Le città svizzere sono pronte al cambiamento climatico?
È stato un luglio rovente. Nel mondo, come affermato dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres. E in Svizzera, dove la temperatura ha raggiunto una media nazionale di 15,9 gradi, 1,3 in più rispetto alla norma 1991-2020. Senza toccare gli estremi di Atene, dove le autorità hanno dovuto chiudere temporaneamente l'Acropoli e altri siti turistici, o Phoenix, in Arizona, da settimane oltre i 40 gradi, anche nella Confederazione molte persone hanno conosciuto non pochi problemi a causa del caldo. Soprattutto nelle grandi città. Luoghi che, per come sono stati costruiti, diventano facilmente isole di calore e non si raffreddano quasi per niente. Neppure la notte.
Il riscaldamento globale, oramai galoppante, peggiorerà (e di molto) la situazione. Anche nel nostro Paese. Secondo i ricercatori del Politecnico di Zurigo, ad esempio, nel 2050 sulle rive della Limmat farà caldo come, oggi, a Milano. Dieci anni più tardi, le temperature nel nucleo storico di Berna raggiungeranno i livelli di Madrid, secondo le autorità. Il consigliere di Stato ginevrino Antonio Hodgers, dal canto suo, ha avvertito che nel 2090 la città di Calvino avrà il clima del Sud Italia o della Bosnia Erzegovina. Tradotto: saranno dolori.
Come fare, dunque? Il problema, dicevamo, sono proprio le città. O, meglio, come sono state progettate in questi ultimi anni. Come riferisce il Blick, l'Europaallee di Zurigo è un esempio negativo: al posto degli alberi, a dominare sono vetro, acciaio e cemento. Anche quando si tratta di ristrutturare, fa notare il foglio zurighese, le autorità in Svizzera si concentrano ancora su concetti come l'impermeabilizzazione tralasciando il verde, l'acqua e la circolazione dell'aria.
«Ciò che viene attuato oggi è stato pianificato cinque o dieci anni fa» ha detto al riguardo Anders Stokholm, presidente dell'Unione delle città svizzere. All'epoca, il problema del calore era meno avvertito. Ma anche i progetti attuali, qualora le città volessero cambiare qualcosa rispetto ai piani iniziali, riservano brutte sorprese. Meglio, anzi peggio: bisogna ripartire da zero, con ritardi di diversi anni. Per tacere dei regolamenti edilizi e urbanistici. Nei centri storici, ha spiegato Stokholm, c'è pochissimo spazio di manovra per legge. Di più, lo spazio è limitato. Più alberi, banalmente, significa meno automobili. Con tutte le problematiche del caso in termini di ricorsi.
Detto ciò, Stokholm non ha dubbi: «A medio termine – ha spiegato – dovremo ridurre in alcuni casi le corsie di traffico o rinunciare ai parcheggi per garantire l'ombra». Più facile a dirsi che a farsi, appunto. «Quando ero sindaco di una piccola comunità in Turgovia, volevamo ridurre il limite di velocità su una strada e piantare tre alberi. I residenti della zona raccolsero firme contro gli alberi. Erano infastiditi dalle foglie che sarebbero cadute sull'asfalto in autunno». Ma anche da sindaco di Frauenfeld, ora, Stokholm incontra non poche resistenze: «Quando vogliamo piantare degli alberi, c'è sempre una parte della popolazione che si oppone: temono che le foglie finiscano sul marciapiede o nel loro giardino, o che gli alberi blocchino la vista».
Qualcosa, eppure, si muove. Si sta muovendo. Christine Bächtiger, vicedirettrice della strategia climatica della città di Zurigo, ha esposto al Blick un esempio positivo: l'inverdimento della facciata del Triemli, ospedale alla periferia cittadina. A causa dei requisiti di protezione antincendio, è vero, non è stato possibile piantare vegetazione su diversi piani. La città, d'altro canto, ha commissionato l'installazione di fioriere più piccole su ogni piano: in tutto sono state messe in vaso 4.600 piante.
Mächtiger ha citato anche la piantumazione di 48 alberi nella Heinrichstrasse al posto di 14 posteggi. Detto delle leggi e delle limitazioni, «sono possibili molte soluzioni per modificare edifici e strade esistenti» per dirla con la vicedirettrice.
In Ticino, fra gli ultimi esempi virtuosi in questo senso, c'è Locarno. La città intende puntare su boschi verticali e punti d'acqua per ridurre le citate isole di calore. Il Municipio, come scriveva Mauro Giacometti, ha proposto una serie di incentivi a favore dei privati e progetti pilota finalizzati proprio a mitigare il fenomeno accentuato dal cambiamento climatico. È stato pure stanziato un credito di 460 mila franchi sull'arco di tre anni.