«L’idea del Sabba? È nata in Svizzera»
Fra due giorni torna la Befana, strega buona per antonomasia del mondo consumista. Ma per lunghi secoli le donne accusate di stregoneria erano considerate la quintessenza del male. Un fenomeno imbarazzante nella storia della cultura occidentale, su cui gravano molti luoghi comuni. Parla l’esperta Marina Montesano.
Marina Montesano, il fenomeno della stregoneria va dalla fine del Medioevo al Settecento. Il Rinascimento è considerato un periodo molto più aperto e luminoso per questo capitolo della storia. Ma non è la sua tesi...
«Non è la mia tesi in rapporto alla caccia alle streghe. A livello di metodo penso che sia importante sottolineare questo. Così come da tempo c’è stata una rivalutazione del Medioevo – quasi nessuno afferma più che si è trattato di secoli bui – allo stesso modo per il Rinascimento bisogna pensare che ci sono fenomeni contrastanti».
Quali?
«Tutti ammiriamo lo splendore delle arti, il mecenatismo, i risultati che si ottengono sotto questo profilo. Ma dobbiamo renderci conto che ci sono state anche delle correnti che all’epoca erano sentite come di riforma ma che hanno avuto come esiti, fra gli altri, anche il crearsi di una società maggiormente persecutoria. Queste persecuzioni sono andate a toccare le questioni ereticali, un aspetto implementato dalla riforma protestante e da quella controriforma cattolica, dalle guerre di religione. Lo stesso per la caccia alle streghe, un fenomeno che era cominciato in precedenza finisce per acuirsi in questa fase. Insomma, l’inizio della fase peggiore è stato nel Rinascimento, tra il 1550 al 1650 circa».
Chi ha perseguitato di più le cosiddette streghe: i cattolici, i protestanti o le autorità laiche?
«A volte è stata una gara tra cattolici e protestanti perché nel mondo germanico, nel quale il Sacro romano impero è stato il luogo nel quale si è registrato il numero più alto di condanne capitali tra ‘500 e ‘600, c’è stato un concorso fra protestanti e cattolici, e spesso un’emulazione. Certamente, nel pieno della caccia alle streghe le autorità laiche hanno perseguito anche più di quelle ecclesiastiche. Se i processi possono essere numerosi in un campo o nell’altro, gli esiti peggiori si sono avuti nei tribunali laici. Aggiungo che oggi si tende a pensare che minore era il controllo di un’autorità centrale forte, maggiore era il numero di condanne».
Che cosa vuol dire?
«Esiste una spinta dal basso, una pressione popolare per dar seguito alle denunce e quindi alle cacce alle streghe. Ebbene, lì dove delle autorità centrali forti potevano intervenire e moderare questi processi, ad esempio controllare che i tribunali locali svolgessero i procedimenti penali in modo adeguato alle leggi, c’è un numero minore di condanne. Dove invece il potere politico è frazionato, ad esempio in Germania, c’è un controllo minore sul fenomeno».
Anche in Italia, allora?
«Sì, ma in Italia ogni Stato ha la sua inquisizione che modera gli eccessi. Probabilmente non per bontà, ma perché interessava di più il fenomeno ereticale che non quello magico-stregonico. È difficile che questi casi di magia o stregoneria si concludano con delle condanne capitali, anche se ce ne sono state».
E la Svizzera?
«La Svizzera è uno dei luoghi che hanno sperimentato più precocemente le cacce alle streghe, soprattutto nella zona attorno a Losanna e l’arco alpino. Sono luoghi di prima elaborazione di alcuni concetti legati alla stregoneria, come ad esempio il Sabba (cioè il convegno delle streghe in presenza del diavolo durante il quale avvenivano pratiche magiche, orge e riti blasfemi, ndr). Sono anche regioni che hanno visto cominciare subito i procedimenti, già nel Quattrocento, e in modo numeroso. L’Italia e la Svizzera sono alcuni dei luoghi in cui la caccia alle streghe ha inizio per poi moderarsi nell’epoca successiva».
Quali sono i principali pregiudizi sulla stregoneria?
«Quello che ancora persiste è che si tratti di un fenomeno medievale. Poi l’idea che sia stata solo o principalmente la Chiesa cattolica a perseguire e condannare le streghe. O che la Spagna sia stata una regione di grandi persecuzioni anti stregoniche. Infine, la questione del genere. È vero che la maggior parte delle condanne, circa il 70% - 75% delle condanne capitali delle quali abbiamo contezza, sono state comminate a carico di donne. Ma leggere il fenomeno come una questione di misoginia ecclesiastica è molto riduttivo».
Spesso le femministe di oggi si equiparano alle streghe. Esistono punti di contatto tra le rivendicazioni di genere e il fenomeno storico della stregoneria?
«Direi di no. Fa parte di quel luogo comune di cui parlavamo prima. C’è l’idea che la caccia abbia colpito una femminilità più libera, e allora l’identificazione con la strega va in questa direzione. Però non c’è nulla nella documentazione che ci faccia immaginare qualcosa di simile. Bisogna dire che spesso nelle comunità di villaggio c’erano donne che accusavano altre donne, o anche uomini. Nel caso di Loudun, in Francia, una comunità di monache accusano un uomo, Urbain Grandier, in un contesto politico molto particolare. Ma c’è una varietà di casistica che si spiega male con delle letture di tipo monocausale. Le ragioni della caccia alle streghe sono infinite, a seconda del contesto».
E fra le più diffuse ci sono quelle climatologiche (la cosiddetta piccola era glaciale), e sanitarie (le ondate di pestilenza) ...
«È vero che i processi per magia e stregoneria si incrementano dopo la metà del Trecento e quindi dopo la grande peste nera. È vero che la cosiddetta piccola era glaciale tra la fine del ‘500 e i primi del ‘600 costituisce l’epicentro del fenomeno dal punto di vista cronologico. Ma stabilire dei rapporti di causa-effetto resta difficile. È vero che in comunità che si sentono assediate dalla disgrazia, dall’aumento della mortalità infantile, dalla morte degli animali, dal mancato raccolto dai quali si dipende in un’economia a rischio, si può arrivare più facilmente ad accusare il vicino di casa, o la donna che già tradizionalmente esercitava piccole pratiche magiche. Alla quale magari ti sei rivolto perché tuo figlio non stava bene, e poi lui è morto... La magia ha sempre una doppia valenza, bianca e nera, non sono mai separate l’una dall’altra. Chi è in grado di curare è in grado anche di nuocere. Anche questo ha avuto un peso, come tutta la questione socioeconomica».
Le cause sono tante, ma il principio sembra lo stesso: la ricerca di un capro espiatorio...
«Certo. La ricerca del capro espiatorio è importante, ma non bisogna poi dimenticare alcune cause culturali. È molto limitativo restringere la portata del fenomeno a un ambito puramente superstizioso».
E quindi?
«Quindi non va dimenticato che molti di quelli che scrivevano i trattati sulla stregoneria e che credevano alla sua realtà sono i grandi intellettuali dell’epoca. Jean Bodin, che noi conosciamo come grande teorico dello stato assoluto, uno dei principali intellettuali del ‘500, scrive anche una Demonomanie des sorcières nella quale è uno fra coloro che attaccano con maggiore foga le streghe. C’è, insomma, un dato culturale che entra anche nel dibattito scientifico. Per esempio, se sia possibile immaginare le illusioni diaboliche, certi effetti che possono avere sulle menti deboli. Tutti questi elementi puramente culturali entrano nel fenomeno. Su questo anche Voltaire sbagliava quando scriveva sull’ignoranza delle streghe che incontrava l’ignoranza dei giudici. Non è solo questo, c’è molto di più. È stato davvero un portato della cultura in generale: alta come bassa».
Che volti ha la stregoneria oggi?
«La stregoneria è diversa dalla caccia alle streghe. Se la intendiamo come capacità di nuocere attraverso pratiche rituali di tipo magico o attraverso dei poteri psichici, possiamo dire che la stregoneria c’è sempre stata o è quasi un fenomeno universale di qualsiasi società. Così non stupisce che si registrino casi di stregoneria in Africa, con una recrudescenza di credenza sui poteri stregonici e persecuzioni con linciaggi o esilî, di cui si occupano molto gli antropologi».
E come la spiegano?
«Non certo come una risorgenza dal lontano passato. Piuttosto come un effetto legato alla decolonizzazione e alle difficoltà della modernità».
IL PERSONAGGIO
Marina Montesano (nella foto sopra) insegna Storia medievale presso l’Università di Messina. Dottore di ricerca all’Università di Firenze. È stata borsista del Centre d’études supérieurs de civilisation médiévale di Poitiers, della Brown University di Providence, RI, dell’Accademia della Crusca, di Villa I Tatti (Fondazione Berenson – Harvard University). E ha conseguito il premio Lila Wallace Reader’s Digest Publications Subsidy erogato dalla Wallace Foundation. Fra le sue pubblicazioni recenti: Caccia alle streghe, Roma, Salerno, 2012; Marco Polo, Roma, Salerno, 2014; «Arte gradita agli déi immortali». La magia fra mondo antico e Rinascimento, (con Franco Cardini), Torino, Yume, 2015; Classical Culture and Witchcraft in Medieval and Renaissance Italy, London, Palgrave/MacMillan, 2018.