Lo statuto S potrà essere concesso solo a chi viene dalle zone di guerra
Giro di vite sullo statuto di protezione S per i rifugiati ucraini. In futuro, la concessione di questo statuto speciale potrà essere limitata a coloro che provengono dalle zone direttamente coinvolte nella guerra. Per contro, chi viene da regioni considerate sicure dovrà presentare una normale domanda d’asilo. Il motivo è che in alcune parti del Paese la situazione sta tornando alla normalità. Inoltre, lo statuto S dovrebbe essere revocato o non rinnovato a determinate condizioni; ad esempio, se una persona lascia il Paese per un determinato periodo di tempo.
La stretta è stata decisa dal Consiglio nazionale che ha approvato una mozione della consigliera agli Stati Esther Friedli (UDC/SG) e una del collega Benedikt Würth (Centro/SG). Entrambi gli atti parlamentari erano stati approvati sei mesi or sono dalla Camera dei cantoni. A nome della commissione, Piero Marchesi (UDC) ha denunciato il «turismo» generato da coloro che beneficiano di tale statuto: alcuni cittadini ucraini rinunciano infatti alla protezione per rientrare in patria godendo dell’assistenza offerta dalla Confederazione, per poi rientrare in Svizzera e richiedere nuovamente lo statuto S. Ciò non «è solo inaccettabile ma genera oneri finanziari significativi per il nostro Paese», ha detto, sottolineando che le disposizioni attuali sono applicate in modo inefficace. La mozione Würth chiede di revocare o non rinnovare tale statuto se la persona interessata lascia la Svizzera per un certo periodo di tempo, se ha beneficiato dell’aiuto al rimpatrio o se ha ottenuto la protezione in modo abusivo.
Marchesi ha poi sottolineato come la mozione non miri a penalizzare i rifugiati ma «a promuovere un sistema equo e trasparente riducendo al minimo i rischi di abuso». Le misure proposte, ha proseguito il democentrista, «non sono essenziali solo per il contenimento dei costi ma per favorire un’integrazione efficace per i rifugiati che hanno deciso di stabilirsi in Svizzera». Limitare partenze e ritorni è infatti «cruciale» per garantire una integrazione coerente nel mercato del lavoro e anche nel sistema scolastico.
Una minoranza, sostenuta dal consigliere federale Beat Jans, ha invano chiesto la bocciatura della mozione. A loro avviso, il quadro giuridico attuale permette già di soddisfare le richieste della mozione. Jans ha poi ricordato che gli ucraini che hanno già ottenuto uno statuto di protezione in un altro Paese europeo non potranno chiederlo anche in Svizzera. La mozione Friedli, come detto, vuole limitare lo statuto S agli ucraini che vivono nelle regioni occupate dalla Russia o colpite dai combattimenti. «A Leopoli la vita si svolge in modo praticamente normale», ha sostenuto Peter Schilliger (PLR/LU). A nulla sono valse le obiezioni di Jans, che ha ricordato come gli attacchi aerei russi possono prendere di mira aree considerate sicure.
La mozione Friedli è invece stata bocciata nei punti che chiedevano di revocare lo statuto S a coloro il cui ultimo luogo di residenza non si trovava in tali regioni (Donbass, per esempio), nonché ai cittadini non ucraini, ad eccezione dei rifugiati riconosciuti dall’Ucraina. Il relatore Beat Flach (PVL/AG) ha fatto notare come la richiesta implicherebbe il riesame di oltre 65 mila dossier. Ciò sarebbe in contraddizione con la definizione stessa di statuto S che si vuole rapido e non burocratico, ha sostenuto convincendo il plenum.