Il profilo

Martin Pfister, il «politico del consenso»

Dalle idee per migliorare il DDPS ai rapporti con la NATO e l'Unione Europea, passando per i piani di risparmio della Confederazione e le preoccupazioni degli svizzeri: ecco che cosa disse il neoconsigliere federale al Corriere del Ticino
©ANTHONY ANEX
Red. Online
12.03.2025 09:30

Ha sfiorato l’elezione già al primo turno, mentre al secondo scrutinio è stato eletto con 134 voti. Martin Pfister, oramai ex consigliere di Stato di Zugo, è un nuovo consigliere federale. Sostituirà Viola Amherd. «Non mi sento più un outsider» aveva detto al Corriere del Ticino lo scorso 27 febbraio. Aveva ragione.

Intervistato da Luca Faranda, allora Pfister aveva spiegato: «Ho ricevuto un forte sostegno da tutte le parti del Paese e da tutti i partiti. Posso portare un’esperienza personale che mi rende idoneo a ricoprire la carica di consigliere federale». E ancora: «Da parte mia so che posso portare la mia esperienza di “politico del consenso”. So quale compito mi aspetta».

Quasi certamente, Pfister assumerà la guida del Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) lasciato vacante proprio da Amherd. «Ho già delle idee concrete» aveva spiegato al riguardo il diretto interessato. «Il contatto con i vertici del dipartimento e con i dirigenti sarà stretto sin dall’inizio». Preso atto delle dimissioni di Thomas Süssli e Christian Dussey, Pfister aveva ribadito di essere consapevole che, davanti a sé, il DDPS avesse «compiti importanti e complessi». Di nuovo: «Occorre risolvere problemi strutturali e di personale, ridefinire le priorità e utilizzare le risorse in modo economico». Nella conferenza stampa di presentazione, Pfister aveva detto che si sarebbe preso il tempo per studiare i problemi del dipartimento. Quali le conclusioni? «Il Parlamento ha stabilito che le spese militari raggiungeranno l’1% del PIL entro il 2032. Basandosi su questo budget, l’esercito deve essere reso pronto a difendere in tempi molto brevi. Ci sono certamente alcuni aspetti che devono essere modificati dei progetti in corso. L’importante è non sprecare denaro. Le forze armate hanno bisogno di risorse per garantire la loro prontezza di difesa: c’è una grande necessità di azione e allo stesso tempo risorse limitate. Dobbiamo essere efficienti, definendo delle priorità. Non si può fare tutto. O meglio, non è possibile fare tutto quello che si vorrebbe fare, ma dobbiamo essere pronti a difendere in tempi rapidi».

Ci sono vari livelli di interoperabilità con la NATO. L’esercito coopera con l’Alleanza sia per quanto riguarda l’istruzione, sia per quanto riguarda il materiale bellico. Ciò significa che i sistemi possono essere dispiegati insieme in caso di guerra o di necessità di difesa. Per la Svizzera si tratta di una buona cosa

Rispetto alla situazione geopolitica attuale, e pensando alla stretta collaborazione fra Svizzera e NATO, Pfister si era soffermato altresì sul rischio che questa interoperabilità mettesse in pericolo la capacità di difesa e la sovranità della Confederazione: «Ci sono vari livelli di interoperabilità con la NATO. L’esercito coopera con l’Alleanza sia per quanto riguarda l’istruzione, sia per quanto riguarda il materiale bellico. Ciò significa che i sistemi possono essere dispiegati insieme in caso di guerra o di necessità di difesa. Per la Svizzera si tratta di una buona cosa, perché nelle condizioni attuali non saremmo in grado di difenderci da soli se dovesse scoppiare un conflitto in Europa. In realtà tutto questo rafforza la capacità operativa dell’esercito e rafforza la sovranità della Confederazione. Quest’ultima non è di sicuro messa a repentaglio: non siamo membri della NATO, mai lo saremo, ma restiamo liberi di decidere fino a che punto spingerci in questa cooperazione».

Al Corriere, Pfister aveva dedicato non pochi ragionamenti pure sui piani di risparmio della Confederazione: «In linea di principio, penso che sia giusto proporre misure lineari. Così come è giusto che i Cantoni possano esprimersi in questa fase. Personalmente, trovo problematici alcuni aspetti: in particolare le misure che toccano decisioni prese alle urne nell’ambito di consultazioni popolari. Un esempio è il controprogetto all’iniziativa del PS sulla riduzione dei premi votata lo scorso settembre. Non è possibile annullare un referendum tramite un pacchetto di contenimento dei costi. È un problema».

Proprio i premi di cassa malattia, così come l’ambiente e la previdenza, sono tra le preoccupazioni maggiori degli svizzeri. Ma in quale settore è necessario un maggiore aiuto da parte dello Stato? Così aveva risposto Pfister: «La questione non è stabilire quale ambito ha più bisogno di un intervento statale. Bensì di utilizzare correttamente le risorse. Nel settore della previdenza per la vecchiaia, con l’approvazione della 13. AVS da parte del popolo, il Governo dovrà dare un contributo importante. Per questo ritengo sbagliato che il Governo voglia ridurre il contributo della Confederazione (dal 20,2 al 19,5%, ndr) alle spese dell’AVS. Bisogna rispettare la volontà popolare, anche per quanto riguarda l’aumento dell’età pensionabile. Tuttavia, qui c’è ancora un gran potenziale: si potrebbe permettere una maggior flessibilità. Chi vuole deve poter lavorare più a lungo».

Negli ultimi nove anni mi sono occupato di politica sanitaria nel Cantone di Zugo. Per me è importante cercare attivamente un equilibrio sociale, tenendo conto anche delle persone che non se la passano tanto bene

A chi, come il PS, gli imputava di essere orientato troppo a destra, Pfister aveva risposto: «Negli ultimi nove anni mi sono occupato di politica sanitaria nel Cantone di Zugo. Per me è importante cercare attivamente un equilibrio sociale, tenendo conto anche delle persone che non se la passano tanto bene. Ritengo inoltre importante prestare sempre attenzione alle posizioni delle minoranze. Devono essere prese sul serio. È chiaro però che rappresento una visione liberale della società, dello Stato e dell’economia. Ciò significa che lo Stato non può e non deve offrire soluzioni a ogni problema. Ma deve creare condizioni quadro in cui le persone e le imprese possano lavorare e vivere il più liberamente possibile, in condizioni di parità ed equità».

E le relazioni con l’UE? «Se dovessimo votare ora, senza discutere e senza sapere nei dettagli quanto negoziato, la capacità di formare una maggioranza oggi sarebbe certamente minacciata. Non sappiamo ancora esattamente quali sono i dettagli degli accordi, né quali soluzioni di politica interna emergeranno. Penso in ogni caso che dobbiamo prendere sul serio le preoccupazioni dei cittadini, in particolare sulla tutela dei salari, sulle questioni istituzionali, sulla risoluzione delle controversie e sull’immigrazione. Su tutti questi temi, il Consiglio federale dovrà trovare soluzioni valide, perché il bello della Svizzera è che alla fine è il popolo ad avere l’ultima parola».