«Non c'è alcun motivo per dar seguito alla sentenza della CEDU»
Non c'è alcun motivo per dar seguito alla recente sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo (CEDU) contro la Svizzera per violazione dei diritti umani in ambito ambientale.
È quanto ritiene il Consiglio degli Stati, che - su richiesta della sua Commissione degli affari giuridici (CAG-S) - ha adottato oggi (31 voti contro 11 e 2 astenuti) una dichiarazione non vincolante in tal senso che invita il Consiglio federale ad attivarsi presso il Consiglio d'Europa per far conoscere la posizione della Confederazione. Il Consiglio nazionale deciderà su un testo analogo tra una settimana.
Nella dichiarazione, intitolata «Una protezione efficace dei diritti fondamentali da parte dei tribunali internazionali piuttosto che l'attivismo giudiziario», si afferma segnatamente che la sentenza a favore delle Anziane per il clima «oltrepassa i limiti dell'interpretazione dinamica» e che la Corte, così facendo, «travalica i limiti dello sviluppo del diritto concessi a un tribunale internazionale».
Nel testo della dichiarazione si legge anche che Berna «non vede alcuna ragione per dare ulteriore seguito alla sentenza» dato che «gli sforzi precedentemente e attualmente profusi dalla Svizzera in materia di politica climatica soddisfano i requisiti in materia di diritti umani formulati nella sentenza».
Oggi, in aula, la sentenza è stata criticata in particolare dal presidente della CAG-S, Daniel Jositsch (PS/ZH). Pur non mettendo in dubbio l'importanza della CEDU, Jositsch - che è professore di diritto all'università di Zurigo - ha sottolineato che «siamo preoccupati del fatto che la corte sia andata oltre le sue competenze, ossia la protezione dei diritti individuali dallo Stato, creando di fatto nuovi diritti umani in ambito ambientale, ciò che non le compete».
Per questo la Svizzera, alla luce di quanto fatto finora in ambito ambientale, come la recente Legge sul CO2, deve far capire a Strasburgo che tale sentenza non avrà conseguenze per il nostro Paese, ossia non crea nuovi obblighi. «Quanto già realizzato o in corso di realizzazione a livello ambientale rispetta già la sentenza della CEDU», secondo il «senatore» Andrea Caroni (PLR/AR).
Il Governo, stando alla maggioranza del plenum, dovrà spiegare la nostra posizione in seno al Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa, responsabile dell'applicazione delle sentenze della CEDU, anche perché la decisione dei giudici impegna tutti i Paesi membri di questa istanza.
Con la nostra dichiarazione, ha concluso Jositsch «vogliamo segnalare alla CEDU che quanto fatto non va bene. Con ciò non vogliamo dire che della sentenza non ci importa nulla, ma far notare che non è compito dei giudici sorvegliare obiettivi politici, come quelli climatici votati democraticamente». Jositsch ha anche criticato il fatto che la CEDU abbia accolto il ricorso di un'associazione, e non di una singola persona come sempre fatto finora. «Anche questo aspetto ci è parso problematico», ha asserito il presidente della CAG-S.
Durante il lungo dibattito, una minoranza - composta da Carlo Sommaruga (PS/GE), Mathilde Crevoisier Crelier (PS/JU) e Céline Vara (Verdi/NE) - ha chiesto invano di respingere la dichiarazione.
Secondo Sommaruga, tale dichiarazione non rispetta la separazione dei poteri. Il «senatore» socialista ha, tra l'altro, portato l'esempio della sentenza del 27 novembre 1990, con la quale il Tribunale federale chiedeva al canton Appenzello interno di introdurre il diritto di voto alle donne. Quest'ultimo cantone, ha spiegato Sommaruga, non ha contestato la decisione del TF. E, in seguito, ha aperto la Landsgemeinde alle donne.
Secondo Vara, tale dichiarazione è un segnale disastroso per la protezione del clima e per le generazioni future. La «senatrice» ecologista ha espresso il suo «sgomento» per quella che ha definito una «vergogna». Rifiutandosi di rispettare una sentenza della CEDU «ci mettiamo sullo stesso piano della Russia».
Dal canto suo, Crevoisier Crelier ha aggiunto come sia «strano affermare che la Svizzera non darà seguito al verdetto della Corte quando il Consiglio federale, che ha il compito di spiegare la posizione della Confederazione in seno al Consiglio d'Europa, non si è ancora pronunciato sulla sentenza».
Le reazioni alla dichiarazione approvata oggi dal Consiglio degli Stati non si sono fatte attendere. In una nota, le Anziane per il clima «hanno contestato con forza» l'interferenza politica del Parlamento in una decisione giudiziaria. Hanno invitato i parlamentari e il Consiglio nazionale in particolare, che si esprimerà su un testo simile la prossima settimana, a rispettare la legge.
«Il Consiglio degli Stati sta giocando con il fuoco» chiedendo al Consiglio federale di non rispettare le sentenze della CEDU solo quando gli conviene, ha indicato dal canto suo Amnesty International Svizzera in una nota. Questo è un pessimo segnale per gli altri Stati europei.
Il 9 aprile scorso, La CEDU ha condannato la Svizzera per violazione dei diritti umani in ambito ambientale dando così ragione all'associazione Anziane per il clima che aveva presentato un ricorso denunciando quella che considera l'inazione della Confederazione di fronte ai cambiamenti climatici. La sentenza, considerata storica, è vincolante e non appellabile. Può influenzare la legge in 46 Paesi europei.
Nel maggio 2020, il Tribunale federale aveva invece respinto il ricorso presentato dall'associazione. In particolare, aveva stabilito che le donne anziane non sono più colpite dalle conseguenze del cambiamento climatico rispetto ad altri gruppi di popolazione.