprio buonissimo per gli amanti dell’espresso) americano in «canadiano». In segno di protesta, manco a dirlo, contro la politica aggressiva del tycoon, fresco di ritorno alla Casa Bianca. Il sentimento anti-USA, con il passare delle settimane e dei mesi, è cresciuto. Soprattutto nel Nord Europa e in risposta all’incontro-scontro fra lo stesso Trump, il suo vice JD Vance e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale.
Al netto della telefonata distensiva della presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e della sospensione per 90 giorni dei dazi, con una tariffa del 10% in attesa di novità volendo farla breve, la Svizzera come detto non può certo dirsi immune al boicottaggio di prodotti americani e alla crescente ondata anti-USA come detto. Basti pensare ai vandalismi che hanno avuto quale protagonista il marchio Tesla, di proprietà di Elon Musk, ovvero uno dei principali alleati di Trump. L’azienda a stelle strisce per eccellenza, nel nostro Paese, è McDonald’s. Di qui la domanda, formulata dalle testate del gruppo CH Media: i clienti snobberanno il Big Mac o, peggio, lo getteranno nel cestino in segno di protesta? Non proprio, stando alla responsabile della catena nel nostro Paese, Lara Skripitsky. Originaria, ironia della sorte, di Toronto in Canada. «Gli affari nei nostri ristoranti al momento sono floridi» ha sintetizzato.
Tutto bene, dunque? Non necessariamente. Skripitsky non nasconde che il tema desta più di una preoccupazione in azienda. E che qualcosa, in Svizzera, è già successo, complice appunto la politica tariffaria aggressiva dell’America: «Ci sono stati due episodi, in effetti». Uno a Sirnach, nel canton Turgovia, dove un cliente ha alzato la voce in maniera inappropriata. L’altro a Bienne, con un graffito che invitava al boicottaggio. A detta di Skripitsky, in ogni caso, si tratta di due eccezioni. La cifra d’affari, nell’insieme, per adesso non ne ha risentito.
Alla fine di marzo, prima che la guerra commerciale entrasse nel vivo, il 57% dei francesi – secondo Politico – era pronto a boicottare i prodotti statunitensi in risposta agli attacchi, costanti, di Trump e della sua amministrazione all’Europa. C’è da dire, tuttavia, che McDonald’s storicamente ha avuto un rapporto conflittuale con l’Esagone, complice lo sciovinismo gastronomico dei francesi. Giorni fa, una filiale in costruzione a Tolosa è stata incendiata. Il gesto è stato rivendicato dal movimento Les Frites Insoumises, a sostegno della Palestina e, venendo al cibo, contro l’espansionismo di McDonald’s in Francia.
Sul web, siti come Goeuropean.org catalogano di continuo alternative europee a marchi come Coca-Cola, Nike, Airbnb e, va da sé, McDonald’s. Lara Skripitsky, però, fa affidamento sul forte, fortissimo attaccamento della clientela svizzera alla catena di fast food: «Siamo presenti nella Confederazione da circa mezzo secolo». La prima filiale di McDonald’s in Svizzera, dati alla mano, aprì a Ginevra nel 1976. Nel menu figuravano appena sei prodotti. Oggi, i punti vendita in Svizzera sono 183. Nel 93% dei casi, parliamo di ristoranti gestiti da terzi in franchising.
E qui, come emerso ad esempio per Coca-Cola, salta fuori un paradosso: colpire McDonald’s significa colpire (anche) la Svizzera. Al riguardo, Skripitsky ha spiegato che la catena americana nel nostro Paese intrattiene relazioni commerciali molto strette con i fornitori locali. Parliamo di 6.400 aziende agricole che forniscono latte, carne, grano, insalata e pomodori. Nel 2024, oltre l’85% dei volumi d’acquisto – 235 milioni di franchi – è stato effettuato in Svizzera tramite partner come Bell o Emmi. Non solo, con oltre 8.300 impiegati McDonald’s è uno dei più grandi datori di lavoro del nostro Paese.
Skripitsky non ha rivelato quali sono le previsioni di McDonald’s, per la Svizzera, nel 2025. Sappiamo, però, che la catena ha aperto 5 nuovi locali e che ha deciso di investire, fra il 2024 e il 2026, 250 milioni di franchi per espandersi. Le stime, a livello di cifra d’affari, parlano di un miliardo di franchi e oltre. La vera arma di McDonald’s per sfuggire al sentimento anti-USA e agli appelli, crescenti, a boicottare i prodotti americani, tuttavia, rimane quella dei prezzi. Un menu Happy Meal ad esempio costa 6 franchi e 90 centesimi: un prezzo rimasto invariato in questi ultimi vent’anni.